Il progetto è ambizioso e dalle conseguenze imprevedibili, è ancora a livello embrionale e i politici che ne sentono parlare a volte alzano il sopracciglio. L’intenzione del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sarebbe infatti quella di concentrare tutto il potere a Palazzo Chigi anche in tema di politica estera, di difesa, di intelligence creando una struttura formalmente guidata dal consigliere diplomatico sotto il cui “cappello” si troverebbero tutti gli altri, comprese le forze di polizia, anche se non è chiaro come. L’obiettivo è di creare qualcosa di simile al Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense, tentativo abortito non molti anni fa in Parlamento. Ma Renzi vorrebbe realizzarlo gradatamente, attuando provvedimenti amministrativi quando necessari e comunque evitando l’iter parlamentare, dove un progetto del genere quasi certamente non avrebbe il via libera.
Nelle intenzioni del presidente del Consiglio la prima mossa con effetto domino potrebbe essere la scelta del consigliere diplomatico che presto dovrà succedere all’ambasciatore Armando Varricchio, destinato alla prestigiosa sede di Washington. Chi siederà al suo posto dovrebbe coordinare anche l’ufficio del consigliere militare, sguarnito dal 9 ottobre scorso. Non è un caso, infatti, che Renzi non abbia scelto il successore del generale Carlo Magrassi, nominato segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti (l’incarico più importante dopo quello di capo di Stato maggiore della Difesa). Magrassi era il vero candidato di Renzi come direttore dell’Aise, l’agenzia dei servizi segreti per l’estero, ma nel giugno 2014 alla fine la scelta cadde su Alberto Manenti e il presidente portò Magrassi con sé a Palazzo Chigi.
L’ipotesi di accentramento di poteri alla presidenza del Consiglio sta causando alcune perplessità in vari ministeri. All’ipotetico supercomitato per la sicurezza nazionale andrebbe per esempio la competenza sulla cyber security, alla quale sono stati appena assegnati 150 milioni di euro dopo gli attentati di Parigi e che oggi è gestita dallo Stato maggiore della Difesa, così come competenze sull’intelligence che aprono alcuni interrogativi. Ferma restando la struttura che prevede il coordinamento del Dis, Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, e le agenzie Aise e Aisi in base alla legge del 2007, il ruolo dell’autorità delegata (oggi il sottosegretario alla Presidenza Marco Minniti) resterebbe lo stesso o passerebbe alla nuova struttura? E cambierebbe qualcosa al Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, «organismo di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e le finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza», del quale fanno parte presidente del Consiglio, autorità delegata, direttore del Dis e i sei ministri più importanti?
In pratica, i ministeri degli Esteri, dell’Interno e della Difesa perderebbero competenze o comunque in qualche caso sarebbero ridotti a esecutori, perché l’idea sarebbe di andare ben oltre l’ovvio indirizzo politico della presidenza del Consiglio. In tutto ciò, non saranno secondarie le scelte da fare prima della prossima estate, visto che a maggio scadrà il mandato dell’ambasciatore Giampiero Massolo, direttore del Dis, e a giugno quello del generale Arturo Esposito, oggi direttore dell’Aisi. Ma prima di valutare i nomi di candidati, il governo dovrà decidere se cambiare proprio in mezzo al Giubileo.
Stefano Vespa