Adesso ne siamo certi. Noi 300 di Leonida e tutte le decine di persone che, come noi, hanno presentato esposti alle Procure Regionali delle corti dei Conti, diamo fastidio al potere.
Ne siamo certi da quando è uscito l’articolo di Giuliano Cazzola su Italia Oggi il 18 dicembre scorso sulle pensioni e sulla “quaestio” della dicotomia tra assistenza e previdenza, nei bilanci Inps.
Per chiarire il tutto, dobbiamo riportare integralmente l’incipit dell’articolo citato. “È ricomparsa all’orizzonte (sostenuta persino da talune organizzazioni che si sono prese la briga di presentare esposti alla Corte dei Conti) la leggenda metropolitana secondo la quale (contrariamente a quanto hanno sostenuto e sostengono tutti gli osservatori internazionali ed una convergente letteratura previdenziale da mezzo secolo) non ci sarebbe un problema pensioni dal momento che basterebbe distinguere le prestazioni assistenziali da quelle prettamente previdenziali: le prime a carico del fisco, le seconde alla contribuzione sociale. Il fatto è che la conclamata separazione è stata realizzata da quasi un trentennio ed ambedue le tipologie di spesa (sia sotto forma di assistenza che di previdenza) finiscono sempre nel conto dell’azienda Italia. In realtà, prima ancora che di una distinzione di carattere finanziario, siamo in presenza di un criterio di opportunità (assai furbesco, tipico del genio italico). Capite? Con un classico ragionamento democristiano d’antan, il Cazzola vorrebbe farci “bere” una favola: quella che di queste cose si possa fare un unico fascio. Ma noi, che pur non siamo economisti ma semplici cittadini attenti sia alla cosa pubblica che al “nostro particolare”, ci permettiamo di non credere alle favole. E, per questo, cerchiamo di essere pragmatici. Il bilancio Inps è cosa diversa dal bilancio dello Stato. Inps significa “Istituto Nazionale Della Previdenza Sociale”, istituto con una sua gestione autonoma, un suo bilancio autonomo, un suo CIV (Consiglio di Indirizzo e Vigilanza). Trattasi, altresì, di Inps e non di Inpas come si sarebbe dovuto chiamare se gli fosse stato anche affidato un ruolo assistenziale prevalente. Inpas, esattamente come Enpam o Onaosi, enti-fondazioni con funzione assistenziale “istituzionale”.
Comunque sia, e lo ribadiamo, da decenni l’Inps svolge una funzione “assistenziale” non legata a contributi e ben diversa da quella previdenziale, legata a contributi versati. Detta funzione assistenziale, tuttavia, nei bilanci dell’Inps – anche degli ultimi 3 anni – non risulta chiaramente identificata, talché molte voci “previdenziali” non lo sono essendo invece o totalmente assistenziali o di tipo misto (ossia solo parzialmente legate a contributi). L’esame dei bilanci Inps 2013-2014, al proposito, fa ipotizzare che circa il 20-28% della spesa corrente Inps sia di natura assistenziale, anche se mascherata sotto voci quali “pensione sociale e simili”.
