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Felice Ippolito, un grande italiano

Quando esce dal carcere nel 1966, dopo due anni e sei mesi di vergognosa detenzione, il sogno italiano dell’Italia potenza mondiale della modernizzazione, trainata dall’innovazione tecnologica, dall’indipendenza energetica e dal ruolo imprenditoriale dello Stato sta, forse, già per finire.

Erano stati vent’anni di straordinaria epopea modernizzatrice. L’Italia aveva tentato con successo una grande avventura nell’epoca della ricostruzione e, poi, nei primi anni del miracolo economico: entrare nel circolo delle grandi potenze industriali. E trainata, non solo e non tanto, da fattori competitivi contingenti (le svalutazioni competitive dei decenni successivi) ma dal grande driver della tecnologia, della produttività, dell’autonomia energetica, dell’innovazione. È il sogno di grandi italiani, di Mattei e di Ippolito, segnati da un oscuro destino comune: qualcuno o qualcosa era determinato a fermarli.

Ma non solo Mattei e Ippolito. L’Italia degli anni 50 e 60 è quella di Adriano Olivetti, con l’invenzione del personal computer, di Giulio Natta che guadagna il Nobel con l’invenzione di nuove materie plastiche che guideranno lo sviluppo mondiale degli anni successivi, di Luigi Broglio che, in campo spaziale, fa dell’Italia la terza potenza mondiale, di Adriano Buzzati-Traversa che fa dell’Italia un centro internazionale della nuova biologia molecolare. di Edoardo Caianiello che trasforma Napoli in una città della scienza e nel più importante centro internazionale di studi cibernetici.

Una straordinaria temperie intellettuale, di realizzazioni, di stimolo alla ricerca che una parte della politica italiana, illuminista e carica di passione nazionale, appoggerà con uomini come Nenni, La Malfa, Amendola, Riccardo Lombardi e un’altra oscurantista, arretrata, ideologizzata, sottomessa a poteri e pulsioni privatistiche e meschine, combatterà con tutte le sue forze. Purtroppo vincendo, nel caso di Mattei e Ippolito. L’autonomia energetica è la chiave del sogno modernizzatore di Mattei e Ippolito. E la sfida nucleare è il driver di questo sogno. Mattei è l’uomo degli idrocarburi, su cui vuole rendere l’Italia affrancata dalla dipendenza alle grandi corporations straniere.

Eppure, per iniziativa dell’Agip, nasce a Latina la prima centrale elettronucleare pubblica. È uno dei tasselli del grande disegno di Felice Ippolito e di Edoardo Amaldi, l’ultimo dei “ragazzi di via Panisperna”, il fisico che illuminò, con Fermi, l’Italia nel mondo e che si batteva per rinverdire una delle più tradizionali eccellenze storiche del paese: la fisica nucleare. Felice Ippolito e Amaldi hanno un disegno: fare dell’Italia la terza potenza industriale nel nucleare pacifico. Costruendo una filiera, innanzitutto tecnologica e di ricerca, e poi industriale che diano all’Italia una totale autonomia e indipendenza in campo nucleare. Con tre centrali operative, centri di ricerca (Cise e Ispra), fabbriche del combustibile e un centro nazionale di programmazione (Cnen) il sogno di Ippolito e Amaldi si realizza: l’Italia, dopo Usa e Urss, diventa la terza potenza nell’atomo civile. Con la prospettiva della nazionalizzazione dell’industria elettrica il disegno dell’autonomia energetica di Mattei e Ippolito sembra concretarsi. Trainata dall’Eni con gli idrocarburi e dall’Enel con il nucleare. Ma questa terza potenza energetica fa paura agli interessi privatistici.

Il sogno di Mattei e di Ippolito si interrompe con la morte oscura per il primo e il carcere per il secondo. Percaccuse assurde, inesistenti e ingiuste, come riconoscerà il suo stesso accusatore, Giuseppe Saragat, che da Presidente della Repubblica risarcirà Ippolito con la grazia. Risarcirà è parola sproporzionata. Restituirà l’onore a un grande italiano. Che era stato incarcerato, con accuse inventate, solo per fermare un grande disegno politico, industriale ed economico: l’autonomia energetica. Che faceva paura all’estero. E che ostacolava in Italia privati capitalisti dallo sguardo corto e limitato al contenuto delle loro tasche. Riuscendoci. Dopo il carcere per Ippolito l’Italia precipiterà nella dipendenza energetica che, con i costi crescenti dell’energia, condizionerà per sempre le ambizioni competitive del Paese e i ritmi deboli della sua economia. Dopo la sua liberazione Ippolito si dedica alla battaglia culturale.

Fonda Le Scienze, la sezione italiana della Scientific American, la più nota e prestigiosa, con Nature, rivista scientifica del mondo. Che dirige per dieci anni. Diventerà parlamentare europeo del Pci, nella sua Napoli, per impulso dei suoi amici personali, Napolitano ed Amendola. Li accumunava la grande scuola crociana, il meridionalismo industrialista di Nitti, l’idea forte del “secolo socialdemocratico” di uno Stato capace di programmare e dirigere, in un’economia libera e non statalista, l’innovazione e la modernizzazione del Paese. Un’idea che i “napoletani e crociani” condivedevano con La Malfa, Compagna, Nenni, Lombardi: non a caso quelli che erano stati tra i difensori di Ippolito.

L’Italia di oggi si trova intatta davanti l’attualità del sogno di Ippolito e delle sue inquietudini: il sogno di un’ Italia leader nella ricerca, nella modernità teconologica, nelle tecnologie di punta ed energeticamente autonoma. Deluso per la deriva oscurantista, antinucleare e antindustriale degli ultimissimi anni del Pci concluse la sua attività politica nel partito di Ugo La Malfa. Chi scrive lo ha conosciuto da giovanissimo funzionario napoletano del Pci. A lui “addetto” per le funzioni logistiche e di assistenza nella sua attività di parlamentare europeo del Pci. Non sono nuclearista per quello. Ma per studio personale e convinzione profonda.

Ma delle scorazzate con Ippolito per portarlo a incontri e comizi mi è rimasta una cosa in particolare: ebbi la fortuna di conoscere un grande…napoletano. Uno dei veri grandi orgogli della mia città Che farebbe bene, ogni tanto, a ricordarsene. Ma, purtroppo, nella politica di oggi prevale spesso la meschinità, l’ignoranza e l’assenza di memoria.



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