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Penali, Magyar Telekom e le primavere balcaniche

Dopo i moti delle piazze di Podgorica e Bucarest della scorsa settimana, è il momento di ragionare a bocce ferme sulla (nuova) mancata stabilità dei Balcani, un tema che si intreccia con la macro questione dell’allargamento a est dell’Ue. A cento anni dalla Grande Guerra, quando proprio dai Balcani scoccò la scintilla del conflitto, ecco che in questo 2015 spiccano le piazze delle cosiddette primavere balcaniche, che seguono nei fatti (e purtroppo anche nell’indifferenza europea) quelle arabe di Tunisia ed Egitto di tre anni fa.

In Romania il premier Victor Ponta è stato destituto dalla protesta popolare, nonostante sia il più giovane della storia rumena. In Montenegro il premier Djukanovic è al potere da un quarto di secolo, con ombre di mancati diritti, come testimonia il “Montenegro report 2014” in cui finalmente l’Ue prende atto che il tasso di libertà e democrazia nel paese è ampiamente sotto la media. Un panorama a cui si aggiungono una serie di passaggi legati alla madre di tutte le questioni: gli affari.

Significativo è il caso del maggiore provider di telecomunicazioni in Ungheria che ha corrisposto una penale milionaria per regolare le accuse civili e penali. L’episodio risale al 2011 ma dice molto sul livello di legalità che esiste nei Balcani, un elemento con cui l’Unione dovrà gioco forza confrontarsi. Infatti secondo la Securities and Exchange Commission la Magyar Telekom tre dei suoi ex dirigenti furono accusati di aver versato tangenti a vari funzionari governativi e ad esponenti politici di Fyrom e Montenegro: in questo modo avrebbero vinto gare di appalto e aggirato la concorrenza nel settore delle telecomunicazioni.

La SEC scrisse che tre alti dirigenti della Magyar Telekom Plc. hanno orchestrato, approvato ed eseguito un piano per corrompere una serie di soggetti tra il 2005 e il 2006 per impedire l’introduzione di un nuovo concorrente e quindi ottenere altri benefici regolari. Da alcune filiali della Magyar Telekom in Fyron sarebbero partiti pagamenti illegali per circa sei milioni di dollari sotto forma di contratti di consulenza fittizi. Gli stessi dirigenti hanno replicato lo schema nel 2005 in Montenegro per l’acquisizione della società di telecomunicazioni statale. Per questo Magyar Telekom avrebbe pagato circa nove milioni di dollari attraverso quattro contratti fittizi per incanalare denaro a funzionari del governo di Podgorica. Sul punto si segnala che la società “madre” di Magyar Telekom, la Deutsche Telekom AG, è anche accusata di violazioni ai libri e registri contabili dal Foreign Corrupt Practices Act (FCPA).

Per queste ragioni Magyar Telekom ha accettato di regolare le accuse mosse della SEC e corrispondere una penale pari a trentuno milioni di dollari oltre ad altri 5,9 milioni come parte di un accordo per non giungere a processo. Inoltre per Deutsche Telekom è stata stabilita la somma di 4,3 milioni di dollari come parte di un accordo di non-azione penale con il Dipartimento di Giustizia. La SEC aggiunse che in Montenegro Magyar Telekom usò intermediari per pagare tangenti a funzionari governativi in ​​cambio del loro sostegno per l’acquisizione della società di telecomunicazioni di proprietà dello Stato a condizioni favorevoli proprio per Magyar Telekom. Almeno due funzionari del governo montenegrino vennero coinvolti nei pagamenti illegali.

Stesso clichè, ma con un danno per tre società straniere, l’italiana a2a, l’olandese Msnn e la cipriota Ceac, portò ad un cospicuo vantaggio patrimoniale per il governo di Djukanovic, che oggi punta dritto all’ingresso nella famiglia europea. Ma prima di procedere ad un allargamento così massiccio e repentino, logica vorrebbe che a Bruxelles si preoccupassero anche (e soprattutto) del rispetto delle regole, dei diritti e di quella soglia minima di civiltà che ogni paese che si dice democraticamente moderno deve avere.

twitter@FDepalo

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