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Porta a Porta, Ballarò, diMartedì. Gioie e fatiche dei talk show

Nei talk show si discetta di tutti i temi e a tutte le ore. Lo si fa spesso in modo autoreferenziale, catalizzando in cambio sentimenti di brutta politica. E se gli ascolti non pagano, per i protagonisti l’importante è partecipare.

È veramente così? Ne hanno discusso le deputate del Pd Anna Ascani e Lorenza Bonaccorsi, Emilio Carelli, Vice Presidente Confindustria Radio Televisioni, Giorgio Lainati, Deputato FI, Antonio Marano, Vice Direttore Generale Coordinamento dell’offerta Rai e Paolo Messa, Consigliere d’Amministrazione Rai. Punto di partenza è stato il volume “La fine dei talk show e il futuro della televisione, (Historica Edizioni, 2015) scritto da Gennaro Pesante, responsabile del canale satellitare della Camera dei deputati, presentato da I-Com, l’istituto di Competitività presieduto da Stefano da Empoli. A moderare c’era Bruno Zambardino, direttore dell’Osservatorio Media di I-Com.

L’OFFERTA

“Qualche anno fa c’erano solo “Porta a Porta”, “Ballarò” e “Matrix”. Ora c’è una folla di gente, quasi tutti politici, che ogni settimana prendono posto nei salotti di tutta la tv generalista. Li guardano in pochi, ma sono tutti contenti”, ha affermato l’autore del libro. Per farsi un’idea: “La domenica sera c’è “La Gabbia”; lunedì “Piazza Pulita” e “Quinta Colonna” in prima serata; martedì “Ballarò” e “diMartedì” in prima serata, poi “Porta a Porta” e “Matrix” in seconda serata; mercoledì solo “Porta a Porta”; giovedì in prima serata “Servizio Pubblico” e “Virus”, e “Porta a Porta” in seconda; venerdì chiude “Matrix””, ha ricapitolato Pesante.
Ma il canale più avvezzo al genere è La7: “Ne ha più di uno al giorno nel palinsesto: apre la giornata con “Omnibus” e la chiude con “Otto e mezzo” dal lunedì al venerdì, ovviamente senza contare “Piazza pulita” e “diMartedì””, si legge nel libro.

QUALCHE NUMERO

Se i telespettatori della tv generalista aumentano, il genere del talk non gode di buona salute. A parlare sono i dati Auditel relativi al triennio 2012/2014 che Pesante commenta così: “La corazzata “Porta a Porta” che aveva chiuso il 2012 con un milione seicentomila telespettatori e uno share del 17%, ha chiuso il 2014 con poco più di un milione duecentomila telespettatori e uno share del 13,20%. Passando su Rai2, c’è “Virus” che, nonostante la collocazione in prima serata, aveva iniziato il 2013 con un milione e centomila telespettatori (share al 5,8%) e ha chiuso lo scorso anno fermandosi a novecentomila (share al 3,6)”.

Alcune note dolenti: ““Ballarò” era partito con quattro milioni e mezzo di telespettatori all’inizio del 2012 (share al 16,6) e si è letteralmente schiantato lo scorso anno a un milione e quattrocentomila telespettatori (share al 6,3). Qualcuno potrebbe chiedersi dove sia finito quel dieci per cento di share. Ecco, non è finito nemmeno a La7, perché il programma di Floris, “diMartedì”, che sfida “Ballarò” alla stessa ora nello stesso giorno, arranca intorno al milione di telespettatori e uno share di poco sopra il 4”.

Anche “Matrix” su Canale5 ha perso molto in tre anni: “dal milione e centomila di gennaio 2012 (share al 13) ha chiuso il 2014 con ottocentomila telespettatori e lo share al 9. “Quinta Colonna”: è partito con un milione e mezzo (share al 9) e si è attestato tre anni dopo sul milione e trecentomila (share intorno al 6). Anche “Otto e mezzo” è calato: da un milione e ottocentomila (share 6,2) a un milione e cento (share al 4,2). Raccoglie poco “Piazza pulita”: Formigli era partito con un milione e duecentomila (share 5,4) e ha chiuso il 2014 sotto i novecentomila (share al 4).

“Servizio pubblico” era partito sfiorando i tre milioni (share al 12) e alla fine dello scorso anno ha letteralmente dimezzato gli ascolti e lo share. “La Gabbia” oscilla da sempre intorno agli ottocento mila telespettatori e uno share mediamente intorno al 3,5”.

