La legge di stabilità 2016 licenziata dal governo Renzi di certo non è a favore dei ceti più bisognosi. L’abolizione della TASI e dell’IMU sulla prima casa, il canone RAI in bolletta, le agevolazioni ulteriori alle imprese non sono misure che vanno a sanare squilibri esistenti tra i meno abbienti e benestanti. I più entusiasti del provvedimento non a caso sono i grandi personaggi dell’industria come Marchionne (ex FIAT) e Squinzi (Confindustria), sostenitori a prescindere del già sindaco di Firenze. Ciò detto esistono anche giudizi diversi e articolati, perché attraverso il DEF si disegna il possibile sviluppo e la futura crescita del Paese, e tutti sono interessati ad intervenire.
Per chiarire e chiarirci le idee bisogna considerare i pareri contrari dei tanti oppositori, al punto che Renzi è stato costretto a fare marcia indietro sulle case di lusso. Nel merito del provvedimento molti parlamentari e non, anche all’interno del PD, sbuffano per le inique misure della legge di Renzi-Padoan, che stravolgono il significato stesso di partito di sinistra. Altri non nutrendo fiducia nella conclusione dell’iter parlamentare, dimostrano evidente delusione. Resta solo il corpaccione della maggioranza PD con gli ancora superstiti amici di Alfano a difendere una manovra poco convincente. Una serie quindi di giudizi negativi: sindacati, minoranza PD, alcuni NCD, M5S, opinionisti di diversa estrazione politica stanno evidenziando freddezza e distanza.
I favorevoli cui si è fatto riferimento all’inizio e che hanno occupato i titoloni delle prime pagine dei loro giornali sono quelli che hanno stretto un forte accordo con Matteo Renzi, da quando siede a Palazzo Chigi. Hanno immediatamente annunciato il loro parere favorevole al disegno di legge senza sapere neppure quali fossero i dettagli. Pazienza, loro sono fatti così, con Renzi vanno a fiducia, si pronunciano a scatola chiusa. Un giorno sì e l’altro pure fanno sentire la loro indispensabile presenza e si sperticano in sostegni gratuiti al governo del brillante fiorentino, in nome della comune battaglia di governo e industriali, per il rinnovamento, per la rottamazione, per la lotta alla casta sindacale che blocca lo sviluppo e la produttività delle aziende. Sciocchezze planetarie! Sono solo alla ricerca di potere per saziare la loro perniciosa bulimia.
Memori ovviamente dei regali ricevuti: abolizione dell’articolo 18, Jobs act, 80 €, aumento a 3000 € del contante e altro ancora, oggi pagano a Renzi una parte della cambiale sottoscritta, trascurando che non bastano i pannicelli caldi per far cambiare registro all’economia del Paese. C’è bisogno di sviluppo e crescita veri per ridare benessere agli italiani. Il governo di Renzi non ci pensa, crede che sia sufficiente avere dalla propria parte i gruppi industriali e finanziari più importanti, con i loro giornali che fanno da cassa di risonanza, per restare al potere. Il consenso popolare per lui è residuale, chiarendo in tal modo che il PD non sarà mai di sinistra. Marchionne e Squinzi hanno capito e assecondano. Il loro pensiero va sempre alle protezioni di Stato delle epoche passate, per sopravvivere. Non hanno ancora capito (soprattutto Squinzi) che devono navigare in mare aperto confrontandosi con la concorrenza internazionale. Vogliono stare nella globalizzazione con il collo girato all’indietro, guardando ai bei tempi del protezionismo. Bisogna destarsi dal perenne letargo, cercando di assumersi le proprie responsabilità, senza addossare ogni colpa sempre e comunque ai sindacati dei lavoratori. Non è così.
C’è un gruppo di potere tra gli industriali che non ama affatto il rischio e si aggrappa alla scialuppa di salvataggio chiamata Stato. Non si spiegherebbe altrimenti la corsa ad occupare poltrone dorate di manager di aziende pubbliche come ENI e Poste Italiane. Questo è il dato che meglio dimostra il convinto coniugio tra il partito renziano e gli ambienti del potere industriale e finanziario in Italia, molto caro al segretario del PD.