L’arte contemporanea torna nel fiorentino Palazzo Strozzi con “Visio. Next Generation Moving Images”, fino al prossimo 20 dicembre, una mostra dedicata alle opere video di 12 artisti internazionali under 35 partecipanti alla quarta edizione di “Visio European Programme on Artists’ Moving Images”, progetto promosso da “Lo schermo dell’arte Film Festival” e a cura di Leonardo Bigazzi.
Prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e “Lo schermo dell’arte Film Festival”, la rassegna offre l’occasione di un confronto con le opere di artisti quali Brud (India/Polonia), Alessandro Di Pietro (Italia), Rebecca Digne (Francia), LucFosther Diop (Camerun/Olanda), Hoël Duret (Francia), Roberto Fassone (Italia), Giorgi Gago Gagoshidze (Georgia/Germania), Emilie Pitoiset (Francia), Janis Rafa (Grecia/Olanda), Anike Joyce Sadiq (Nigeria/Germania), Dan Walwin (Gran Bretagna/Olanda), Baha Görkem Yalim (Turchia/Olanda).
La mostra propone uno sguardo sulla produzione di film e video di una nuova generazione di artisti, tutti nati negli anni Ottanta, che hanno vissuto la transizione completa da analogico a digitale, la diffusione di internet come immenso archivio da cui attingere e come canale di distribuzione dei propri lavori. Senza dimenticare lo sviluppo di tecnologie video sempre più sofisticate ma allo stesso tempo disponibili su dispositivi portatili come cellulari o tablet. Permettendo il confronto tra diversi formati e supporti, dai video su monitor fino alle videoinstallazioni a più canali, riflettendo sull’approccio contemplativo o sul ruolo partecipativo dello spettatore nei confronti delle immagini in movimento.
Alcuni artisti prediligono un’estetica cinematografica per coinvolgere lo spettatore in una visione immersiva e poetica, come Rebecca Digne, che nell’opera “Kino‐Peinture” utilizza la pellicola 16 mm, trasferita poi su digitale, per catturare lo sguardo sospeso di una spettatrice in una sala cinematografica, o Janis Rafa, con lo stupefacente slow‐motion di un’insolita esplosione‐ascensione della videoinstallazione “A Sign of Prosperity to the Dreamer”. Lo stesso fa anche Dan Walwin che nell’opera “Op” realizza una visione soggettiva in piano sequenza per attraversare luoghi insoliti e abbandonati in un viaggio notturno, tanto singolare quanto misterioso. In “New Void” Alessandro Di Pietro parte invece dal film “Enter the Void” di Gaspar Noè, realizzando una decostruzione processuale con una nuova e complessa struttura narrativa. Utilizzando l’estetica del found footage e occultando con delle maschere i volti dei protagonisti del film, ecco che Émilie Pitoiset in “The Third Party” crea una coreografia surreale, sospesa tra realtà e finzione, in cui riprende e dirige i gesti quotidiani degli impiegati in una banca di Francoforte. Hoël Duret, per girare, i suoi film, allestisce invece nelle mostre dei veri e propri set cinematografici. Nel film La Vie Héroïque de B.S., l’artista francese elabora un’opera in tre atti fatta di curatissime scenografie e costumi ricchi di riferimenti al design modernista e alle pubblicità o agli show televisivi americani degli anni Cinquanta.
Il visitatore della mostra è chiamato ad una riflessione politica nel video “We Are One” dell’artista camerunense LucFosther Diop, la cui ricerca tra origine da storie di neo‐colonialismo e imperialismo messe in scena attraverso una strategia visiva sintetica ed estremamente poetica. Una dimensione fortemente simbolica e performativa caratterizza anche il lavoro di Bah Görkem Yalim, che in “Pas de deux” propone un’essenziale e tragica coreografia, rievocando i sintomi della shell shock syndrome dei reduci della Prima Guerra Mondiale.
Ironico e irriverente è invece il lavoro del georgiano Giorgi Gago Gagoshidze che con “It’s just a single swing of a shovel” propone un documentario surreale su una storia di cronaca realmente accaduta nel proprio paese di origine.
Lo spettatore è direttamente coinvolto come protagonista nell’opera “You Never Look At Me From The Place From Which I See You” di Anike Joyce Sadiq, che genera un gioco di ombre in cui quella dell’artista interagisce con la presenza fisica dello spettatore. L’artista e performer Roberto Fassone realizza invece con “Jeg er enorme jævler I e II” un frenetico collage di immagini pop, spezzoni di video musicali, testi, animazione 3D e filmati trovati online, anche hard, che l’artista integra esibendosi dal vivo cantando in lip syncing la colonna sonora del film.
La grafica digitale e l’animazione 3D sono invece le tecniche usate nel video Umstülpung del collettivo Brud (Aditya Mandayam & Ada Pola) dedicato alla forma geometrica che descrive l’inversione del cubo, che per i due artisti rappresenta il tentativo di sovvertire concettualmente il cosiddetto spazio white cube dell’arte contemporanea.
Parte degli spazi espositivi sarà dedicata a seminari, incontri e laboratori, che proseguiranno tutti i giovedì fino al termine della mostra con ospiti come Andrea Bellini, direttore del Centre d’Art Contemporain di Ginevra, Erika Balson, lecturer al King’s College di Londra e Jason Wood, Direttore Artistico (Film) a HOMEmcr a Manchester.