VIVO O MORTO

“Il talk show è vivo e vegeto. Non accetto che si parli della loro fine. Certo ci sono mostri sacri che non sono più tali, e gli ascolti sono calati del 10%, 20% e in alcuni casi del 30%”. Così Emilio Carelli, vice presidente confindustria radio Televisioni, ha respinto le conclusioni a cui perviene Pesante nel titolo del volume. Per Carelli alcune osservazioni sono doverose: “Il momento del talk è significativo perché favorisce il confronto e il pluralismo. Detto ciò la crisi economica ha ridotto gli investimenti, e ciò ha permesso il proliferare di format a basso budget come i talk show”.

IL PERCHÉ DI TANTO PROLIFERARE

Ma, visti gli ascolti, perché i canali tv non demordono e continuano a proporre talk-show durante l’intera settimana e ormai nelle fasce più diverse?
“Gli ascolti – si legge nel libro di Pesante – non spaventano e non demotivano: l’obiettivo non è partecipare al grande gioco del “fare televisione” ma “esserci” e basta. Con buona pace della qualità e della gente a casa che nel frattempo segue tutt’altro. Si maligna – dunque – che tutto questo proliferare abbia più a che fare con la comunicazione politica in senso lato che con la televisione vera e propria, e che i personaggi più visibili nei salotti tv usino la loro esposizione – che spesso è sovraesposizione – mediatica come strumento di potere”, ha scritto Pesante.

LA VOCE DELLA COMMISSIONE DI VIGILANZA

“In tv la politica schiaccia tutto, è autoreferenziale e alimenta una folta schiera di colleghi tuttologi che siedono a tutte le ore nei salotti del piccolo schermo”, ha commentato Giorgio Lainati, capogruppo Pdl in commissione di vigilanza Rai, ricordando la critica di Ermete Realacci, presidente Commissione Ambiente e Territorio della Camera,  nei confronti dei conduttori di Ballarò e di diMartedì per non aver dato spazio nella puntata di questa settimana alla Conferenza sul Clima in corso a Parigi.
“In commissione dibattiamo da molti anni sull’esigenza o meno di un canale istituzionale dedicato ai temi della politica e sulla triste fascia oraria di collocazione di Rai Parlamento”, ha detto Lainati.
Collega in Commissione di vigilanza, Lorenza Bonaccorsi, ha frenato però su questo aspetto: “Il nostro ruolo in Vigilanza è quello di fare leggi e dare un indirizzo, non intervenire sul palinsesto e creare nuovi canali”. Convinta quindi della necessità di lasciar spazio a nuovi temi, la deputata del Pd ha sottolineato che il vero problema è che la Tv è un “catalizzatore di sentimenti di brutta politica”.

UNA SFIDA PER IL SERVIZIO PUBBLICO

“Dobbiamo raccontare la politica per quella che è, non peggio di quello che è, come spesso avviene nei talk”, ha commentato Anna Ascani. “E bisogna raccontarla a tutti. È giusto che lo si faccia nei canali generalisti e non solo in canali dedicati. Se il servizio pubblico recupererà questa sua missione anche pedagogica allora avrà un valore aggiunto rispetto alla tv commerciale, altrimenti avrà perso”.

I talk perdono ascolti? “Non serve demonizzare il web, e non è una soluzione il canale tematico”, ha aggiunto poi la deputata del Partito democratico. “Non è giusto mettere in contrasto il web e la tv. Essi rispondono a bisogni diversi. È la voglia di ascoltare contro il bisogno di parlare. L’utilizzo della tv non diminuirà finché esisterà tale bisogno. E se la tv non richiede sforzi, quel che è certo è che essa ha un potenziale educativo enorme”.

IL RUOLO DELLA RAI

In questo la Rai ha qualche responsabilità in più. Paolo Messa, consigliere di amministrazione Rai, ha sottolineato l’importanza per il servizio pubblico di raccontare il lavoro delle istituzioni, oltre le polemiche quotidiane a cui assistiamo nei contenitori televisivi, oltretutto considerando il processo di riforma costituzionale che vede impegnato il parlamento: “Serve un canale che possa raccontare quello che le istituzioni fanno ogni giorno perché ci sono molti contenuti che meritano visibilità”, ha commentato Messa.

A non credere più nella potenzialità del canale istituzionale è Antonio Marano, vice direttore generale dell’Offerta Rai. “Oggi il concetto è quello di ‘pubblica utilità’. Il servizio pubblico deve essere universale, deve arrivare a tutti su tutti i dispositivi. Il futuro sono le nuove piattaforme. La tv non morirà mai, ma il suo ascolto calerà”, ha commentato Marano.


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