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Natale, tutti i balletti del vescovo di Padova

È un vescovo dallo stile bergogliano quello che sta facendo discutere mezza Italia sul tema delle tradizioni cristiane di Natale. Si tratta di monsignor Claudio Cipolla, 60 anni, originario di Goito nel mantovano, con una predilezione per i poveri e poco avvezzo a certe ritualità ecclesiastiche, tanto che nel giorno del suo recente insediamento alla guida della Diocesi di Padova ha chiesto ai fedeli di chiamarlo solo don Claudio spiegando che “non mi si addicono, e così deve essere almeno per noi cristiani, titoli, onorificenza, primi posti. Non posso accettare distanze sociali e di classe”.

Uno, quindi, che non ha intenzione di perdere il suo stile da parroco e direttore della Caritas, ruoli che ha ricoperto fino a pochi mesi fa a Mantova. All’annuncio della sua nomina, voluta da Papa Francesco, i giornali veneti erano stati colti di sorpresa dopo aver visto sfumare i loro totonomi per il vertice di una delle Diocesi più grandi del bianco Nord Est. Poi sono arrivate quelle dichiarazioni parecchio sui generis di due giorni fa con tanto di scontata precisazione e mezzo dietrofront finale; il tutto, nel bel mezzo delle polemiche sui canti di Natale e i presepi vietati in certe scuole per non urtare le sensibilità di alunni atei o di altre religioni.

COSA HA DETTO MONSIGNOR CIPOLLA

Al termine del funerale di don Luigi Mazzucato, storico direttore del Cuamm (l’ong Medici con l’Africa), una giornalista dell’emittente televisiva Rete Veneta ha posto a monsignor Cipolla la seguente domanda: “Si parla in questi giorni di celebrare il Natale anche nelle scuole. Alcuni presidi dicono: evitiamo i canti di Natale per non offendere la sensibilità di chi non è cristiano. Lei cosa ne pensa?”. La risposta del vescovo ha lasciato di stucco: “Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace, nell’amicizia e nella fraternità. Non vorrei che ci presentassimo pretendendo qualsiasi piccola cosa che magari la nostra tradizione e la nostra cultura renderebbero come ovvie. Se fosse necessario per mantenerci nella tranquillità e nelle relazioni fraterne tra di noi non avrei paura a fare una marcia indietro su tante nostre tradizioni”. Il riferimento al presepe e ai canti natalizi è evidente; è di quello che le chiedeva conto la cronista, e su quelle “piccole cose” il vescovo Cipolla ha invitato a fare “tanti passi indietro” in nome della pace tra i popoli.

Peccato però che in quello stesso giorno il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino (non proprio un tradizionalista conversatore) ha usato toni perentori in ben altra direzione: “Lasciatemelo dire. Se questo è il Natale, trovo pretestuosa e tristemente ideologica la scelta di chi, per ‘rispettare’ altre tradizioni o confessioni religiose, pensa di cancellare il Natale o di camuffarlo scadendo poi nel ridicolo”. Chissà ora cosa ne penserà Galantino di quanto detto da Cipolla, e se riterrà pure i suoi “tanti passi indietro” un po’ ridicoli.

LA REAZIONE DEI LEGHISTI

Nel frattempo, in Veneto gli amministratori di centrodestra cavalcano la polemica. Il sindaco salviniano di Padova, Massimo Bitonci, ha avviato un’ispezione nelle scuole comunali per verificare che ci siano presepi e non anonime feste dell’inverno. L’assessora veneta alla Scuola, l’ex An Elena Donazzan, ha addirittura scritto alla direzione dell’Ufficio scolastico regionale per sollecitare controlli su eventuali “storture” nella gestione delle celebrazioni natalizie. Il leader della Lega Matteo Salvini ha invece invitato il vescovo a non avere paura delle tradizioni cristiane, mentre il governatore Luca Zaia ha spedito una lettera al vescovo in cui gli propone di “allestire un bel presepe e tacere”. Fa riflettere infine quanto scritto dal vaticanista de La Stampa Marco Tosatti nel suo blog: “Questo tipo di comportamento – l’appeasement – nella storia ha dato risultati pessimi. Con il dialogo questo non ha a che fare; il dialogo presuppone il rispetto reciproco, anche delle proprie storie”.

LA PRECISAZIONE CHE SA TANTO DI DIETROFRONT

Accortasi del polverone mediatico sollevato, nel pomeriggio di ieri la Diocesi di Padova ha diramato una nota dal titolo “Religioni e tradizioni per la pace” per precisare il significato delle parole di monsignor Cipolla. Un intervento però che sa tanto di dietrofront, perlomeno parziale. “Non ho mai detto ‘rinunciamo al presepe’ e non ho mai fatto riferimento ad alcun luogo specifico” esordisce il vescovo nelle sue dichiarazioni, mentre il comunicato parla di “un’indebita attribuzione alle sue parole”. “Non sono contro la presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno contro le tradizioni religiose – puntualizza il prelato -, ma né le religioni né le tradizioni religiose possono essere strumenti di separazioni, conflittualità, divisioni”. In quest’ottica, aggiunge, “fare un passo indietro non significa creare il vuoto o assecondare intransigenze laiciste, ma trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo. Le fedi religiose – conclude – , in particolare la fede cristiana, costruiscono, infatti, relazioni, rispetto, dialogo e aprono ponti. Tutto ciò significa rifiutare ogni forma di strumentalizzazione polemica, perché le fedi sono sempre occasioni di incontro e di reciprocità, senza rinunciare alla propria storia, ma riscoprendone il valore più autentico”.

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