È vero, come dice Cazzola, che una legge (88/1989, art.37) prevedeva la separazione tra assistenza e previdenza e che le prestazioni assistenziali fossero a carico dello Stato. Correttezza avrebbe voluto che, da allora (e sono passati 26 anni), queste voci assistenziali ( cioè i relativi introiti e le relative spese) fossero nettamente identificati nel bilancio annuale Inps, con apposito capitolo ed apposite voci analitiche. In assenza di tutto ciò, quale certezza ci rimane dato che, dal 1989 ad oggi, la relativa spesa complessiva sia stata correttamente finanziata dallo Stato, ossia dal Ministero dell’Economia? Nessuna. Tanto più che una legge del 1997 (449/1997) ha ulteriormente allargato i compiti assistenziali dell’Inps, facendogli prendere in carico ben 2 milioni di “pensioni di invalidità dei coltivatori diretti”, e confondendo – ancora una volta – il termine “pensione” con previdenze assistenziali non supportate da contributi, se non in minima parte. Sono pensioni, forse, quelle degli invalidi civili? Per noi persone di una certa età, la cosa ricorda il passaggio dall’Inam al Ssn, dovuto fondamentalmente non ai buchi gestionali dall’Inam, ma alla mancanza di contributi da parte dei coldiretti e di commercianti vari. Dice Cazzola, “la gestione degli interventi assistenziali (GIAS) presso l’Inps è per definizione in assoluto pareggio, in quanto lo Stato assicura completamente la copertura delle relative prestazioni”. Proprio questo noi contestiamo. Non c’è nessuna certezza che la quota trasferita dall’Economia all’Inps (circa 98-100 mld) sia erogata totalmente, con cadenze mensili e sufficiente a coprire totalmente le spese assistenziali (calcolate correttamente o no ?).
Sostiene Cazzola che, dopo la donazione dello Stato all’Inps di 160.000 miliardi di lire (anno 1998) a chiusura del contenzioso precedente, negli ultimi 17 anni “il bilancio Inps viene compilato in modo conforme a quanto previsto dalla legge”. Previsto dalla legge, ma confuso. C’è da chiedersi se volutamente confuso, anche ora che dalla gestione Mastrapasqua siamo passati a quella di un Bocconiano. Che, però non ha ritenuto doveroso fare “pulizia” nel bilancio in questione, consentendo a noi – poveri cittadini – se è vera o no la fola di Cazzola che “tutto va ben” nel campo assistenziale.Che il problema sia grosso e vada verificato con cura (esposto alla Corte dei Conti) deriva anche dal dato di fatto che, dal 2008 ad oggi, le voci assistenziali o miste sono nettamente aumentate in numero ed in costo, data la perdurante crisi economica e dati gli effetti perversi della legge Fornero.
Non solo. Ma noi, pensionati pubblici ex Inpdap, vogliamo chiarezza anche per altri motivi. Per tutta la nostra vita lavorativa abbiamo avuto trattenute pensionistiche “elevate e reali”, contribuendo a generare casse autonome (es. CPS) attive e con un ricco patrimonio immobiliare. La creazione dell’ Inpdap ci ha creato un danno enorme, di cui non siamo responsabili. Il patrimonio immobiliare CPS- Inpdap è stato svenduto, ma noi ne eravamo gli azionisti. Ancora: siamo una fascia pensionistica che ha subìto gli assalti delle varie finanziarie annuali, con tagli della rivalutazione annuale e con prolungati contributi di solidarietà. Infine, ora lamentiamo che Renzi abbia violato (legge 190/2015), la sentenza della Consulta che ci dava ampiamente diritto a recuperare il maltolto.
In queste condizioni abbiamo deciso di difenderci e di tutelare il nostro “ risparmio coatto”, quello legato alle trattenute previdenziali (alte) versate per oltre 40 anni di lavoro, trattenute strettamente collegate al valore del nostro stipendio. Valore reale, noto e certo, non fittizio. Per questo vogliamo chiarezza. Per questo chiediamo alla Corte dei Conti di dirci se i nostri dubbi sono fasulli e se l’Inps compie fino in fondo i suoi doveri economici, gestionali e istituzionali. E lo dico conoscendo bene il persistente deficit annuale Inps, l’elevato costo gestionale dello stesso, l’aumento della componente assistenziale, le velleità gestionali di Tito Boeri. Costui pochi giorni fa ha pubblicamente detto – nel corso di un’audizione parlamentare – che l’Inps deve ancora ricevere dal governo una cifra superiore ai 90 mld di euro. Alla faccia di Giuliano Cazzola e di chi la pensa come lui.
E allora? Perché noi, pensionati corretti, dovremmo aver paura di difendere le nostre pensioni da chi vorrebbe regalarle, in parte, alle cicale o a chi – non avendo lavoro – non ha potuto costruirsi un vero futuro pensionistico?