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Ragioni e torti della magistratura

È sacrosanto che la magistratura, ora impegnata nel difficile compito di affrontare la sfida del terrorismo islamista sia sul versante internazionale che su quello interno, chieda di non subire indebite pressioni dalla politica e di non essere vittima delle aspettative della pubblica opinione.

È sacrosanto che in uno stato di diritto valgano i principi costituzionali e non gli allarmi e le emergenze della politica che chiede “linea dura” ai magistrati contro il terrorismo. E fanno bene i Panebianco e gli Onida a ricordare che i giudici debbono valutare caso per caso e non essere preda di campagne repressive generalizzate.

Però, però… stiamo parlando della stessa magistratura che in passato non ha esitato a dichiarare “guerra” alla corruzione o a farsi paladina della “lotta” alla mafia. Stiamo parlando di una magistratura che ha voluto spesso riscrivere la storia del paese attraverso le sue sentenze, che rivoltava l’Italia “come un calzino”, di una magistratura che più che seguire le esigenze dei partiti si è fatta partito essa stessa, mandano direttamente in politica i suoi uomini più esposti.

Stiamo parlando di giudici e magistrati che hanno molte volte adattato le leggi alle loro esigenze e convinzioni, hanno preteso leggi su misura e hanno bloccato leggi che non gradivano.

Oggi i magistrati lamentano la pressione dei partiti e le aspettative dei cittadini davanti alla necessità di essere rapidi e preparati nel contrastare un fenomeno elusivo e pericoloso come il terrorismo islamista e invocano rispetto della legge, stato di diritto e principi costituzionali. Avrebbero avuto più ragioni oggi se avessero avuto meno torti ieri.



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