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Vizi e virtù delle segretarie dei potenti

Le segretarie esistono ancora. Chi ha detto che la rivoluzione tecnologica avrebbe cancellato dalla faccia della terra le temutissime segretarie? Nemmeno Steve Jobs è riuscito a creare una cybertuttofare, e l’essere umano conta ancora moltissimo nella gestione delle relazioni, nell’economia delle aziende (non solo in quelle grandi).

Il comunicatore Mario Benedetto, nei panni dell’epistemologo, ha elaborato il libro “Fenomenologia della segretaria”, per l’editore Rubbettino, censendo e recensendo le diverse tipologie delle persone di fiducia dei potenti. Il linguaggio di Benedetto è corroborato dalla passione giornalistica dell’autore, che dimostra di aver studiato a lungo i suoi soggetti: chi frequenta gli ambienti romani e milanesi è certo di aver riconosciuto tante delle donne “indagate” dal commissario Benedetto, capace di stilare pregi e difetti anche di coloro che apparentemente sembrano non possederne.

Non c’è astio nel testo benedettiano, ma la voglia di regalare preziose chiavi di lettura per accedere alle segrete stanze prendendo le misure delle donne che ne regolano l’accesso: tra i tanti capitoli, quello dedicato a “La Dagospia” merita di essere sottolineato. Qui Benedetto, partendo dal sito di Roberto D’Agostino, racconta cosa accade quando la segretaria vuole apparire come la più informata del reame. Specie se è al corrente di qualcosa di bollente: “Se tra le conoscenze del Capo, ad esempio, ve ne fosse una ‘delicata’, la Dagospia proverebbe a mantenere un certo riserbo. Senza fare mai quel nome. O meglio, diciamo ‘senza fare quel nome’: il ‘mai’, con la Dagospia, è azzardato in casi come questi. Qualcosa può anche sfuggirle ma, per il rispetto che porta al Capo, cerca di farlo con la massima discrezione. Ma la Dagospia è ben diversa dalla Oracolo. E dunque – non essendo questa tra le sue principali qualità – potete immaginare con che conseguenze. Così facendo, rischierebbe d’infittire di mistero una dinamica relazionale che, molto spesso, sono stati già in molti a mettere a fuoco. E che, magari, non nasconde in realtà particolari retroscena”.

Emblematico, poi, il racconto dei drammi vissuti (e fatti vivere agli altri) dalle segretarie: “Ci sono casi particolari in cui, invece, la Dagospia non si può arginare, ovvero quando il segreto o la notizia riguardano una persona a lei sgradita. A questo punto inizierebbe una campagna di ‘fango’, sempre in virtù del rispetto per il Capo, dice. La Dagospia è capace di arrivare a un livello di schiettezza e dirompenza quasi più ficcante della persona cui deve il suo appellativo, Roberto D’Agostino, famoso per i suoi commenti diretti e senza mezzi termini. La Dagospia è capace di montare una campagna fatta di messaggi subliminali, una guerra non convenzionale a colpi di soffiate e veline (le notizie, in questo caso, non le segretarie. Anche se è una categoria con cui spesso si coalizza, di affinità tra loro ce ne sono in effetti…). Diventa più agguerrita di un Direttore o Capo redattore di una testata ‘d’assalto’. Tra una mail e l’altra, tra un bigodino e una messa in piega, la Dagospia si appropria di un altro appellativo con cui è conosciuto un nome di punta del giornalismo come Chicco Mentana: mitraglietta. È, infatti, un’arma caricata a ‘soggetto – verbo – oggetto – complemento’ tale da far traballare la poltrona del Direttore dell’Ansa (di cui, neanche a dirlo, conosce ogni singola abitudine)”.

Qui Benedetto raggiunge l’apice della sua lezione sulle segretarie, entrando nelle dinamiche spesso insondabili delle relazioni personali e della psiche dei personaggi.


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