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Il dialogo interreligioso può salvarci dal fondamentalismo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Radicalizzazione dei giovani, xenofobia, conflitti sociali: per affrontare questi fenomeni spesso viene coinvolta la dimensione religiosa, ma quasi soltanto per imputare alle fedi la responsabilità della divisione. Le religioni come strumento di conflitto anziché di pace? Alcuni utilizzano la terrificante violenza del Daesh (o Stato Islamico) in Medio Oriente per affermare la “naturale propensione” da parte musulmana alla guerra santa; anche l’espressione “musulmani moderati” in fondo non fa che rafforzare l’idea di una minoranza “innocua” all’interno di una maggioranza “pericolosa”. L’arrivo dei profughi e dei rifugiati in Europa ha messo alla prova i principi e i diritti enunciati su cui si basa e ha condotto alcuni paesi a scegliere chi accogliere in base alla cultura e alla fede religiosa, secondo un principio di omogeneità. I giovani occidentali riscoprono la fede ma spesso si radicalizzano e scelgono azioni e parole estremiste per praticarla. In Europa c’è molta preoccupazione per la crescita di parole e comportamenti ispirati all’odio e sulla strumentalizzazione della dimensione religiosa per coprire altri tipi di conflitti. Ecco perché proprio le religioni possono offrire un contributo fondamentale nel contrastare l’odio, in tutte le sue forme.

Il dialogo tra le religioni rappresenta un grande antidoto al fondamentalismo e all’odio. Se ne è parlato in questi giorni a Sarajevo, città simbolo del conflitto ma anche della convivenza multietnica, in un incontro del Consiglio d’Europa sul dialogo interculturale e le religioni. Molti pensavano che nella globalizzazione e nella società secolare le religioni sarebbero sparite. In realtà sono ancora vive, e per certi aspetti molto forti. Da questo punto di vista va affermato il loro pieno diritto a esistere nella scena pubblica e il volto nuovo con cui possono presentarsi all’esterno è quello dell’incontro e dell’abbraccio, dell’unità nella diversità. La dimensione religiosa infatti non deve restare sulla difensiva, marginalizzata e separata, né viceversa con pretesa di egemonia, ma “sulla strada”, come scrive papa Francesco, accanto agli uomini e donne del nostro tempo.

C’è una seconda sfida, non meno importante. Oggi le religioni devono vincere i propri nemici interni, a partire dal radicalismo e dal fondamentalismo. Quando non si tiene vivo il messaggio umanistico della fede, compare il rischio dell’ideologia che cristallizza il messaggio religioso e lo fa diventare “materialistico”. Così si rischia di usarlo contro l’altro. Questo messaggio falsamente radicale fa presa soprattutto sui giovani nei momenti di crisi economica o di conflitti sociali e politici e va combattuto con strumenti sociali, culturali e educativi. La radicalizzazione porta a separare la comunità religiosa dalla società, mentre essa dovrebbe esservi mescolata e integrata.

Il cammino è lungo, ma le strade da percorrere sono numerose. Credo sia importante promuovere tutte le forme di lavoro comune tra le diverse fedi. Recentemente l’Italia ha ospitato un’esperienza molto significativa. In questi mesi il Memoriale della Shoah, sotto la Stazione centrale di Milano, ha accolto migliaia di profughi in transito dal nostro Paese, mostrando una vera collaborazione tra ebrei, musulmani, anglicani, buddisti e cattolici. È una pagina di storia particolarmente bella, l’ennesima dimostrazione di quanto sia importante continuare a promuovere iniziative di lavoro sociale in comune tra i rappresentanti delle diverse fedi e confessioni. Ovviamente per prima la politica deve rispondere difendendo la libertà religiosa nel mondo e sostenendo questo dialogo. Basta anche un gesto, come il sostegno al progetto di una piattaforma stabile di dialogo tra il Consiglio d’Europa e i rappresentanti religiosi, per andare nella giusta direzione.

Milena Santerini, deputata, presidente Alleanza parlamentare contro l’intolleranza e il razzismo del Consiglio d’Europa



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