“La diga antifascista ha tenuto”; “Il Fronte repubblicano ha vinto”: insomma i barbari sono stati cacciati. In questa euforia post-elettorale francese ci sono dettagli non trascurabili da sottolineare.
La sinistra, di governo e non, ha perso in voti e in potere; e forse anche in dignità, quando ha chiesto ai propri elettori di votare per la destra, per impedire la vittoria ai nazionalisti. La destra ha perso in voti e in credibilità risultando in sostanza dipendente dall’aiuto dei voti della Sinistra. I nazionalisti hanno perso perché non sono riusciti a rompere il loro isolamento e non hanno conquistato neppure una Regione (e quelle, se pur amministrativamente non importanti, erano in gioco).
Quindi da ora in avanti le grandi forze politiche in Francia non sono più due, Destra e Sinistra, con un Centro oscillante in qua e in là, ma tre, destra, sinistra e nazionalisti. Oltretutto con forti fratture al proprio interno; nella sinistra tra socialisti, ecologisti, comunisti, sinistra socialista, gruppettari vari rivoluzionari; nella destra tra sarkosisti e suoi oppositori, Juppé, Nathalie Kosciusco-Morizet, Le Maire, Copé eccetera; senza linee politiche definite, ma tutte riferite alla politica da fare nei confronti dei nazionalisti (per esempio Laurent Wauquiez, che è riuscito a strappare alla sinistra la regione Auvergne-Rhone-Alpes, astro nascente della destra francese, per vincere ha usato tra l’altro questi slogan “Immigrazione: basta! François Hollande: basta! Bruxelles: basta!”, cioè gli stessi dei nazionalisti, salvo un dettaglio: loro, al basta Hollande! hanno aggiunto il basta Sarkozy!); nei nazionalisti tra i vecchi combattenti e reduci coloniali (se pur ormai decimati), i nazionalisti cattolici integralisti, i laici “sociali”, gli oppositori e gli “amministrativi”.
Quindi tre grandi forze politiche, con grandi differenze politiche, ideali, ma anche di potere. Destra e sinistra cercano di demonizzare i nazionalisti, definendoli fascisti, non repubblicani, xenofobi e quant’altro; terminologie non corrispondenti alla realtà di oggi, perché il Fronte Nazionale non è fascista, non è xenofobo ed è “repubblicano”, come gli altri.
“Repubblicano”: su questo termine si giocherà gran parte della la lotta politica futura in Francia; chi è “republicain” ha diritto alla politica e al potere; chi non lo è, deve restare fuori (un po’ come successe in Italia con le cosiddette forze “dell’arco costituzionale”, per mettere fuori gioco i nostalgici nazionalisti di destra e gli extra parlamentari di sinistra). ”Republicains” sono quelli che si riconoscono nei valori della rivoluzione francese, libertà, fratellanza, eguaglianza e poi nella “dichiarazione dei diritti dell’uomo”, nella laicità e nella universalità dello Stato. Allora tutti ormai sono “republicains”. La finta barriera più usata sembra quella delle politiche sulla immigrazione ; l’universalità dello Stato, la sua laicità, la fratellanza avevano consentito alla Francia di essere un Paese aperto alle immigrazioni (a cominciare da quelle delle sue ex colonie) e alle religioni, le più diverse. Oggi le cose sono cambiate: sindaci di destra e di sinistra sono contro le immigrazioni di massa e non controllate; e sono anche contro a religioni invasive e aggressive.
Quindi le differenze tra “republicains” e “nationalistes” sembrano essere sempre più scivolate sulle politiche da fare, piuttosto che sui principi ; e sulle politiche da fare forti differenze devono essere registrate anche nel campo della Destra-Sinistra, chiamato dalla nazionalista Le Pen, PDS (Partito Destra-Sinistra) o nomi simili.
Quindi la “forzata” ghettizzazione dei nazionalisti è un falso democratico e un errore, che rischia di costare caro alla Francia e all’Europa. I nazionalisti sono cresciuti enormemente; hanno preso più di 6,8 milioni di voti in queste ultime elezioni e sono passati da 118 a 358 consiglieri regionali, in un sistema elettorale semi-maggioritario e con il peso artificiale di un Fronte Repubblicano (Destra-Sinistra) creato contro di loro.
Il sistema politico maggioritario sta mostrando tutti i suoi limiti in Francia, ma anche in molti Paesi “latini”, ove cultura e politica stanno nel sangue della gente; il 50% dei non votanti al primo turno e il 40% al secondo, nonostante la crociata “antifascista”, non rappresentano “deleghe” disinteressate per chi vince, ma sono quasi tutti voti di protesta contro i partiti in lizza, dati “possibili vincenti” dall’attuale sistema elettorale, e contro i loro candidati.
Il Fronte Repubblicano opposto al Fronte Nazionale, oltretutto con slogan e argomentazioni spesso sparati senza alcuna logica (come quelli del primo ministro socialista, nato in Spagna, sul FN portatore del pericolo di guerra civile o sui lepenisti paragonati agli estremisti islamici), è una leggerezza; non solo perché falsa la volontà popolare (socialisti e sarkozisti – neanche liberali – assieme) ma anche perché lascia ai nazionalisti uno spazio politico smisurato, ove continuare a mietere consensi, talvolta anche per esclusione (“non voglio votare il Fronte Repubblicano e quindi voto per… la Francia, la Nazione”). E la soluzione? Ripensare ad un sistema elettorale corretto, capace di rispettare la volontà e il peso di tutti, con accordi di programma per governare; senza lasciare nessuno, in un angolo, a piangersi vittima e a mietere consensi, soprattutto tra le vittime vere della Francia di oggi.