(Seconda parte di un’analisi. La prima parte si può leggere qui. La terza e ultima parte sarà pubblicata nei prossimi giorni)
Gli attentatori, alcuni dei quali peraltro già noti alle forze dell’ordine belghe come pericolosi jihadisti, sono riusciti a muoversi all’interno di Molenbeek, mantenendosi al di sotto della soglia di attenzione da parte di un antiterrorismo le cui capacità – per quanto ci è dato sapere – sono state molto indebolite da pressioni politiche locali.
NON SOLO RECLUTAMENTO
Molenbeek, peraltro, oltre ad essere da anni un noto centro di reclutamento per combattenti da inviare nel conflitto siro-iraqeno, è un rilevante snodo del traffico di armi in mano alla criminalità organizzata. A conferma della pericolosità di Molenbeek, infatti, c’è da evidenziare che il suo nome ritorna a vario titolo nelle inchieste riguardanti alcuni importanti attentati jihadisti in Europa negli ultimi dieci anni (gli attentati di Madrid del 2004, l’attacco al museo ebraico di Bruxelles del 2014, l’attentato a Charlie Hebdo e quello al supermarket kosher di Parigi di quest’anno e, infine, il fallito attentato al treno veloce Amsterdam-Parigi di poco tempo fa). Quanto basta, insomma, per far suonare tutti i campanelli di allarme di un apparato di sicurezza.
UN PROBLEMA NOTO
Ma il problema non è certamente circoscritto al Moleenbek. È cosa nota da molto tempo, infatti, che il Belgio abbia, tra i Paesi occidentali, il numero più elevato, in rapporto alla popolazione, di cosiddetti foreign fighter diretti verso la Siria. Insomma, se da un punto di vista strategico la minaccia era reale e ben conosciuta sia dal decisore politico che dalle forze di sicurezza, da un punto di vista tattico l’allarme non è suonato. Gli apparati di sicurezza non sono stati in grado di penetrare la rete terroristica acquisendo quelle informazioni precise e dettagliate che, la storia insegna, permettono di sventare un attentato.
SCARSA COLLABORAZIONE?
Alla luce di tutto ciò è corretto parlare di scarsa collaborazione tra le intelligence nazionali e le forze di polizia cui sarebbe addebitabile il fallimento nella prevenzione del recente attentato? Direi proprio di no.
L’INEFFICIENZA CHE PESA
In questo caso sembrerebbe più corretto parlare di una inefficienza del sistema di sicurezza belga che, in un’Europa unita e priva di frontiere, ha provocato un danno diretto alla sicurezza francese. I belgi non sono stati in grado di prevenire un attentato che, pianificato e/o supportato all’interno del proprio territorio, ha colpito quello francese.
(2/continua)