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Turchia-Europa, ecco cosa prevede l’accordo sui rifugiati

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Dall’inizio dei negoziati di adesione della Turchia, nell’ottobre 2005, sono stati aperti 14 capitoli su 35 e solo uno è stato chiuso. Molti restano bloccati dal veto di Cipro. L’Unione europea ha accettato di aprire a dicembre il capitolo negoziale 17 nel processo di adesione della Turchia, relativo alla politica economica e monetaria, le prime discussioni risalgono al 1963 (Turchia  e Comunità economica europea, dal 1999 la Turchia ha acquisito lo status di candidato e dal 2005 tra Ue e Turchia si intensificano le discussioni).

Nella scorsa notte è avvenuto un salto netto in avanti nelle relazioni tra i due Paesi. Diciamo subito che in nessun paragrafo del documento comune, né nelle dichiarazioni ufficiali delle parti troviamo riferimenti ai diritti umani.

Nel documento sul meeting tra capi di Stato e Turchia, nel quale si elencano 11 punti/paragrafi, emerge l’intelligenza politica della diplomazia turca, sia del ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu sia del primo ministro Ahmet Davutoglu, entrambi capaci di convincere i partner europei a prendere impegni precisi e ben pagati (dai cittadini Ue):
– processo di adesione che deve procedere speditamente (vertici due volte per anno, conferenza intergovernatiova entro marzo, liberalizzazione dei visti entro l’autunno del 2016, eccetera);
– meccanismo di dialogo economico ed energetico entro il primo trimestre del 2016;
– miglioramento dell’Unione doganale entro la fine del 2016;
– l’Ue inizialmente paga 3 miliardi di euro alla Turchia per i profughi siriani (perchè non iracheni o afghani o del Corno d’Africa che passano dalla Turchia?), pari a 2/5 delle spese sinora sostenute dalla Turchia (pari a 7,5 miliardi di euro spesi).
– l’Ue riceve “risultati nel contenimento dell’afflusso migranti irregolari… impedire viaggi verso la Turchia e l’Ue e lotta al traffico di essere umani”.  Come si impediranno i viaggi verso la Turchia? E verso l’Ue?

Da parte turca, per quanto reso noto, non c’è nulla di quanto auspicato nelle osservazioni del presidente Donald Tusk gli scorsi 15 e 16 ottobre, a seguito della riunione del Consiglio europeo, laddove si auspicava un accordo solo se si “argina il flusso di migranti”.

Appare ancor più problematica l’assoluta assenza nel comunicato di ieri sera dei riferimenti di cooperazione generale con Giordania, Libano e Paesi balcanici occidentali di cui si parlava nella conferenza stampa dello stesso Tusk il 12 novembre, dopo la riunione informale dei capi di Stato e di governo Ue. Gli altri Paesi interessati al fenomeno della fuga dalle guerre in Siria e Iraq non interessano alla Ue? Il Libano che sta accogliendo rifugiati pari a un terzo della sua popolazione. Non ci interessa?

Come spiegheremo ai nostri concittadini che nel vertice con i capi di Stato africani, gli scorsi 11 e 12 novembre a La Valletta, noi europei abbiamo solo promesso 1,8 miliardi di euro per contrastare il fenomeno migratorio, sviluppare collaborazione economica e lottare contro la tratta e la schiavitù.

Una qualche sproporzione di trattamento e alquanto marcata esiste nel comportamento della Ue.

Qualche interesse politico interno ai singoli Stati dell’Unione ha fatto sproporzionalmente pendere la bilancia verso una parte invece dell’altra, seppur ci troviamo tutti nella grave emergenza della Libia e del nuovo califfato di Sirte, geopoliticamente e finanziariamente molto più pericoloso di qualunque gruppo di rifugiati provenienti dalla Siria. Il legame tra la comunità turca e Angela Merkel è noto, altrettanto nota è la nostra italiana incertezza sulla Libia.

L’accordo di ieri con i turchi non è sbagliato, dà tutta l’impressione di essere stato imposto, ha tutta l’aria di essere una nuova “Dhimma”, un patto protezione da noi pagato alla Turchia, per loro merito certo, ma soprattutto per la nostra incapacità e la poca autorevolezza europea.

Ora attendiamo almeno una comunicazione vera e trasparente da parte dei nostri capi di Stato e governo su ciò che si è deciso ieri e sull’impatto sociale ed economico che avrà su tutti noi.

Era troppo attendere un fiero Doge veneziano che guidasse l’Europa in queste acque burrascose, troppo attendere una “schiena dritta” nella trattativa. L’Europa è desinata a rimanere ancor per lungo tempo una terra di scorribande. Prepariamo a pagare nuove “tasse” per sopravvivere.

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