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Perché i medici sballottano le Regioni

Due riunioni, ieri, all’Aran, per affrontare il problema principe del Servizio sanitario nazionale. Quello che scatta dal 25 novembre e che riguarda la sentenza europea del 2008, che imponeva all’Italia il dovere di risolvere la questione dell’orario di lavoro del personale sanitario. Orario di lavoro settimanale medio di 48 ore, riposo di almeno 11 ore dopo un turno di lavoro, impossibilità di espletare turni mattino notte.

LA DEROGA DELLE REGIONI

Il Presidente Gasparrini – secondo la ricostruzione di Formiche.net – ha relazionato sulle richieste delle Regioni, che penserebbero di “superare la nottata”, si dice in ambienti sindacali, mediante una ulteriore deroga (motivata ed eccezionale) alla normativa europea, di durata imprecisata e giustificata dalla volontà politica di evitare interruzioni traumatiche delle cure.
All’unanimità tutte le Ooss e le Confederazioni della Dirigenza Sanitaria hanno detto di no ad ogni possibile deroga alla normativa europea, che fosse svincolata dalla puntuale revisione dell’organizzazione del lavoro medico, ossia degli aspetti contrattuali (art.14,15,16,17,18 del vigente CCNL) in atto, alla luce del netto crollo degli organici medici delle ASL (perdita di circa 18.000 medici in sette anni), del blocco pluriennale dei contratti pubblici e della grossolana caduta dei fondi di risultato, per il massiccio pensionamento legato alla legge Fornero.

LE RICHIESTE DEI MEDICI

Tutti i sindacalisti medici hanno ribadito la necessità di un confronto serio ed a tempi stretti con Governo, Regioni, Funzione pubblica. Tutti hanno ribadito di non potere accettare diktat regionali, ma di essere disponibili ad un confronto su più tavoli. Tutti hanno espresso la convinzione che, ieri, manchi un retroterra normativo e che occorra superare gli ostacoli inducendo i responsabili politici ad affrontare e risolvere i problemi del precariato e del blocco del turnover. Eventuali deroghe potrebbero essere accettate solo se funzionali, e non strutturali. Con contestuale impegno del governo ad un provvedimento tipo Buona Sanità, che porti nuove risorse per nuove assunzioni, che consentano di ottimizzare gli organici delle ASL ed il lavoro ospedaliero.

Insomma, “le criticità attuali – spiega una fonte sindacale a Formiche.net – non possono essere risolte con provvedimenti spot (deroghe ai riposi ) ma con una visione globale, che rispetti la lontana sentenza della Corte di Strasburgo, che imponeva all’Italia una totale revisione del lavoro sanitario”.

L’AUSPICIO

Da ciò l’auspicio unanime – si spiega – che l’Aran si faccia parte attiva verso Governo, Regioni e F.P., per evitare la comparsa di provvedimenti organizzativi diversi da Regione a Regione, da ASL ad ASL, da reparto a reparto. Dice un leader sindacale del settore: “Una ritardata soluzione avrebbe riflessi pesanti sui pazienti, sulla sanità pubblica e sul bilancio del Paese. Per chi non lo sapesse, dal 12 febbraio 2003 ad oggi l’Italia ha maturato una multa valutabile sui 70 milioni all’anno per queste inadempienze sanitarie”.

L’IMPEGNO DI GASPARRINI

Gasparrini – secondo la ricostruzione di Formiche.net – si è impegnato a riferire al Governo ed alle Regioni, per verificare eventuali aperture. Usciti dalla Sala Nenni, i sindacalisti medici si sono interrogati sulla possibilità reale di una soluzione. “Un fatto è certo – conclude una fonte sindacale – Ora come ora, Regioni e Governo sono latitanti su un tema così delicato per la popolazione”.

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