Auguri di buon anno al presidente del Senato, Pietro Grasso, perché nel 2016 non si lasci indurre in tentazione, secondo la più celebre preghiera cristiana, dal conflitto d’interesse nelle urne del referendum sulla riforma costituzionale. Ch’egli sta socraticamente subendo, data la sua dichiarata propensione per un cambiamento meno radicale del Senato, alla cui guida è fortunosamente arrivato all’inizio di una legislatura così poco gratificata dalle circostanze da portare il numero 17.
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Auguri di buon anno alla presidente della Camera, Laura Boldrini, perché alla fine del 2016 non si ripetano gli equivoci della siberiana conferenza stampa di fine anno vecchio del presidente del Consiglio, appena svoltasi in locali di competenza proprio della Camera. Dove i giornalisti, come pastori nel presepe, hanno dovuto avvolgersi in sciarpe e cappotti, mancando di pecore al collo, per difendersi dal freddo. Prim’ancora che dalle sfide di Matteo Renzi, pronto a procurare un anno di brividi con un referendum costituzionale da resa dei conti politici, e anche personali.
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Buon anno al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, perché il 2016, con i rischi terroristici che si corrono dappertutto, gli risparmi incidenti compromettenti per quel poco o niente di “quid” contestatogli da Silvio Berlusconi già prima della rottura.
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Buon anno al segretario leghista Matteo Salvini, perché il 2016 gli risparmi altri guadagni elettorali che chiamerei di terzo tipo, non potendolo portare da soli a Palazzo Chigi per la ulteriore polverizzazione che procurerebbero al centrodestra, di vecchio o nuovo conio.
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Buon anno naturalmente a Silvio Berlusconi, perché il 2016 gli risparmi la sorpresa di un clamoroso e per lui imbarazzantissimo ripensamento della coppia politica e familiare Sandro Bondi-Manuela Repetti. Che lui, generoso sino all’impenitenza, sarebbe capace di riprendersi e ospitare, magari nelle stalle ormai vuote della villa di Arcore, dove il suo segretario ha sognato invece di essere stato divorato da un Conte Ugolino sfuggito alla fantasia di padre Dante.
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Buon anno persino a Beppe Grillo, perché il 2016 gli risparmi la disgrazia, per la quale lavorano in tanti, a destra, al centro e a sinistra, di vincere con qualcuna delle sue controfigure politiche la scalata al Campidoglio. Dove neppure le grandi risate di cui egli è capace, sul palco o in platea, potrebbero salvarlo dal fallimento. O persino dal rimpianto di Ignazio Marino.
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Buon anno al pur arcigno ma sempre blasonato Massimo D’Alema, perché nel 2016 riesca a produrre, bianco o rosso che sia, tanto di quel vino da potersi ubriacare solo all’odore: di gioia se il suo rottamatore toscano perdesse il referendum ormai della vita, di disperazione se lo vincesse. Nell’uno e nell’altro caso, comunque, D’Alema non sarebbe solo a bere nel suo partito.
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Buon anno alla ministra Maria Elena Boschi – non Maria Etruria, come la sfotte Marco Travaglio giocando sul controverso o discusso ruolo del babbo nella gestione fallimentare dell’omonima banca – perché nel 2016 non ripeta lo strafalcione storico e politico che non le ho perdonato nel 2015, qui su Formiche.net. Quando, per giustificare l’esordio inevitabilmente pasticciato del Senato non direttamente elettivo – sempre che il referendum non lasci le cose come stanno, con conseguente e rovinosa crisi di governo – ha attribuito anche al primo Senato della Repubblica una formazione anomala: nominato dal capo dello Stato e non eletto dai cittadini.
Il fatto, poi rivelatoci cortesemente dall’ex senatore udicino Maurizio Eufemi, che la giovane ministra fosse stata indotta in errore da un intervento della meno giovane compagna di partito, e presidente della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, definitasi scherzosamente sua “zia” politica, non riduce di molto l’errore. E’ un’attenuante di poco conto per una ministra che non è solo delle riforme, ma anche dei rapporti con il Parlamento.
In realtà, solo un terzo circa di quel primo Senato della Repubblica fu nominato dal capo dello Stato per una disposizione “transitoria” della Costituzione a favore, fra gli altri, degli ex presidenti del Consiglio o di assemblee legislative, esponenti superstiti del disciolto Senato, parlamentari fatti decadere dal fascismo nel 1926 per essersi polemicamente ritirati sull’Aventino e quanti avessero scontato non meno di 5 anni di carcere per ordine del tribunale speciale fascista.
I rimanenti due terzi del primo Senato repubblicano furono regolarmente eletti dal popolo sovrano, senza tante storie e sotterfugi.
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Buon anno al magistrato in aspettativa Raffaele Cantone, perché nel 2016 non crescano ancora le competenze affidategli da Renzi alla guida dell’Autorità Nazionale Anti-corruzione. Un sovraccarico di compiti che, per la possibile confusione nei rapporti già pasticciati fra magistratura e politica, ha cominciato a impensierire anche l‘Unità di conio renziano, come si è capito da una recente nota politica di Claudia Fusani. Buon anno anche a lei, naturalmente.
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Buon anno infine a Mario Calabresi, che ha firmato l’ultimo numero del 2015 della Stampa accomiatandosi dai lettori dopo 6 anni e 8 mesi di direzione. E che da metà gennaio dirigerà la Repubblica, dove il fondatore Eugenio Scalfari, dichiaratamente infastidito per le modalità della nomina, non ha ancora trovato il tempo di preannunciargli pubblicamente un ben venuto, magari fra un elogio e l’altro della Misericordia giubilare predicata e praticata dall’amico Papa Francesco.