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Tutte le sintonie (non solo energetiche) tra Italia ed Egitto

Italia ed Egitto intensificano i loro rapporti. I due Paesi vivono una nuova stagione di relazioni geopolitiche, economiche ed energetiche, rese più solide dalla recente scoperta di Eni di un maxi giacimento sottomarino di gas nel campo esplorativo Zohr, al largo delle coste del Cairo.

L’INCONTRO AL SISI-DESCALZI

Ieri il presidente Abdel Fattah Al-Sisi e l’amministratore delegato del Cane a sei zampe, Claudio Descalzi, si sono incontrati nella capitale egiziana per discutere delle attività del colosso degli idrocarburi.
Durante il colloquio, spiega una nota del gruppo petrolifero, il ceo ha presentato il piano di sviluppo programmato per il deposito appena scoperto, che rientra in una nuova strategia del gruppo “volta a rifocalizzare le proprie attività esplorative su attività a elevato valore near field, ossia che consentano un rapido sviluppo della scoperta attraverso le infrastrutture già esistenti e sinergiche”. Ecco perché le due parti, confermando l’impegno congiunto per accelerare la messa in produzione, hanno anche discusso della possibilità di costituire un hub del gas nel Mar Mediterraneo orientale con l’obiettivo di mettere a fattore comune le infrastrutture di trasporto e di export egiziane con gli altri rinvenimenti energetici dell’area.
Tra Eni e Il Cairo c’è un’intesa di lungo corso. Il Cane a sei zampe è presente nel Paese dal 1954, dove opera attraverso l’International egyptian oil company Production Bv (in breve Ieoc), ed è stato tra i primi ad esplorarne e sfruttarne le risorse di gas, fin dalla scoperta del campo di Abu Maadi nel 1967. Tutto ciò, aggiunge il comunicato, ha reso Eni il principale produttore di idrocarburi nel Paese con una produzione equity di circa 190 mila barili di olio equivalente al giorno.

L’INTESA CON RENZI

Tra Italia ed Egitto si rafforzano anche i legami politici. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, sin dal loro insediamento, hanno puntato strategicamente sul rapporto col Cairo per rafforzare la presenza e il ruolo italiano nel Mediterraneo. Sono stati diversi i colloqui nei mesi passati. Uno dei più rilevanti, secondo molti analisti, è avvenuto a marzo scorso, quando il premier, unico presente tra quelli dell’Unione europea, ha preso parte al Forum economico di Sharm el Sheikh.
Si è trattato allora del terzo incontro con il presidente egiziano dopo il viaggio-lampo al Cairo ad agosto scorso e la visita di Al-Sisi a Roma a novembre.
Nell’occasione, ha scritto Formiche.net, Renzi è volato in Egitto con due obiettivi. Da un lato sponsorizzare il sistema Italia e le sue imprese a poche settimane da una missione imprenditoriale guidata dal viceministro del Mise Carlo Calenda, confermando all’Egitto di voler sostenere la sua ripresa e gli investimenti. Dall’altro ha voluto affrontare l’emergenza Libia che riguarda da vicino l’Italia e nella quale Roma, con una tessitura diplomatica che va avanti da tempo, punta a un ruolo di leadership nella gestione della crisi.

I COLLOQUI GEOPOLITICI

Il destino dell’ex regno di Muammar Gheddafi è a un bivio. L’inviato speciale dell’Onu nel Paese, lo spagnolo Bernardino León, è a un passo dal portare a casa un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale, dal quale solo la parte tripolina pare al momento prendere le distanze. In questo processo di pace, Il Cairo è un interlocutore fondamentale (come dimostra anche il criticato viaggio di Renzi a Mosca che aveva anche lo scopo di spingere Vladimir Putin, finanziatore dell’Egitto che acquisterà le due navi da guerra francesi Mistral non vendute al Cremlino, a esercitare la sua influenza su Al-Sisi). In Libia, le due macro-fazioni che si contendono il Paese sono sostenute da un lato da Turchia e Qatar e dall’altro proprio da Egitto ed Emirati arabi. I primi sostengono il vecchio parlamento, il Gnc; i secondi Tobruk, la nuova assise riconosciuta dall’Occidente. L’Italia si candida a guidare la seconda fase, quella della stabilizzazione e ha provato finora a tenere un atteggiamento equidistante.

UN RAPPORTO STRETTO

Questa posizione, secondo molti osservatori, sta però subendo un lieve spostamento, anche in virtù dei rapporti sempre più intensi sia con Abu Dhabi, sia col Cairo (con cui c’è sintonia anche nella volontà di contrastare l’Isis, ancor più dopo l’attentato di luglio al consolato italiano al Cairo). Per Cinzia Bianco, analista esperta di Medio Oriente e Mediterraneo per la Nato Defense College Foundation, “Renzi ha deciso di supportare il team Emirati-Egitto. Lo fa politicamente in Libia e altrove e questo gli consente di inserirsi anche nella componente economica dell’alleanza, in particolare ad esempio negli investimenti che gli Emirati hanno fatto o faranno in Egitto e anche direttamente nelle grazie dei grandi gruppi emiratini” che portano liquidità in Italia, come nel caso dell’accordo tra Etihad e Alitalia.

IL PESO DELL’ECONOMIA

Rapporti dunque non solo politici, ma anche economici, che non si fondano solo su Eni. Secondo l’esperta, il rinnovato rapporto tra Roma e Il Cairo dipende anche dal fatto che “attorno ad Al-Sisi, dal punto di vista del network di contatti, gravitano i grossi businessmen e tycoon legati al Consiglio supremo delle forze armate, lo Scaf, quindi le stesse persone con cui l’Italia ha fatto affari per decenni sotto Hosni Mubarak. In parole povere siamo stati in grado di rispolverare bene queste relazioni che già erano lì“. Nomi come Ahmed Ezz, Abou Hashima (che ha finanziato Al-Sisi con 50 milioni di pound egiziani) o Hussein Salem. Queste relazioni, in cambio di investimenti italiani – in un report realizzato dal gruppo assicurativo Sace si legge che tra il 2009 e il 2013, nonostante le turbolenze seguite alla rivoluzione del gennaio 2011, sono confluiti 3,7 miliardi provenienti dell’Italia -, portano in dote ricchi contratti egiziani per il nostro Paese.

LE IMPRESE ITALIANE

Le maggiori opportunità, si rilevava su questa testata negli scorsi mesi, si concentreranno in cinque ambiti, ai quali sono interessate diverse aziende italiane: grandi infrastrutture (quindici megaprogetti dal valore complessivo di 100 miliardi di dollari, tra cui lo sviluppo regionale di Suez); industria mineraria; edilizia abitativa; energetico; trasporti ferroviari. Tra le realtà della Penisola coinvolte ci sono Trevi, Pizzarotti, Bonatti, Fincantieri oltre a Confindustria, l’Associazione bancaria italiana (Abi) e l’Istituto nazionale per il commercio con l’estero (Ice).



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