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Fincantieri, ecco le novità su conti e ordini

Ordini e ricavi in salita per Fincantieri, anche se sui conti pesano le difficoltà del segmento offshore e i tardivi incassi nelle commesse crocieristiche. Ma non mancano le turbolenze: dalla situazione finanziaria, secondo alcuni analisti, alle dimissioni a sorpresa del direttore generale del gruppo Andrea Mangoni, voluto peraltro dall’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono.

I CONTI

Il gruppo navale ha svelato ieri alcuni numeri, dopo il cda sui risultati trimestrali. Per la società, si legge in una nota, i ricavi e proventi al 30 settembre “ammontano a 3,032 miliardi, con un aumento di 97 milioni (+3,3%) rispetto allo stesso periodo del 2014”. La crescita “è dovuta da un lato all’incremento dei ricavi del segmento shipbuilding, in particolare dell’area di business navi da crociera, che ha raggiunto un peso pari al 38% dei ricavi complessivi del gruppo (33% nello stesso periodo del 2014).

GLI AFFANNI DI VARD

La società archivia i primi nove mesi dell’anno con una perdita di 96 milioni, contro l’utile di 42 milioni nello stesso periodo dell’anno scorso. Il risultato, dice l’azienda, “si sarebbe attestato a -73 milioni (contro i 67 milioni al 30 settembre 2014) senza gli effetti di oneri estranei alla gestione ordinaria e non ricorrenti”. Su questi numeri, spiega Il Sole 24 Ore, pesano “soprattutto l’assorbimento del circolante collegato sia ad alcune commesse della controllata Vard (attiva nell’offhore, ndr) da consegnare nella prima metà del 2016 sia al business delle navi da crociera, che, come noto, prevedono l’incasso della maggior parte del prezzo al momento della consegna”. A questi fondi, si sommano “i 100 milioni di contributi per l’innovazione navale già stanziati nelle legge di stabilità del 2014”, ancora attesi dal gruppo.

IL SEGMENTO OFFSHORE

Se si analizzano nel dettaglio i risultati conseguiti dal gruppo navale nel segmento offshore, prosegue il quotidiano confindustriale, ci si accorge che questo “sconta, come altrove, il calo del prezzo del petrolio e la complicata congiuntura collegata ad alcuni cantieri, (Brasile su tutti)”. In particolare, “per i due cantieri brasiliani di Niteroi e Promar, dove Vard sta scontando anche la crisi di Petrobras, suo principale committente, sono in fase di studio diverse opzioni strategiche”. Ma pesano “anche gli effetti negativi nello shipbuilding di molti ordinativi di navi prototipo, che sono stati acquisiti durante la crisi del settore crocieristico a prezzi non particolarmente vantaggiosi e che pesano, e non poco, sui margini, a causa della tipica concentrazione dei costi negli ultimi mesi di allestimento”.

LE DIMISSIONI DI MANGONI

Queste difficoltà, racconta Repubblica, sono alla base delle dimissioni di ieri del direttore generale del gruppo, Andrea Mangoni. “Giuseppe Bono, classe 1944 e al timone di Fincantieri dal 2002, lo scorso marzo aveva scelto Andrea Mangoni, già consigliere della società, come suo delfino sostenendo la sua nomina a direttore generale e delegandogli alcune funzioni esecutive. Ma a sorpresa, ben prima della scadenza di marzo, ieri Mangoni ha rassegnato le dimissioni con effetto immediato non presentandosi neppure al cda che doveva approvare i conti”. Il giornale del gruppo l’Espresso ipotizza “che Mangoni al contrario di Bono ritenesse improrogabile una profonda ristrutturazione del gruppo, soprattutto nella divisione delle grandi navi da crociera. Mangoni avrebbe anche dovuto ricostruire il rapporto con la comunità finanziaria dopo il fiasco del collocamento, ma pare che il manager non abbia voluto incontrare nemmeno i grandi fondi istituzionali prima di avere le deleghe per presentare il nuovo piano e gestire il risanamento. Fatto sta che a questo punto il piano sarà elaborato dalla squadra di Bono, notizia che insieme alle dimissioni di Mangoni ha provocato un nuovo calo del titolo (meno 1,8% a 0,47 euro)”.

IL COMMENTO DI BONO

“Desidero ringraziare per l’opera svolta, insieme al Consiglio di Amministrazione e all’azienda tutta, il dottor Andrea Mangoni, al quale formulo i migliori auguri per i nuovi passaggi professionali”, ha commentato Giuseppe Bono a margine del cda. “L’andamento della gestione nei primi nove mesi del 2015 – ha spiegato ancora l’ad – riflette il forte incremento dell’attività produttiva e di progettazione. Tale incremento è conseguenza dell’importante crescita del portafoglio ordini. Tuttavia, il peso degli ordinativi di navi prototipo, acquisiti a bassa marginalità nella fase più acuta della crisi per sostenere l’attività produttiva, ha penalizzato la redditività del Gruppo. A ciò si sono aggiunti gli effetti della crisi del settore Oil&Gas, causata dalla non prevedibile discesa del prezzo del petrolio, e il perdurare delle difficoltà di Vard in Brasile, legate anche alla situazione economica e politica del Paese. A fronte di queste criticità Fincantieri sta lavorando a un Piano industriale, che sarà definito con la presentazione del bilancio 2015, finalizzato a un adeguato ritorno per gli azionisti”.

INIEZIONE DI CAPITALE?

Cosa accadrà ora? “Non si può escludere”, prosegue Repubblica, “una nuova iniezione di capitale che dovrebbe essere illustrata insieme al piano industriale della società atteso in primavera alla scadenza del consiglio”. “Dal 2013 ad oggi”, sottolinea ancora l’articolo, “il gruppo ha sempre avuto flussi di cassa negativi (523 milioni a fine settembre), e i 350 milioni raccolti 16 mesi fa grazie al collocamento in Borsa sono evaporati con l’aggravante di un debito consolidato salito a 506 milioni a fine settembre (da 44 di cassa del settembre 2014). Secondo alcuni analisti è colpa delle navi da crociera, la cui realizzazione finale costa più di quella preventivata al momento dell’acquisizione della commessa. Per non parlare “della sfortunata avventura in Vard” a causa della quale “stanno soffrendo anche i risparmiatori che hanno sottoscritto l’Ipo la scorsa estate e che hanno dovuto sopportare una discesa del titolo del 39%. E anche la Cassa Depositi e Prestiti che a fine 2012 rilevò il 100% di Fincantieri per 660 milioni, mentre ora il 70% dell’azienda vale 570 milioni”.

GLI ORDINI

Molto meglio i nuovi ordini, che nei primi nove mesi dell’anno hanno segnato un livello pari a 4,9 miliardi, rispetto ai 4,2 miliardi di gennaio-settembre del 2014, “con un book to bill ratio (nuovi ordini/ricavi) pari a 1,6 (1,5 al 30 settembre di un anno prima). È di oggi la notizia, annunciata dall’azienda triestina, che nell’ambito del piano di rinnovamento della flotta della Marina Militare, la cui prima tranche è stata avviata nei mesi scorsi, l’Occar, l’organizzazione internazionale di cooperazione per gli armamenti) ha ordinato un ulteriore pattugliatore Polivalente d’altura al Raggruppamento temporaneo di impresa costituito tra Fincantieri, mandataria, e Finmeccanica, mandante attraverso Selex Es, portando a sette i pattugliatori richiesti. Il valore complessivo dei contratti assegnati al Rti raggiunge così un valore pari a circa 5,4 miliardi di euro, di cui la quota di Fincantieri è pari a circa 3,6 miliardi di euro.



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