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Un elogio dell’Italia di Dante e Pinocchio al Vittoriano di Roma

Dante. Il Sommo Poeta ha permesso di far vincere Mantova nella gara per conquistare il titolo di capitale italiana della cultura 2016: il ministero ha scelto la città lombarda, con il titolare del dicastero, Dario Franceschini felicissimo. E Mantova permette di ricordare Virgilio.

Come leggiamo nella Treccani, nel testo elaborato da Roberto Carnero, “possiamo affermare che senza Virgilio Dante non avrebbe potuto compiere il suo viaggio nell’Oltretomba e, dunque, scrivere la Commedia. Per due ragioni. La prima: perché Virgilio, in quanto allegoria della ragione umana, è colui che è in grado di guidare il poeta fiorentino attraverso l’Inferno e il Purgatorio, finché potrà essere sostituito da Beatrice, allegoria della teologia. La seconda: perché senza l’Eneide all’autore del “poema sacro” sarebbe mancato un modello fondamentale, a cui non evita di riferirsi continuamente. Insomma, Virgilio è per Dante un maestro di vita e di arte. Inoltre, Dante non mette in dubbio la storicità dell’Eneide, cioè la verità storica degli eventi in essa narrati. Quindi il poema virgiliano è per lui una fonte di informazioni credibili e affidabili, da lui puntualmente riprese e inserite in una nuova cornice di tipo cristiano”.

Anghelopoulos, con il suo magistrale trittico, visibile in questi giorni a Roma, nella sala Giubileo del Vittoriano, si trova in perfetta sintonia con le celebrazioni per il Sommo Poeta, e con la scelta franceschiniana di portare in auge Mantova. L’artista ha elaborato un trittico che è potentemente dantesco, una sintesi mirabile di un capolavoro della letteratura (e non solo). L’elenco degli artisti che nel tempo hanno impegnato la loro maestria per raccontare grazie alla fantasia la “Divina Commedia” è lunghissimo: da Sandro Botticelli a Eugène Delacroix, da William Blake a Auguste Rodin, solo per citarne alcuni. Anghelopoulos ha saputo interpretare come pochi altri il significato dei versi danteschi: “L’immaginazione di Dante è visiva”, scrisse Eliot, “lo è in un senso diverso da quello di un pittore moderno di nature morte: è visiva in quanto egli viveva in un’età in cui gli uomini avevano ancora visioni. Dobbiamo considerare il tipo di mente che per natura e per pratica tendeva ad esprimersi con l’allegoria. Allegoria significa chiare immagini visive. E le chiare immagini visive ricevono assai più intensità dal fatto di avere un significato: non è necessario che noi sappiamo quale sia questo significato, ma nella nostra consapevolezza dell’immagine dobbiamo accorgerci che c’è pure un significato”.

Filippo Moisé, nel suo “Dell’arte moderna rispetto alla pittura, scultura ed architettura. Considerazioni”, nel 1838, elaborò la teoria secondo cui Dante facilitò “all’arte lo slancio verso regioni superiori ed allargandone il campo”. Una forza capace di liberare menti da troppo tempo sopite: uno studioso del cervello quale Vittorino Andreoli ha detto che Dante è letterariamente “il maggior fabbro del volgare europeo”, l’uomo che è stato in grado di costruire una “identità prima”, per usare le parole di Giuseppe Pastina. E se “l’arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa”, come ha detto Roberto Longhi, Anghelopoulos traccia un percorso dove la lettura personale travalica ogni esperienza collettiva, restituendo un senso intimistico all’esperienza dell’apprendimento. Perché, ricordando quanto affermò Federico Zeri, “se c’è una lotta da condurre nel campo della cultura, è proprio quella contro tutte le forme di liturgia, sia religiosa che laica”.

Un altro classico italiano, Pinocchio, è nel mirino di Andrea Pinchi. Proprio a 125 anni dalla morte del suo inventore, Carlo Lorenzini detto Collodi, grazie al Vittoriano celebra a modo suo, con intelligenza artistica, uno dei personaggi più cari all’infanzia nazionale. In questi giorni la milanese Biblioteca Sormani gli dedica la mostra ‘Infinito Pinocchio’, con un allestimento scenografico che ricostruisce alcuni ambienti del testo, tra edizioni storiche, disegni, bozzetti, opere di artisti contemporanei e oggetti d’epoca. Tra le rarità gli organizzatori segnalano la prima edizione di ‘Le avventure di Pinocchio’ di Felice Paggi Editore del 1883 messo a disposizione dalla Fondazione Nazionale Collodi, il “Giornale per i bambini” del 1881 con la prima puntata de ‘La storia di un burattino’ e numerose versioni successive illustrate da artisti come Mussino, Accornero, Cavalieri, Chiostri, Faorzi, Franceschini, Jacovitti, Mosca, Tofano, Topor, Mussino. Per l’occasione verrà pubblicata da Luni Editrice, ideatrice della mostra ed editrice del catalogo, la traduzione integrale e letterale de ‘Le Avventure di Pinocchio’ in dialetto milanese, realizzata da Alfredo Ferri e approvata dal Circolo Filologico Milanese.

C’è poi l’annullo filatelico creato da Poste Italiane in occasione della mostra, che riproduce il profilo di Pinocchio. Qui a Roma, Pinchi rinnova l’affetto nutrito da tutti nei confronti del simpatico burattino, con una singolare capacità di evocare ricordi felici.



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