Il modello è la Silicon Valley californiana. Il nome – “Human Technopole. Italy 2040” – è quanto mai suggestivo. Se poi si aggiunge il fatto che tutto ciò si dovrebbe trasformare in un polo internazionale di ricerca e tecnologia applicata con 1.600 tra ricercatori e tecnici confluiti da tutto il mondo su 70mila metri quadrati dell’area Expo per studiare come migliorare il benessere dell’uomo, non resta che spellarsi le mani dagli applausi.
L’IDEA DI RENZI
C’è un però: come anticipato lunedì scorso dal Corriere della Sera, e come annunciato martedì dal premier Matteo Renzi al Piccolo Teatro Grassi di Milano dove è stata inaugurata la fase 2 dell’Expo, è già stato deciso chi sarà a gestire il progetto: l’Istituto italiano di tecnologia di Genova (Iit), fondato 12 anni fa dal governo Berlusconi e che oggi vanta 12 sedi sparse per l’Italia (di cui due negli Stati Uniti) e 1.400 ricercatori, di cui la metà da 50 nazioni estere (il 41% donne), sotto la guida del fisico Roberto Cingolani. L’operazione si annuncia in grande stile, con un investimento del governo di 1,5 miliardi di euro per i prossimi 10 anni, ossia 150 milioni di euro all’anno.
I DUBBI DI SYLOS
A mettere in fila i tanti dubbi sulla natura dell’Iit genovese ci ha pensato oggi Ferruccio Sansa sul Fatto Quotidiano. “Si affidano risorse enormi a un istituto che non si capisce fino in fondo che cosa sia. E’ pubblico, ma guidato da una fondazione privata. E’ finanziato dallo Stato, ma nel consiglio siedono imprenditori e manager privati”, sono le parole di Francesco Sylos Labini, astrofisico del Cnr. Sansa rispolvera poi un articolo di Marco Cattaneo sulla rivista Le Scienze che si chiedeva “Perché lì e soltanto lì si vanno a investire montagne di fondi quanto l’Università, il Cnr, l’Enea e gli altri enti di ricerca sono al soffocamento. Perché L’it non deve sottostare alle regole di trasparenza e valutazione che si brandiscono come mannaie per gli altri?”.
COSA PENSA LA STAMPA
L’ex direttore di Wired e ora in forza a la Stampa Massimo Russo ha difeso l’Iit di Genova (città dove il giornale torinese vanta parecchi interessi dato che ha messo le mani sullo storico quotidiano concorrente, il Secolo XIX). “L’Iit – scrive Russo nell’edizione odierna – è un soggetto unico nel panorama italiano. Si tratta di una fondazione di diritto privato finanziata dal pubblico. Significa che ha una flessibilità purtroppo del tutto estranea alle università e al Cnr”. Ma è proprio quello che gli altri centri di ricerca lamentano di non poter fare, così come quando Russo ricorda che “per fare assunzioni l’Iit non passa dalla Gazzetta ufficiale né dai concorsi tradizionali: fa un bando internazionale, valutato secondo gli standard della comunità scientifica”. Sempre la Stampa poi oggi dà voce al direttore dell’Iit Cingolani, che in un’intervista spiega come “al progetto di sviluppo di Iit stiamo lavorando da anni. E’ la possibilità di realizzarlo a Expo che si è materializzata solo da poche settimane”, quando cioè è scaturito il contatto con il ministro Maurizio Martina e da lì si è arrivati a Palazzo Chigi.
GLI AUSPICI DI AZZONE E QUADRIO CURZIO
Come detto, anche la modalità di scelta dell’Iit non è passata indenne. Tralasciando le polemiche politiche, come le rivendicazioni del governatore lombardo Roberto Maroni, da Milano tramite il Corriere della Sera sono partite stoccate al governo dal rettore dell’Università Statale, Giacomo Vago, – “ho più di una perplessità sul progetto” – e dal collega del Politecnico, Giovanni Azzone, convinto che “per questi progetti servono bandi internazionali, serve trasparenza. Il polo della ricerca senza il trasferimento dell’Università Statale non può partire”. Dal Sole24Ore, il presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei Alberto Quadrio Curzio, già preside di Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano, rileva nel suo editoriale di oggi come sia “incoraggiante” la notizia di questa iniziativa per il dopo Expo, “che dovrà necessariamente essere affiancato, con modalità da progettare, da tante altre eccellenze scientifiche, tecnologiche ed imprenditoriali, già attive su Milano e in Lombardia”.
IL CNR VUOLE ESSERE DELLA PARTITA
Chi poi non ci sta a vedersi tagliato fuori è il Consiglio nazionale delle ricerche. Sul tema è intervenuto il presidente, Luigi Nicolais, che ha sì parlato di “progetto ambizioso per portata e durata”, ma ha aggiunto che il Cnr è “fortemente disponibile a contribuire alla piena riuscita di questa iniziativa”. “Progetti del genere – ha scandito l’ex ministro – hanno successo se sanno mettere a sistema e valorizzare le competenze e le eccellenze presenti e impegnate, già da tempo, sugli stessi campi di ricerca sui quali hanno raggiunto importanti risultati internazionalmente riconosciuti. Nella ricerca, da sempre, paga e premia la collaborazione non certo la competizione”. Insomma, chi ha orecchi per intendere intende. “Rispondendo all’appello del Presidente Renzi, il Cnr – ha concluso – si candida a far parte del progetto e nelle prossime settimane proporrà alcune idee per la sua realizzazione”. Aggiunge un ricercatore che preferisce l’anonimato: “Tutti si lamentano giustamente della dispersione e frammentazione della ricerca pubblica, ma un istituto in più con le caratteristiche di Iit è la soluzione?”.