Avanti tutta verso la privatizzazione. Ma come? L’interrogativo è lecito dopo comunicati stampa e dichiarazioni di ieri sulla dismissione in fieri di una quota di minoranza del gruppo Ferrovie.
IL GOVERNO E DELRIO
“Viene avviata la procedura che tiene presente la complessità della gestione delle Fs e la necessità di aumentare gli obblighi di servizio pubblico”, ha detto ieri il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio dopo una riunione del Consiglio dei ministri. “L’alienazione di Ferrovie non potrà andare oltre il 40%, ha aggiunto Delrio in conferenza stampa a Palazzo Chigi. “E’ un avvio di percorso che tiene presenti alcune questioni: l’infrastruttura ferroviaria dovrà rimanere pubblica, dovrà essere garantito l’accesso a tutti in maniera uguale”. “Il 40% potenzialmente alienabile andrà a un azionariato diffuso e investitori istituzionali”. “La privatizzazione di Fs è prevista nel corso 2016, compatibilmente con le condizioni del mercato”, ha messo nero su bianco Palazzo Chigi nel comunicato sul cdm che ha approvato il dpcm per la privatizzazione di Ferrovie.
LE PAROLE DI ELIA
“La competenza delle decisioni è del Ministero azionista, Economia e Finanze, dove dall’anno scorso è stato costituito un gruppo di lavoro che si occupa della privatizzazione e che opera con i suoi advisor legali e finanziari, che stanno lavorando insieme a noi su questo – ha sottolineato l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Michele Elia – Le scelte sono tutte ed esclusivamente dell’azionista, noi non possiamo che aderire alle scelte che verranno da loro”.
LA DIATRIBA
Tutto chiaro? Non troppo. Al di là delle dichiarazioni ufficiali e dei comunicati stampa, si sa che le difformità di opinione sui modi della parziale privatizzazione del gruppo controllato dal ministero dell’Economia sono profonde. Infatti si vocifera ormai di una imminente uscita dei vertici della società Ferrovie per diverbi non più superabili tra l’amministratore delegato e il presidente Marcello Messori. La diatriba, che si trascina fin dal loro insediamento, riguarda in particolare che cosa privatizzare. Elia ritiene tutto il gruppo, quindi anche la controllata Rfi che ha la proprietà della rete. Messori è di diverso avviso: vorrebbe prima scorporare la rete e dunque aprire al mercato l’azionariato solo a Trenitalia e/o all’Alta velocità.
TRA MANAGER E POLITICA
In verità la diversità di opinione è ormai acclarata anche tra ministeri chiavi del governo. Da un lato il ministero dell’Economia retto da Pier Carlo Padoan che ha la stessa impostazione dell’ad Elia. Mentre dalle parole di Delrio si evince che il titolare del dicastero dei Trasporti condividerebbe più la linea di Messori. Certo, come ha rimarcato il direttore del Tesoro per le privatizzazioni, Fabrizio Pagani, oggi in una intervista al Sole 24 Ore, la questione è complessa. E sono dunque fisiologiche anche diversità di opinioni da parte di manager ed economisti come Elia e Messori che sono stati chiamati dal dicastero retto da Padoan a guidare il gruppo anche in vista della privatizzazione.
CONCLUSIONE
Ma dalle posizioni e dalle divergenze si scorge una mancanza di direzione politica da parte dell’esecutivo che non è più comprensibile. Ci sono stati giorni, settimane e mesi per definire una linea di marcia. Eppure a distanza di 17 mesi (Elia e Messori sono stati nominati a fine maggio 2014) il governo non si è ancora chiarito le idee. Sarebbe stato fisiologico che già all’atto della nomina dei vertici delle Ferrovie ci fosse stato un input politico preciso visto che il gruppo è controllato interamente dal Tesoro ma evidentemente per alcuni dossier si preferisce vivere alla giornata.