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Della Valle, novità o fuffa?

Diego Della Valle alla trasmissione Otto e Mezzo de La7 ha discusso ieri con Lilli Gruber e Marco Damilano del suo movimento (?) “Noi Italiani”. Si immaginava che volesse ufficializzare la nascita del suo nuovo soggetto politico, in previsione delle elezioni amministrative della prossima primavera a Roma, Milano, Napoli e altre città, ma così non è stato.

I suoi ragionamenti si sono mantenuti molto sul generico, per quanto riguarda modi e tempi, ma spiegando che il pilastro su cui si regge “Noi Italiani” è la solidarietà. Si è ancora nel vago e non si sa se questo probabile soggetto è politico, prepolitico, parapolitico, gruppo di pressione.

A dire il vero, la sortita dell’imprenditore marchigiano è apparsa alquanto deludente, perché in molti avevano previsto che la sua partecipazione attiva alla vita politica del Paese fosse imminente. Le idee se ci sono e sono concrete vanno calate nella realtà, cercando di apportare utilità alla causa in modo deciso, altrimenti si dà la sensazione che si voglia giocare solo una partita di carattere corporativo o addirittura personale.

Comunque sia, è meglio così, perché troppi imprenditori e super manager stanno affollando l’agone politico italico: Berlusconi, Marchini, Passera, Sala, Della Valle, Montezemolo. E’ tempo di cambiare registro, tornando alla politica e puntando su gente che sa cos’è e come si esercita. E’ vero, sarà difficile perché abbiamo creduto, distruggendo i partiti storici, di poterne fare a meno. Non è così, c’è urgente bisogno di politica in Italia, senza si rischia solo di fare gli interessi di alcune lobby, sacrificando quelli popolari.

Negli anni Settanta del secolo scorso Amintore Fanfani nella sua ultima segreteria della Democrazia Cristiana chiamò a collaborare diversi esponenti del mondo dell’impresa, Rossi di MonteleraUmberto Agnelli tra i più noti, impegnandosi a farli eleggere in Parlamento. Furono eletti e collaborarono attivamente alle scelte di politica economica e industriale di alcuni governi, fornendo suggerimenti validissimi in un momento di difficile crescita del Paese. La DC continuò a vivere la sua storia non trascurando mai i dodici milioni di elettori che la votavano, il legame popolare del partito non venne scalfito o alterato, pur in presenza di illustri uomini di industria che partecipavano alla vita della DC e dei suoi governi. Oggi il meccanismo si è capovolto: gli imprenditori fanno i leader, prescindendo purtroppo dal popolo, non a caso si è aperto un solco profondo tra istituzioni e società.

Continuo a ritenere che la politica prima di essere tale è cultura, è dottrina e nella nostra Europa le culture politiche democratiche sono socialismo, cristianesimo, liberalismo, ambientalismo. Chi pensa ad altro persegue disegni diversi, che però sono fuori dallo spazio detto poc’anzi. Si può forse costruire un partito qualunquista, populista, ma di questi ne abbiamo avuti diversi nell’ultimo ventennio, per cui oggi è meglio dire basta e astenersi.

E allora se Della Valle si riferirà a culture politiche vere può aspirare a qualche risultato, se invece ha intenzione di giocare una partita di carattere personale o di lobby ha già fallito.


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