Per i radicali italiani, laici quant’altri mai, anche quando a Marco Pannella è capitato e capita ancora di parlare e d’intendersi con fior di Pontefici, fu una coincidenza davvero curiosa quella di nascere il giorno di una festa religiosa come l’Immacolata Concezione. Fu l’8 dicembre del 1955, sessant’anni fa, che si consumò la storica scissione da sinistra del Partito Liberale. Che è ormai scomparso dalle carte nautiche della politica italiana, dopo avere disseminato semi un po’ dappertutto. Non sono invece scomparsi i radicali per l’ostinata capacità del loro leader di farli sopravvivere ad ogni difficoltà, ad ogni sconfitta dopo la vittoria referendaria sul divorzio, ad ogni errore, e anche ad ogni censura, visto che giornali e televisioni non si sbracciano, francamente, per ascoltarli e farli ascoltare.
Eppure quello che s’identifica con Marco Pannella – ma da parecchio tempo anche con Emma Bonino, per quanto lui ogni tanto la sgambetti e la istighi ad una rottura che lei però non gli concede mai – è diventato ormai il partito più vecchio, e perciò resistente, di questa strana Repubblica già arrivata alla sua terza edizione.
(MARCO PANNELLA SGUAZZA TRA SUORE E MONSIGNORI. LE FOTO RECENTISSIME DI PIZZI)
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Anche i radicali, come i loro progenitori liberali, hanno sparso semi un po’ ovunque. Fu alla loro scuola, per esempio, che crebbe Francesco Rutelli, prima di passare agli ambientalisti, rappresentandoli nel governo di Carlo Azeglio Ciampi per qualche ora nella primavera del 1993, e di inventarsi il movimento della Margherita per farvi confluire di tutto: dai verdi ai liberali, ma soprattutto alla ex sinistra democristiana. E per confluire tutti insieme nel Partito Democratico di Walter Veltroni. Dove tuttavia Rutelli non rimase troppo a lungo, sentendosi circondato da troppi post-comunisti per sentirsi davvero a proprio agio.
Fu proprio sfogliando i petali della sua Margherita che Rutelli incrociò in Toscana un giovanotto di nome Matteo e di cognome Renzi. Tra i cui collaboratori, ad ogni livello, di partito, di governo ed altro ancora, si sprecano gli amici di Rutelli. A cominciare dal vice presidente della Camera Roberto Giachetti, che il segretario del Pd sta corteggiando come un matto, dietro e davanti alle quinte, per tentare la scalata al Campidoglio, diventato un po’ l’Everest della politica italiana dopo i guai combinati da Ignazio Marino, e di fronte al terreno che sembrano guadagnare i grillini pur restando fermi.
Per Giachetti, rimasto radicale per stile, formazione, cultura, tanto da avere fatto più volte saltare i nervi nel Pd a Rosy Bindi, salire al Campidoglio sarebbe come tornarvi, essendovi già stato come il più stretto ed efficiente collaboratore di un sindaco chiamato indovinate come? Francesco Rutelli, naturalmente.
(CHI C’ERA, SECONDO PIZZI, ALLA LEOPOLDA DI RUTELLI. TUTTE LE FOTO)
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Erano tali e tante le assonanze fra Rutelli e Renzi, o viceversa, che in apertura dell’ultima edizione della corsa al Quirinale le minoranze di sinistra del Pd ebbero l’incubo di sentirsi proporre proprio Rutelli, più ancora di Giuliano Amato, che passava, a torto o a ragione, come il candidato del cosiddetto Patto del Nazareno fra Renzi e Silvio Berlusconi.
“Figurati come mi piacerebbe, ma non esistono proprio le condizioni. Non è aria”, mi disse il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda quando gli chiesi, appunto, di Rutelli come candidato a presidente della Repubblica. E infatti la scelta di Renzi cadde su Sergio Mattarella, anche a costo di complicare la partita delle riforme rompendo con Berlusconi.
Già un’altra volta, del resto, il segretario del Pd aveva spiazzato chi faceva troppo affidamento sulle sue affinità politiche con l’ex o il post-radicale Rutelli. Era accaduto, in particolare, con la decisione di escludere dal suo primo governo la radicale Emma Bonino, che come ministro degli Esteri si era mossa sicuramente meglio di quanto avrebbe poi fatto l’allora deputata ma soprattutto ex funzionaria del Pd Federica Mogherini. Fortunatamente sostituita poi con Paolo Gentiloni, già portavoce e assessore di chi? Di Rutelli, naturalmente.
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La liquidazione di Emma Bonino alla Farnesina sorprese anche per il colpo così assestato ai radicali proprio nel momento in cui a Renzi il rapporto con loro poteva risultare politicamente più utile: il momento cioè dello scontro in campo aperto con i grillini. Che sono arrivati ben dopo, e molto meno credibilmente dei radicali sul fronte della lotta allo strapotere dei partiti e alla corruzione. Solo in un paese bizzarro come il nostro, francamente, poteva accadere a un comico di risultare elettoralmente più credibile di un professionista dell’anticorruzione e dell’anticonformismo come Pannella.
Può darsi che Renzi si sia convinto, sia pure in ritardo, di avere sbagliato. Me lo lascia credere il fatto che sia stata proprio l’Unità di conio renziano a celebrare i 60 anni dei radicali, pur tra i rumori del Giubileo dei due Papi, una pagina elogiativa scritta dal radicalissimo Walter Vecellio, con il conforto di dichiarazioni e sospiri di Pannella in persona.
(EMMA BONINO VISTA DA UMBERTO PIZZI. TUTTE LE FOTO PIU’ RECENTI)