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Come si divide l’Europarlamento su Turchia, Isis e Schengen

L’Europa nel corso degli anni ha cambiato il nome da Comunità economica europea a Unione europea, si è unificata passando da 6 a 28 Paesi Membri, si è data un Presidente e una “sorta” di Ministro degli Esteri europeo (chiamato Alto Rappresentante per la politica estera), ma non è in grado di dare una risposta unica alla minaccia terrorismo. Inoltre quella che dovrebbe essere la capitale dell’Europa unita, e cioè Bruxelles, appare blindata nelle immagini di tutti i tg, mostrando tutta la sua debolezza.

Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è arrivato ieri a Strasburgo “febbricitante”, è apparso provato e per sua stessa ammissione ha dichiarato in una riunione a porte chiuse con i parlamentari del Ppe che sta facendo fatica a tenere unita la Commissione europea, perché giorno dopo giorno emergono le spaccature tra le varie anime dei Commissari conservatori, popolari e socialisti.

Nonostante tutto, il presidente vuole affrontare il problema terrorismo, nei suoi interventi al Parlamento europeo parla di un “conflitto pesante” che non vuole chiamare guerra. Inoltre Juncker da una parte ha annunciato un cambio nelle relazioni con la Turchia, dovuto agli ultimi accadimenti, e dall’altro chiede agli Stati membri di intervenire economicamente per co-finanziare aiuti alla Turchia per far fronte alla emergenza immigrazione.

Juncker, secondo quanto filtra dalla riunione, ha detto di avere ben presente che se l’Europa non risolve il problema profughi “Schengen sparirà”, e arriva addirittura a dire che “non si può escludere che tra i profughi ci siano terroristi”. Oltre alla Commissione europea anche l’Europarlamento appare spaccato, è emerso dalla riunione secondo la ricostruzione di Formiche.net: i maltesi ribadiscono che Schengen non può essere vittima del terrorismo, i croati chiedono azioni decisive sul confine greco-turco per la salvaguardia della rotta dei Balcani; la Svezia, da sempre aperta all’accoglienza, fa un passo indietro ed è costretta a ridurre il numero di ingressi dei profughi; i greci, accusati di non saper gestire il controllo alle frontiere, ricordano che ci sono 60 Paesi che collaborano con ISIS e tra questi la Turchia; e poi ci sono le Repubbliche Baltiche che più che dal terrorismo appaiono preoccupate dalla politica estera della Russia che avvertono come una minaccia ai loro confini.

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