Il rottamatore ha rottamato il Cnel, ma solo un po’. Ha rottamato le province, ma solo un po’. Ha rottamato i comuni ed i segretari comunali, ma solo un po’. Una cosa, il rottamatore ha rottamato alla grande. La rappresentanza sociale. Quella che consentiva (al Cnel) di discutere del mondo del lavoro, senza la “pressione” di contratti pubblici o privati. Quella che consentiva (al Cnel e nella sala Verde di Palazzo Chigi) di fissare alcuni paletti essenziali sui problemi, contingenti o strutturali del mondo del lavoro. Quella che consentiva (a Palazzo Vidoni o in via del Corso) di elaborare i presupposti per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego (ora p.a.) E per varare, come nel caso di Aran, i contratti pubblici sotto l’occhio delle regioni.
Le regioni, rottamate anche loro? Quanto meno, in questi mesi sono risultate del tutto assenti dalle discussioni per la riorganizzazione della p.a., sui comparti, sulla dirigenza pubblica. Anche se a noi non risulta che Renzi abbia concluso il percorso costituzionale di modifica del titolo v° della Costituzione.
Sindacati rottamati. Per risparmiare, Renzi e Madia hanno ulteriormente infierito sull’organizzazione dei singoli sindacati/confederazioni, tagliando distacchi e permessi sindacali. Giusto o sbagliato? Noi ci limitiamo ad annotare che tutti gli ultimi governi sono stati costantemente protesi a mettere il bavaglio ai vari sindacati, sia quelli confederali (più legati al potere di turno) che quelli autonomi (più difficili da controllare). È molto, molto discutibile che ciò rappresenta una crescita democratica, in un Paese sempre più gestito da una ristretta oligarchia. Primanquella del cerchio magico di Arcore, oggi quella della confraternita dei toscani, piena di democristiani riciclati nel Pd e zeppa (lo vediamo da mesi ) di conflitti di interesse. Una oligarchia povera di contrappesi. Una oligarchia che distrugge i diritti acquisiti, che non rispetta le sentenze della consulta, che occupa tutti i posti di potere disponibili. Con accordi estemporanei finalizzati a frammentare i possibili avversari. Pensioni; contratti di lavoro pubblici; continuo impatto legislativo sulle precedenti, pluriennali, regole contrattuali; violazione della normativa europea in merito all’orario di lavoro in sanità; assenza di programmazione (sanitaria e non solo); pressapochismo legislativo e gestionale, con leggi e decreti scritti talmente male da richiedere circolari interpretative a iosa. Infine, last but not the least, deroghe governative a regole scritte dallo stesso governo.
Un piccolo esempio, su tutti. Possono, i vecchi e nuovi membri della corte costituzionale (pensionati tutti, o quasi tutti, data l’età veneranda) essere retribuiti per l’incarico alla consulta o lo dovrebbero fare in modo gratuito, per un solo anno? Si tratta o no, per costoro, di un incarico dirigenziale ?
Con le sue sentenze, la consulta incide o no sulla gestione di enti pubblici e privati?
Noi buttiamo la questione sul tavolo e attendiamo risposta. Non siamo giuristi, ma non ci sembra una risposta facile. Per quanto ci riguarda crediamo che il ruolo delle parti sociali sia indispensabile per una democrazia piena. Possiamo ridiscutere la natura ed i compiti dei sindacati negli anni 2015-2030, ma non possiamo accettare – come fa Renzi – di ritenerli inutili, sorpassati, ininfluenti. Chi troppo vuole, alla fine, nulla stringe. Erano decenni che i medici uniti non andavano in piazza. L’hanno fatto e lo rifaranno, per denunciare chi vuole trasformare una sanità pubblica ancora apprezzabile in un lazzaretto, come negli anni cinquanta. Ma i medici sono solo in uno dei quattro, ipotetici, comparti pubblici!