POLETTI
In un’Italia in cui i contratti pubblici sono bloccati dal 2009, in un’Italia in cui chi lavora per la pubblica amministrazione viene descritto come un parassita, anche i ministri ci mettono del loro. Poletti ha proposto di non pagare più il lavoro sulla base del debito orario, ma di pagare il lavoratore sulla base della qualità prodotta. Proposta oscena, sia nel mondo pubblico che nel mondo privato.
Per il mondo del lavoro privato, lasciamo la parola ad altri. Per il mondo del lavoro pubblico, ricordiamo a Poletti che il debito orario settimanale è diverso, ad esempio, tra scuola e sanità. In sanità, oggi, a fronte di un tetto settimanale teorico di 38 ore (di cui 90 minuti dedicati all’aggiornamento) i medici effettuano un orario medio nettamente superiore, talmente superiore che l’Europa ha condannato l’Italia a mettere ordine agli orari dei nostri sanitari pubblici. Con un ritardo valutabile dagli 8 ai 12 anni rispetto alle regole U.E., dal 25 Novembre i sanitari italiani non potranno superare una media di 48 ore settimanali di lavoro e dovranno porre 11 ore di riposo tra un turno e l’altro.
Ed allora, pensa Poletti che ai medici piacessero i carichi di lavoro antecedenti al 25/11/15 o che essi non fossero costretti a splafonare l’orario contrattuale per una serie di motivi causati da scelte politiche fasulle? Quali? Il sottofinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale (inferiore alla media dei paesi UE, rispetto al PIL); la sequela di finanziarie che hanno svuotato gli organici medici e sanitari, consentendo – ad esempio – la sostituzione di un medico ogni 4 pensionati; l’esiguità del fondo di risultato, continuamente depauperato dai pensionamenti; l’assenza di nuove piante organiche che tengano conto di quanto sia cambiato il lavoro medico dai tempi degli “standards ospedalieri di Donat Cattin”, fissati all’inizio degli anni ottanta?
Se il ragionamento di Poletti fosse perseguibile, quante ore di lavoro dovrebbe fare un “luminare della Chirurgia”, un trapiantologo eccellente, dai risultati quasi miracolosi? E quanti interventi dovrebbe fare costui, in una settimana ? Un trapianto di rene? Un trapianto di fegato? Un bypass coronarico? O tutti quelli che servono? Sa, Poletti, cosa significa attività medica di emergenza in ospedale?
Tutti i “luminari” della medicina (da chi identificati?) potrebbero essere senza orario? Ma la gestione di un Reparto (UOC) non può essere fatta senza una presenza costante del “Capo”. Quella presenza richiesta (con tanto di cartellino) da tutti i contratti degli ultimi 40 anni. Solo fino a metà degli anni settanta, ad esempio, i medici non erano tenuti alla timbratura. Ma allora non c’era orario e il guadagno era almeno cinque volte superiore a quello attuale. “Ti pago sulla qualità di ciò che fai…”, propone Poletti, che nulla sa di FSN, di sanità pubblica, di contratti pubblici. Anche se, purtroppo, è il ministro del lavoro.
Ancora (ma potremmo proseguire all’infinito) come potrebbe essere gestita una UOC (unità operativa complessa) od una Divisione se, essendo piena di genii e di premi Nobel, ciascuno di loro potrebbe lavorare poche ore alla settimana, dato l’alto rendimento? Sono un genio, posso fare il medico da casa, con la telemedicina? Sono un genio, sono esentato dalle guardie ospedaliere e dalla pronta disponibilità?
Poletti? Un ministro del lavoro che “sproloquia “ sul lavoro pubblico, senza conoscerlo. Ci fa rimpiangere Sacconi….
MADIA
La riforma della P.A. ,voluta dal governo Renzi, avviene attraverso numerose puntate, sofferte e di difficile applicazione. Soprattutto quelle relative alla rottamazione della dirigenza, ovvero del divieto ai pensionati di coprire cariche dirigenziali retribuite.
L’enorme riforma della pubblica amministrazione ha partorito un topolino. Non ha inciso concretamente sull’organizzazione del lavoro; non ha premiato il merito; non ha smontato la burocrazia elefantiasica e borbonica; non ha ridotto il numero delle carte e dei documenti cartacei; non ha semplificato le procedure; non ha informatizzato la maggior parte dei processi operativi. Non ha risolto il problema della privacy. Non ha sistemato gli organici. Non ha inciso sulle prassi antiquate…..
E così, nel tentativo di modificare le cose, alla legge Madia hanno fatto seguito numerosi decreti legislativi, seguiti da circolari interpretative che poco hanno chiarito.
Ma una cosa la Madia è riuscita a fare. A rottamare i dirigenti, pensionabili e con 65 anni di età, vietando loro la assunzione di incarichi gestionali retribuiti e consentendo agli stessi solo incarichi gratuiti, della durata di un anno.
Poiché la legge lasciava adito a dubbi e poiché alcune Regioni avevano fatto le “furbette”, ecco allora che, nei giorni scorsi la Madia ha fatto varare una ennesima circolare interpretativa (n°4, 10/11/15) per dirimere decine di dubbi interpretativi. Prodotti anche dal Governo stesso, che non si meritava di produrre eccezioni alla norma di legge, pretendendo di distinguere tra nomine dirigenziali “a valenza politica” (che sarebbero sfuggite alla legge Madia) e nomine dirigenziali “ordinarie”. Insomma, ancora una volta figli e figliastri, secondo la prassi di R. Da un lato, pensionati nominati dirigenti dal governo (con retribuzione), dall’altro, pensionamento obbligatorio dei dirigenti a 65 anni, con proroga solo di un anno, ma senza retribuzione…. “Per gli amici degli amici, non rottamo, per gli altri vale la rottamazione”.
Da ciò numerosi quesiti di chiarimento. Da ciò la necessità di una recente Circolare interpretativa emanata dalla Funzione Pubblica (n° 4 del 10.11.15 ) per dirimere una serie di dubbi interpretativi. Che, purtroppo, restano. Siamo in Italia, quindi la citata circolare interpretativa ha chiarito molto poco.
La regola generale vale per tutti, esclusi i direttori musicali, i direttori dei corpi di ballo, i direttori del coro, gli incarichi di docenza, gli incarichi nei comitati etici e di garanzia, gli incarichi negli organi consultivi. Invece la legge andrebbe rigidamente applicata agli organi gestionali di Fondazioni pubbliche e private, degli Ordini professionali, delle articolazioni del SSN etc.
Creando, ovviamente, una crisi generale nel mondo professionale, i cui vertici sono frequentissimamente affidati ai pensionati, anche per ovvi motivi di tempo.
Insomma, la lettura della Circolare non consente di chiarire tutti i dubbi interpretativi. Innanzitutto, i motivi che sono alla base dei divieti e delle deroghe, ossia della applicazione rigida della legge o della sua elusione.
In secondo luogo, la certezza che anche la citata circolare non sarà l’ultima della serie. Perché, non finisce qui…il caos applicativo.
Ad maiora!