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Cos’è oggi la Legacoop?

Ieri, il supplemento di Repubblica, “Affari & Finanza”, ha pubblicato un’inchiesta di Enrico Miele sulla Legacoop, che si apre in prima e continua su altre due fittissime pagine. C’è anche un’intervista del Presidente della Lega, Mauro Lusetti. Nel servizio, Miele elenca i fallimenti e i disastri delle aziende cooperative, soprattutto in Emilia, impegnate nell’edilizia. Parla di scioperi, di contestazioni, e anche di perdite di denaro dei soci che avevano prestato somme anche rilevanti alle coop, mentre manager e consulenti vantano crediti milionari.

Ma nel movimento ci sono anche aziende che nella bufera della grande crisi dell’edilizia si sono salvate perché impegnate soprattutto in grandi opere all’estero. C’è un grande sviluppo, invece, nel settore agroalimentare (un esempio è la Granarolo), nel campo dei servizi, delle assicurazioni e della finanza. La lettura dell’inchiesta dà l’impressione di trovarci di fronte a grandi complessi capitalistici, guidati da manager, capaci o incapaci, onesti o imbroglioni, coinvolti anche in vicende giudiziarie (non solo a Roma). Aziende che si confrontano e si scontrano sul mercato, che cadono o si salvano, che crescono, ma in cui sembra che i soci non esistano, non parlino, non pesino. Il Presidente della Lega riassume così la situazione: “le cooperative che si sono adagiate sulla bolla immobiliare ne sono state travolte. In quei casi abbiamo registrato una sconfitta. Ora l’obiettivo è creare un grande polo, integrando costruzioni e servizi, per aggredire i mercati esteri”. Quindi Lusetti punta sulle fusioni e su un mutamento di strategia, e precisa: “per fare export bisogna raggiungere una certa dimensione di impresa. Il nostro mercato domestico non è più l’Italia, ma l’Europa e l’America.

Questo lo abbiamo giù raggiunto in diverse filiere: vitivinicola, lattiero-casearia, carni, insaccati e ristorazione”. E chiarisce gli obiettivi: “ragionare su nuovi paradigmi di mercato per noi significa rimettere al centro i valori cooperativi come elemento distintivo. Sono il nostro Dna, non un elemento di marketing. Quando li abbiamo smarriti, abbiamo perso la sfida con i privati”. Interessante questa affermazione su ciò che si è smarrito e ciò che si vuole riconquistare: i valori cooperativi. Ma quali sono oggi – ripeto, oggi – questi valori? Su questi temi bisognerebbe aprire veramente un grande dibattito, non solo nel movimento cooperativo che li ha smarriti, ma nel PD, nella sinistra. Il movimento cooperativo nella storia, non solo emiliana, è stato un grande fattore di aggregazione sociale, di maturazione di coscienza comunitaria e politica. E si è intrecciato con lo sviluppo del socialismo italiano. Oggi tutto è cambiato. E allora, se si vogliono davvero riscoprire quei valori, bisognerebbe capire cosa sono oggi e come si possono riproporre.

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