L’intervista concessa a Federico Fubini da Lars Feld, uno dei cinque consiglieri del Governo tedesco (sorvoliamo sulla definizione di saggio), riguarda solo apparentemente il problema della sistemazione delle nostre crisi bancarie, perché delinea chiaramente lo stato precario in cui versano le relazioni intraeuropee. Lo avrei intitolato, in modo benevolo, “L’Europa che non c’è” e, in modo malevolo, “L’Europa in malafede”. Ho scelto un misto delle due.
La tesi di Feld ha contenuti che si possono considerare di una scoraggiante spudoratezza. In breve: la Germania ha assistito abbondantemente le banche, in “piccole” dosi ancora lo fa e se la banca è pubblica può farlo quando vuole (Fubini, sei certo che ha detto così?). Ciò che fa la Germania è quindi sempre buono. L’Italia non ha fatto lo stesso a tempo debito e ora non può farlo più. Penalizzare gli azionisti delle banche (cosa che sempre è stata fatta), gli obbligazionisti subordinati e normali, nonché i depositanti che possiedono più di 100 mila è scelta che migliora la stabilità del sistema bancario; qualora non succedesse “ ci sono strumenti europei per gestirlo” (perché non ci ha detto quali sono?). Fubini non gli ha chiesto chi informa i depositanti sullo stato della loro banca e che cosa succede se i Fondi tutela depositi esauriscono le risorse previste e si mette in moto la pompa del distributore automatico di soldi che metterebbero in crisi le banche, un punto (tra i tanti) che la direttiva europea non prevede (secondo gli accordi europei che non indicano mai come regolare gli stati di crisi).
Ribadisco la mia idea che la Merkel è più intelligente del suo elettorato, anche se deve tenerne conto. Spero, sono quasi certo, che non sta a sentire i suoi consiglieri, perché se lo avesse fatto l’Europa non esisterebbe già più. Feld ha descritto lo stato delle relazioni intereuropee, perciò considero la sua intervista un chiaro specchio dell’Europa che non c’è. Se l’Italia ha sbagliato – valutazione che condivido e che ho già espresso pubblicamente – peggio per lei (che, invece, non condivido). Aveva diritto di farlo come la Germania, dice Feld, ma non lo ha fatto e ora paghi le conseguenze (grande concetto giuridico nuovo!). Se i risparmiatori sprovveduti di informazioni e di cultura finanziaria sbagliano, peggio per loro (il mio insegnante diceva che chi è fesso deve restare a casa). Se le crisi hanno origine in politiche internazionali (come la crisi dei crediti subprime americani), in politiche europee (ritardi decisionali e rigidità fiscali) o in politiche interne errate (tante), siano i risparmiatori e le banche a pagare, non gli Stati responsabili degli errori. Si sostiene che lo si fa per proteggere la collettività, mentre di fatto sono le autorità ad essere protette.
Chi è più responsabile, la collettività che ha scelto le autorità o i depositanti od obbligazionisti che hanno scelto la banca? Questa è la visione delle relazioni intraeuropee e dei principi di etica sociale che muove i tedeschi e fa ripiombare la società europea indietro di secoli nella costruzione di una convivenza civile. Dietro le tesi di Fuld vi è un’Europa in malafede che nega ai popoli che sbagliano, secondo una filosofia che viene trasformata in verità, il diritto a essere nazioni o membri di un agglomerato civile delle stesse. Il titolista dell’intervista giustamente la sintetizza: “Dovrete colpire i risparmi privati e forse vi servirà un salvataggio Ue” che implica la perdita della sovranità fiscale, come accaduto per la Grecia. Spero che sia un disegno perverso di Feld e non della Merkel, ma sarebbe sbagliato lasciar passare una diagnosi come quella abilmente fatta emergere dal bravo Federico Fubini.