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Canone Rai 2016, tutte le novità (e le incertezze) in arrivo

Per la prima volta nella storia della tv questo gennaio sarà senza canone Rai. Nulla da pagare, anzi, fino a tutto giugno 2016. Ma, pure per i mesi successivi, viene meno il principio dell’autotassazione. Un fatto di portata storica in Italia. Nel panorama dei sistemi di tassazione, significa che dopo oltre 50 anni sul cittadino non viene più scaricata, con la minaccia di sanzioni aggiuntive, la responsabilità di “azzeccare” se, quando e quanto egli deve pagare (è la gran fregatura che sta sotto il concetto – apparentemente innocuo – di “autotassazione”).

Questa volta, invece, penserà a tutto lo Stato, che si farà carico di effettuare i conteggi e stabilire a chi recapitare gli addebiti. Al cittadino si chiede di metterci i soldi e basta. Ci sarà da controllare, ovviamente, se la richiesta è giusta o meno. Ma è tutta un’altra storia rispetto alle preoccupazioni che da sempre assillano il contribuente per la più banale delle tasse (si pensi al bollo auto, tanto per fare un esempio). Sono queste alcune delle novità disposte dalla legge di stabilità 2016 approvata nei giorni scorsi in via definitiva dal Parlamento.
Com’è noto, la legge ha ridotto da 113 a 100 euro il canone dovuto per l’intero anno solare 2016.

Il primo esborso sarà pari a 60 euro e sarà addebitato nella bolletta elettrica da pagare nel corso del mese di luglio (i 60 euro saranno evidenziati a parte e sommati al corrispettivo dell’energia elettrica del bimestre in riferimento). Nelle due bollette successive di settembre e di novembre troveremo addebitati gli ulteriori 40 euro a saldo (20 euro per bimestre).

Questi addebiti, tuttavia, saranno automatici per la sola utenza elettrica fruita nel luogo di residenza anagrafica. Nessun addebito invece è previsto per le seconde case a disposizione, dove si ha anzi diritto di utilizzare il televisore senza dover duplicare il canone. Mentre, invece, se la seconda casa è data in affitto l’addebito giungerà all’inquilino-residente, in quanto intestatario ivi di una propria utenza. Nel caso, poi, in cui la casa sia data in comodato gratuito a un proprio parente, l’addebito giungerà a costui se e in quanto egli risulterà intestatario dell’utenza elettrica con il profilo di residente. Infine, quando più componenti della stessa famiglia anagrafica si ritrovano intestatari di più utenze elettriche relative a luoghi diversi, la regola è che si pagherà un solo canone.

Nessuna novità, invece, per gli esercizi commerciali (bar, ristoranti, alberghi, luoghi di intrattenimento, etc.). Per questi operatori nessun rilievo avrà l’utenza elettrica e faranno fede le regole precedentemente in vigore, fino al 2015, salvo che per le modalità di cessazione degli abbonamenti speciali.

Qui finiscono le novità favorevoli della nuova normativa. La quale, viceversa, è stata varata con una certa superficialità riguardo ai nuovi meccanismi di funzionamento. È vero che mancano alcuni provvedimenti attuativi, ma già si delineano enormi lacune nella progettazione giuridica.

È stato disciplinato solo il caso standard, basato sul rinnovo senza problemi di un abbonamento precedente. Ma che succede per le vicende interruttive infra-annuali come il cambio di residenza, l’acquisto o la rottamazione dell’apparecchio tv, la cessazione dell’utenza, la morte dell’intestatario, eccetera? Quando il bacino di contribuenti è nell’ordine di oltre una diecina di milioni, queste “squadrature” sono strutturali e assumono, in valore assoluto, una consistenza ragguardevole. Fare finta di niente significa andare incontro inevitabilmente a una o più campagne massive di “cartelle pazze”.

E poi c’è la svista in merito alla tecnica che la legge adotta per non far pagare a chi nega di avere in casa un televisore. La norma non sembra scritta da laureati in legge. Essa cancella la storica modalità basata sulla richiesta di far “suggellare” l’apparecchio a cura della GdF. In luogo di questa procedura, dal 2016 basterà firmare un atto notorio (dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’articolo 47 del dpr n. 445 del 2000) e farne invio all’Agenzia delle Entrate – sede di Torino (con modalità ancora da definire).

La nuova disposizione stabilisce che la dichiarazione “ha validità per l’intero anno in cui è stata presentata (?)” e ricorda che la “sua mendacia” comporta gli effetti “anche (?) penali” di cui all’articolo 76 del dpr n. 445 del 2000. Il punto è che la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, per sua natura giuridica, può riguardare solo il passato e non il futuro.

Con questo tipo di dichiarazione, invero, si possono attestare “fatti” già avvenuti, mentre l’impegno per “fatti futuri” rientra nel novero delle intenzioni, la cui mancata attuazione da parte del dichiarante non integra mai il reato di mendacio. Se dunque il 31 gennaio 2016 notifico alle Entrate una tale autocertificazione, e poi ad aprile mi porto in casa un televisore, non commetto reato. Non vi è falsità. Facendo l’esempio del 2016, quindi, significa, che se da un punto di vista giuridico la dichiarazione sostitutiva ha senso solo se fatta dopo il 2016, da un punto di vista pratico, invece, tale momento è proprio quello a partire dal quale per chiunque diventa assai più facile raccontare il falso senza mai rischiare di essere pizzicati.

Forse si potevano sperimentare strade nuove. Un’alternativa poteva essere di prescrivere che la dichiarazione venga firmata dall’interessato, sempre ad anno concluso, ma con il rinforzo di una seconda firma fidefaciente, che potrebbe essere apposta anche da un conoscente (per un precedente analogo si veda questo post).



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