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Fiera Milano, ecco le ragioni dell’aumento di capitale

Parte lunedì 30 novembre per chiudersi il 18 dicembre l’aumento di capitale da 70 milioni di euro di Fiera Milano, società che opera nel settore fieristico e a cui fa capo il polo espositivo di Rho accanto al quale si è svolto Expo 2015.

LE RAGIONI DELL’AUMENTO DI CAPITALE

Il Sole 24 Ore del 28 novembre, in un articolo dal titolo “Fiera Milano, aumento per nuove acquisizioni”, ha intervistato l’amministratore delegato Corrado Peraboni, che ha spiegato: “Abbiamo importanti attività di sviluppo che necessitano risorse fresche”. E ancora: “Puntiamo ad ampliare il portafoglio di manifestazioni fieristiche”.
Ma se una delle ragioni per cui la società ha deciso di battere cassa tra i soci è la crescita esterna, di certo non è l’unica e probabilmente nemmeno la principale. A giudicare dal prospetto informativo dell’aumento, infatti, il denaro in arrivo servirà a mettere in sicurezza i conti e la situazione finanziaria della Fiera. “I proventi netti rivenienti dall’aumento di capitale – si legge a pagina 31 del documento – in caso di integrale sottoscrizione dello stesso, saranno destinati ridurre l’esposizione finanziaria. In particolare, i proventi netti saranno utilizzati per contribuire alla copertura del fabbisogno finanziario netto del gruppo per i dodici mesi successivi alla data del prospetto”, fabbisogno quantificato in 142,5 milioni. I proventi netti dell’operazione sono stimati in 68,8 milioni sui 70 milioni complessivi della ricapitalizzazione poiché si prevede che le spese si attestino sugli 1,2 milioni.

PREVISIONI RIVISTE

Il 2015 è stato un anno complesso per la Fiera Milano, che a marzo aveva annunciato determinate previsioni, poi riviste verso il basso appena pochi mesi dopo. Nel dettaglio, si legge sempre nel prospetto informativo, “i dati di budget 2015 del comunicato stampa del 20 marzo 2015 includevano una previsione di ricavi delle vendite e delle prestazioni consolidati per oltre 330 milioni di euro con un margine operativo lordo (Mol) del 10%. Inoltre, i dati previsionali 2015 contenuti nel piano industriale stimavano un utile della capogruppo alla fine dell’esercizio, tale da consentire il ripristino del capitale al di sopra della soglia del terzo alla fine dell’esercizio stesso”.

Ma in estate arriva la doccia fredda, perché le previsioni approvate dal consiglio di amministrazione del 27 luglio, da una parte, “confermano per l’esercizio in corso il positivo trend registrato in Italia nei primi sei mesi, in considerazione delle importanti manifestazioni in calendario e delle attività svolte nell’ambito di Expo 2015”. Ma, dall’altro lato, “le manifestazioni all’estero risentono dell’uscita dal mercato turco nonché di segnali di arretramento in relazione alle minori aspettative di crescita in particolare in Brasile e Sudafrica”. Fiera Milano si trova così costretta a rivedere al ribasso le stime sul 2015, che ora evidenziano “ricavi delle vendite e delle prestazioni a oltre 320 milioni, in riduzione del 4% rispetto a quanto inizialmente previsto”, con un Mol di oltre 28 milioni di euro, “in riduzione rispetto ai 33 milioni di euro del budget 2015”. Una situazione che ha contribuito a rendere necessaria l’iniezione di risorse con l’aumento di capitale.

CHE SUCCEDE SE L’AUMENTO NON VA A BUON FINE

Il prospetto informativo segnala, inoltre, che “in caso di parziale o mancata esecuzione dell’aumento di capitale, il gruppo si troverà nella condizione di non poter rispettare i covenant (le condizioni, ndr) finanziari previsti dai contratti di finanziamento, con il rischio di dover rimborsare anticipatamente la quota capitale alla data di richiesta da parte degli istituti finanziatori. Tale fattispecie – precisa però il documento – potrebbe essere evitata negoziando con gli istituti di credito nuovi parametri o il posticipo della relativa verifica”.
A contribuire al successo dell’operazione dovrebbe essere l’azionista di riferimento, la Fondazione Fiera Milano, che ha il 62% della società e che “ha assunto un impegno irrevocabile a esercitare i diritti di opzione a essa spettanti”. Se così fosse, si tratterebbe di un esborso di quasi 43 milioni. Il documento relativo all’aumento precisa, però, che “alla data del prospetto detto impegno non risulta assistito da garanzia”.


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