Pubblichiamo l’articolo dell’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea, Romano Prodi, pubblicato nel terzo numero 2015 della rivista Energia
Il problema è serio e reale, ma “in questo quadro di estrema volatilità non è facile mettere in guardia governi e opinioni pubbliche sul critico intreccio fra cibo, acqua, energia”. Per provvedervi, sarebbe infatti “necessario individuare forme di governo globale o punti di riferimento istituzionale capaci di analizzare le interdipendenze globali di questo trilemma e individuare le soluzioni tecniche, industriali, giuridiche che possano darvi rimedio”.
CIBO E ACQUA: PROBLEMI CHE SI INCROCIANO
La crescente domanda di cibo proveniente dal mondo in via di sviluppo rappresenta un “problema immane”.
L’incremento atteso della produzione nei prossimi dieci anni è infatti “molto inferiore a quello dello scorso decennio”, in ragione della “declinante crescita della produttività”. “Le terre più fertili sono state ampiamente coltivate” mentre “le rimanenti manifestano rendimenti marginali decrescenti”. Inoltre, al mondo vi sono miliardi di persone che “aspirano a migliorare la loro dieta”. Un problema che “si incrocia qui con quello dell’acqua”. Non solo, infatti, “per nutrirsi a proteine e carne occorre, pro-capite, una superficie di terreno cinque volte superiore rispetto a quella necessaria per un’alimentazione a base di cereali”, ma “per produrre un kg di carne bovina occorrono circa 20.000 litri di acqua” a fronte dei circa 500 litri per produrne uno di cereali. Il consumo di acqua dolce, che rappresenta appena il 2,5% del totale presente sul pianeta, cresce “ad un ritmo molto superiore all’aumento della popolazione”. Il problema non riguarda solo la “crescente scarsità” d’acqua, ma anche gli “eccessi nel suo uso” e l’inquinamento che “ne peggiora progressivamente la qualità”.
ACQUA: DALLE CONTROVERSIE AI RISCHI DI GUERRA
“L’acqua rappresenta una delle questioni più critiche che investono la pace”, tant’è che “negli ultimi anni abbiamo avuto conflitti in Kenia, Uzbekistan, Perù, ma anche in Brasile”. Il rischio tuttavia è “generalizzato, non localizzato” e non bisogna cadere nell’errore di ritenere il problema solo dei paesi emergenti, come dimostrano le crescenti criticità della California. Tuttavia, “nonostante il proliferare di queste controversie, fatichiamo a pensare che esse possano degenerare in vere e proprie guerre dal sapore antico. Eppure questo sta avvenendo e, a mio parere, avverrà ancora più in futuro”. Grosse criticità derivano, ad esempio, dalla costruzione di grandi dighe, non solo per i relativi problemi ambientali, ma anche per le relazioni tra i popoli. Ne è esempio il sistema di dighe in costruzione in Turchia, destinato ad impattare sui paesi tra il Tigri e l’Eufrate, ma anche la situazione del Nilo, dove l’Etiopia sta costruendo la cosiddetta “diga del Millennio” che avrà inevitabili ricadute su il Sudan e l’Egitto. Non meno preoccupante è il fenomeno del “land grabbing”, l’accaparramento della terra coltivabile, che ha “il sapore del neocolonialismo.
LA SICUREZZA ALIMENTARE TRA POVERTÀ E SPRECHI
Un ulteriore elemento criticità è “la maggiore volatilità dei prezzi del cibo”. Problema aggravato anche dalle “dissennate politiche occidentali per la produzione di biocombustibili, sussidiati da molti governi”. Il 40% del mais prodotto negli Stati Uniti, ad esempio, è “destinato alle auto e non al cibo” e ciò impatta sui prezzi creando forti tensioni sociali. Non bisogna infatti dimenticare come l’aumento del “prezzo dei prodotti alimentari […] è stato all’origine di molte delle recenti tensioni del Medio Oriente”. “Se vi fosse un minimo di saggezza” sostiene l’ex Presidente del Consiglio “si dovrebbe operare per accelerare la rivoluzione anche nel campo della genetica: operando con intensità sulle nuove specie di vegetali che richiedono molto minori fabbisogni d’acqua”.
Vi è poi a questione degli sprechi: “un terzo del cibo semplicemente finisce nel pattume”. “Questo è il quadro desolante: scarsità o addirittura fame da una parte, e sistematici sprechi alimentari dall’altra”. Va tuttavia rilevato come “la sfida per la sicurezza alimentare viene perseguita in modo sistematico dai paesi che più ne hanno bisogno” divenendo “uno degli obiettivi fondamentali della politica dei grandi paesi emergenti: non solo di Cina e India, ma anche di paesi più avanzati come la Corea”.
E L’ITALIA?
Come tutti i paesi avanzati, l’Italia ha “l’obbligo di cooperare alle sfide mondiali in modi molto lineari, che richiederanno però impegni non facili: […] sprecare di meno, […] produrre di più con meno inquinamento, […] produrre di più con meno acqua, […] usare più terra per nutrire e relativamente meno per produrre energia”. L’obiettivo è raggiungere una “intensificazione sostenibile”, ma per farlo “è necessario portare risorse alla ricerca nelle nostre università e nei nostri istituti sperimentali”.
Leggi la versione integrale dell’articolo pubblicato nel numero 3.2015 della rivista Energia nell’ambito di un pacchetto di analisi dedicate alle risorse per nutrire il Pianeta e che comprende i contributi di Alberto Clô, Antonio Massarutto, G.B. Zorzoli, Paolo De Castro. Per una maggiore completezza dei contenuti e accuratezza dei dati si rimanda alla versione originale; ogni eventuale discrepanza è da attribuirsi alla Redazione della Rivista Energia.