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Che combinano Brunetta e Monti sulla Legge di stabilità?

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Tino Oldani uscito sul quotidiano Italia Oggi

Renato Brunetta sostiene che la legge di stabilità di Matteo Renzi non va bene perché fatta in deficit, con l’obiettivo di comprare consensi elettorali. Più o meno, la stessa critica di Mario Monti. Il che è davvero strano. Uno come Brunetta, che ha scritto un libro (L’imbroglio dell’euro) per spiegare i retroscena europei della cacciata del governo di Silvio Berlusconi, quanto meno per coerenza dovrebbe ringraziare Renzi, invece di criticarlo. La manovra finanziaria 2016, infatti, con un colpo solo spazza via la patrimoniale sulla casa varata da Monti, e irride l’articolo 81 della Costituzione sull’obbligo del pareggio di bilancio, introdotto nel 2012 sempre da Monti.

Lasciamo sullo sfondo la questione del consenso elettorale, dove il politico più pulito ha la rogna. E veniamo al sodo. Quando Monti prese il posto di Silvio Berlusconi, l’Italia era in un momento di panico: la speculazione sul debito sovrano aveva spinto lo spread sopra 500 punti e il costo degli interessi sui titoli di stato stava diventando proibitivo. In quel clima, l’ex rettore della Bocconi ebbe gioco facile nel farsi approvare dal parlamento quasi all’unanimità, compresi Berlusconi e Brunetta, un aumento dell’Imu sulla casa che fece balzare il gettito da 9,3 miliardi (2011) a 23,7 miliardi (2012). Nei tre anni successivi, il combinato disposto di Imu e Tasi ha prodotto un maggiore gettito di 44 miliardi (calcolo Confedilizia). In pratica, una robusta patrimoniale, che insieme al nuovo articolo 81 della Costituzione ha avuto un peso decisivo nel dare un colpo mortale all’economia, sprofondandola in una recessione da cui solo ora sembra riprendersi.

Renzi ha capito la lezione. Riforme fatte o meno, ha fiutato che la speculazione non è più dietro l’angolo, i tassi sui Bot sono sotto zero, e perseverare con l’austerità montiana farà contenta la Merkel dei compiti a casa, ma alla fine distrugge l’Italia, invece di salvarla. Così, zac: via la patrimoniale sulla prima casa. Quanto all’obbligo del pareggio (articolo 81), è una tale boiata, che perfino la Consulta se n’è accorta con le due sentenze sulle pensioni e sul contratto degli statali. Da qui, una manovra espansiva, a prova di Consulta. Era ora.


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