Matteo Renzi assume il tono di chi vuole evitare che si diffonda il panico, il che sarebbe giusto, se non fosse che poi gli fornisce basi razionali. Dice tre cose, prive di fondamento.
1. Afferma che il decreto del governo ha “salvato” milioni di risparmiatori e dipendenti. Falso, perché i risparmiatori sono tutelati dalla legge, che garantisce i depositi fino a 100mila euro. Semmai ha “salvato” quelli che avevano, liquida, più di quella cifra, mentre gli obbligazionisti subordinati restano esposti. Se nega il valore della legge e attribuisce il merito a sé, allora sì che il panico è ragionevole. Falso anche per quel che riguarda i dipendenti, “salvati”, semmai, dalle altre banche. Precedente pericoloso: cosa si fa quando vanno sulla strada lavoratori di altri settori?
2. Proclama che chi ha truffato deve essere punito. Lo prevede la legge, mica è una sua trovata. Se lascia intendere che ci vogliono le sue parole, per far valere una legge ovvia, il terrore è fondato. Dovrebbe dire una cosa diversa: contiamo che i vertici delle nuove banche denuncino i vecchi e attivino l’azione di responsabilità (come già opportunamente annunciato da quelli di Banca Etruria). Indipendentemente dall’opera dalle procure.
3. Dice: abbiamo mandato noi a casa i consiglieri d’amministrazione di quelle banche. No, prima sono state commissariate, dalla Banca d’Italia. Il giorno in cui il governo dominerà i cda delle banche è bene che la paura spinga i clienti ad andarsene prima.
La questione di fondo è che mentre le banche americane fallivano a mazzi e mentre molte europee venivano protette con i soldi dei contribuenti, da noi si decise d’imboccare una strada diversa. Intanto perché il nostro sistema aveva vizi diversi da quelli che schiantavano gli altri, poi, ed è la cosa decisiva, perché avevamo già un debito pubblico intollerabilmente alto, quindi senza margini per intervenire.
È grottesco il ballo dello scaricabarile, fra politica e autorità di vigilanza, perché pensa di nascondere l’evidenza: le banche furono lo strumento usato per non perdere il controllo del debito pubblico, che fu rinazionalizzato dopo essere stato esportato. Questo comportava la raccolta di capitali che certo non venivano da investitori internazionali, già in fuga. Si chiuse un occhio, sapendo di correre seri rischi, ma fidando nella protezione che sarebbe venuta, come è venuta, dalla Banca centrale europea. Ricordiamocene, perché il debito pubblico è ancora lì e cresce.
Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it
@DavideGiac
Estratto di un articolo per Libero Quotidiano pubblicato anche sul profilo Facebook di Davide Giacalone