Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori e dell’autore, pubblichiamo l’analisi di Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi e di Mf/Milano Finanza
L’opinione pubblica, continuamente sollecitata dall’informazione rafficata e istantanea, non solo da parte dei social network ma anche da parte delle tv, tende a non avere memoria dei fatti. Per cui, del film della storia, tende a trattenere solo l’ultimo fotogramma, quello appunto che per ultimo le è stato indirizzato.
Ad esempio, dell’eccidio di Parigi, l’opinione pubblica (e quella dei politici che ne sono al seguito) raccoglie, prima, la disperazione causata dall’evento, e poi, il grido, inascoltato dagli altri grandi, del presidente francese François Hollande che vuol subito esibire i muscoli (che non ha) all’Isis e minaccia sfracelli immediati che non riesce a fare. In particolare, Hollande si è rivolto all’Europa. E molti analisti, troppo superficialmente, hanno rilevato che l’Europa è stata zitta di fronte a questa richiesta. Il fatto è vero, ma la genesi del fatto viene taciuta mentre è proprio quest’ultima che lo spiega.
Vediamo la genesi, dunque. Quando i padri fondatori della Comunità europea (che debuttò prudentemente, prima come Comunità del carbone e dell’acciaio, Ceca, e poi come Mercato comune europeo, Mec) pensarono di varare questo grande progetto di integrazione continentale, con il Patto di Roma, avevano, come primo obiettivo, quello di impedire che sul Vecchio continente, dopo le due devastanti guerre mondiali precedenti, scoppiassero altri conflitti di queste proporzioni.
Partendo dalla messa in comune dell’economia (carbone ed acciaio, con la Ceca, prima, e poi tutti gli altri settori economici, col Mec), i fondatori dell’Europa unita avevano deciso di cominciare, nel loro progetto, dall’economia, per due motivi. Il primo era che l’Europa doveva essere ricostruita in fretta, dopo essere stata quasi completamente rasa al suolo. Il secondo era che, facendo vedere agli europei i vantaggi derivanti dalla messa in comune delle risorse economiche, sarebbe stato poi più facile passare, da questo stadio embrionale, che si potrebbe definire semplicemente doganale, a una fase successiva che mirava a costruire un’Europa veramente unita perché anche istituzionalmente integrata.
Un’Europa di questo tipo doveva quindi mettere in comune, prima di tutto, la forza militare. Da qui la proposta della Ced che significava Comunità europea della difesa. Ma questo progetto lungimirante fu subito bocciato proprio dalla frontale opposizione della Francia che, pur essendo stata militarmente asfaltata dai nazisti nel giro di poche settimane, si ostinava, con la connivenza di inglesi e americani (in chiave anti-tedesca) a ritenersi ancora una grande potenza imperiale come ai tempi di Napoleone. E quindi non ci stette e diluire con gli altri Paesi europei la sua forza militare putativa (che già allora non aveva, ma che esibiva a parole; in questo, Charles de Gaulle è stato insuperabile).
Se la Ced non fosse stata silurata dalla Francia, oggi l’Europa avrebbe una forza militare adeguata e sostenibile, in grado di poter intervenire, a parità degli altri grandi attori internazionali, in tutti i quadranti del mondo nei quali la presenza europea si rivelasse necessaria. Ovviamente, una forza militare adeguata, avrebbe anche, e necessariamente, spinto l’Europa a dotarsi pure di una politica estera comune. Infatti una politica estera comune e una forza militare europea (che è necessario per rendere credibile la sua politica estera) costituiscono i due strumenti indispensabili per costruire un comune edificio europeo. E ciò doveva avvenire (se la Francia non si fosse messa di traverso) molto prima della moneta comune che, avendo visto la luce senza quelle due cornici, si trova adesso sospesa a mezz’aria, con le patetiche conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Se poi si aggiunge che la Francia mise il suo veto anche sui lavori che avrebbero portato alla definizione di una Costituzione per l’Europa (che, dopo tanti ostacoli, venne definitivamente bocciata nel 2009 a seguito dei referendum che furono tenuti in Francia e nei Paesi Bassi) si capisce che il grido irrilevante del patetico Hollande per essere stato lasciato solo dagli altri partner, in un momento di bisogno, assomiglia molto alle lacrime del coccodrillo. Il proprietario di un appartamento al decimo piano non può infatti lamentarsi se tutti i suoi averi sono andati in fiamme, dato che i pompieri accorsi non avevano le scale per arrivarci. Ciò vale soprattutto quando il proprietario dell’appartamento andato in fiamme si era battuto perché l’acquisto delle motoscale non fosse fatto.
Per cui a Hollande (e ai molti presidenti transalpini che lo hanno preceduto recitando lo stesso copione indipendentemente dal fatto che fossero di destra o di sinistra) dovrebbe applicarsi il passo del Vangelo secondo Luca (4,23) che dice «medice cura te ipsum», medico cura te stesso, una frase usata per deplorare il comportamento di coloro che biasimano i difetti degli altri senza guardare i propri.