In vista del fatidico 7 febbraio, data scelta per le primarie milanesi del “centro-sinistra” dopo la rinuncia di Giuliano Pisapia a ricandidarsi, lo scenario è aggrovigliato. La pluralità delle candidature e la contendibilità della designazione costituiscono l’essenza di un appuntamento che dovrebbe però coinvolgere un’area politicamente omogenea con un progetto d’insieme e alcuni obiettivi prioritari qualificanti. Di tutto questo al momento c’è ben poco.
Dietro lo scontro sulle candidature emerge la resa dei conti con Matteo Renzi e, in primo luogo, la messa in discussione, da parte degli alleati, dell’identità del PD come “Partito della Nazione”. La componente più radicale della coalizione che governa Milano, guidata da Pisapia, non ritiene più sufficiente sostenere un candidato della minoranza PD come Pierfrancesco Majorino (cui viene rivolto il bizzarro invito a farsi da parte) ma lavora per un candidato proprio come il vice sindaco Francesca Balzani (già vicina a Sergio Cofferati nella sfortunata vicenda delle regionali in Liguria) contrapponendola a Giuseppe Sala.
Le primarie si trasformano così in una sorta di appuntamento elettorale anticipato che non sceglie tanto un candidato quanto la linea politica che dovrebbe essere prerogativa dei partiti. Non è un caso che la segretaria CGIL Susanna Camusso si sia subito schierata a fianco della Balzani. In un momento delicato, all’interno e all’esterno del paese, Renzi affronta a Milano una sfida difficile. La candidatura di Sala, che dopo l’Expo viene considerato dall’opinione pubblica “uomo del fare” risponde alle aspettative di una città come Milano, naturalmente aperta ad ogni esperienza che coniughi efficienza ed innovazione. Ma lo scontro si preannuncia violento e non è affatto certo che tutti i perdenti accettino l’esito delle primarie, tanto più se alcuni partiti della coalizione che governa il comune a Milano sono schierati in Parlamento contro Renzi “senza se e senza ma”.
Se rimanesse in campo Maiorino, cosa allo stato probabile, la candidatura Balzani non sarebbe facilmente in grado di prevalere su quella dell’ex Commissario di Expo. Per questo non è impensabile che l’attuale vice sindaco possa rinunciare alla competizione riaprendo il tema delle alleanze e mettendo in discussione le stesse primarie. La questione non sarebbe di poco conto ma allora le primarie potrebbero rientrare in un’alveo politico più naturale, trasformandosi da primarie di una coalizione eterogenea e rissosa in primarie di un partito, il PD.
Ne beneficerebbe una piattaforma politica e programmatica più chiara, pur mantenendo candidature come quelle di Sala e Majorino che esprimono sensibilità differenti e che possono (entrambe) richiamarsi a concetti di “continuità”.