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Rischio professionale, l’errore in medicina

Quarto articolo di una serie di approfondimenti sul rischio professionale (il secondo è possibile leggerlo qui e il terzo qui)

Ai medici oggi non si chiede solo di sapere e saper fare, ma anche di saper organizzare e di saper informare.

L’errore nasce da una serie di carenze ed omissioni: la fretta, l’arroganza, la superficialità, il disinteresse, la presunzione, la disinformazione, la disorganizzazione, l’imprevisto…

L’errore è ineliminabile in qualunque attività professionale ed in qualunque specialità medica. Si può ottimizzare la qualità della struttura, delle conoscenze, degli atti medici, ma non si possono eliminare gli “eventi avversi” – ed il conseguente avvio di un processo volto a chiarire se tale evento sia stato frutto di casualità o di errore. Se oggi lo 0,31% dei ricoveri (=30.412/9.841.832 x 100, nel 2013)  è associato ad eventi avversi, quale sarà la percentuale di eventi avversi tra 10 anni, quando la popolazione sarà più vecchia, più obesa,  più diabetica, più aterosclerotica, più’ neoplastica? Quando il contenzioso medico-paziente sarà ancora più elevato e quando le aspettative economiche, legate ad una sentenza favorevole alla parte lesa, saranno ancora maggiori?

L’errore non può essere evitato: perché i medici non sono tutti dei premi Nobel per la Medicina, perché l’organizzazione ospedaliera avrà sempre delle carenze; perché un lavoro di gruppo è —spesso — lavoro con poca solidarietà.

Va migliorata la qualità: con il monitoraggio (anonimo) degli errori; con l’ECM, con un miglior rapporto tra medico e paziente, con le linee guida.

Ma non viviamo nel migliore dei mondi possibili. Ed allora? Cosa fare?

È necessaria, innanzitutto, un’attenta analisi dei fenomeni in gioco.

(4/continua)


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