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Tutti contro tutti in Siria

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Luigi Chiarello uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi

I leader occidentali pensano alle sole bombe come terapia contro la deriva jihadista in Medio Oriente. E anche se Matteo Renzi, alla Sorbona di Parigi, ha dichiarato: “Contro l’Isis serve anche una strategia culturale”, nessuno sembra averlo preso in considerazione. L’opinione pubblica italiana si divide tra interventisti e cauti.

Ma siamo sicuri di avere un quadro chiaro di ciò che succede? Vediamo:

– I russi bombardano l’Isis, ma anche tutti gli altri ribelli ad Assad, sia quelli laici sia i qaedisti di al Nusra.

– I qaedisti di al Nusra sono contro l’Isis, ma anche contro gli Usa, la Francia e gli Uk, che però li sostengono e li armano contro Assad.

– I qaedisti di al Nusra vorrebbero la distruzione di Israele, che però li cura quando sono feriti, nei suoi ospedali al confine con la Siria.

– Israele bombarda i libanesi di Hezbollah, che sono alleati dell’Iran e sostengono Assad. Ma Hezbollah combatte l’Isis assieme agli americani, ai francesi e ai russi.

– Hezbollah sarebbe nemico giurato degli americani, che sostengono Israele e sono alleati dei sauditi. I sauditi, però, finanziano l’Isis, che gli americani combattono assieme all’Iran, che è nemico giurato dei sauditi stessi. E degli israeliani.

– I turchi rivaleggiano con i russi per il controllo dell’area e, facendo finta di aggredire l’Isis contro cui si scagliano con toni apocalittici, in realtà bombardano i curdi in Iraq, consentendo all’Isis di muoversi sul confine e aprendogli la strada.

– I turchi sono alleati storici degli americani e sono nella Nato, ma flirtano, fiancheggiano e fanno affari petroliferi con l’Isis, contro cui c’è una coalizione di 60 paesi tra cui anche quelli della Nato.

Assad dice di essere nemico giurato dell’Isis e, in effetti, in apparenza lo combatte. Ma ha lasciato loro Palmira piuttosto facilmente. In più, secondo gli americani, Assad compra dall’Isis petrolio e avrebbe anche fatto joint venture segrete con l’Isis per gestire centrali a gas.

– Gli americani bombardano assieme ai russi l’Isis, ma difendono i turchi che abbattono i caccia russi di cui sarebbero alleati, contro l’Isis.

– I ribelli turcomanni sarebbero alleati degli americani (contro Assad), che bombardano assieme ai russi l’Isis, però buttano giù gli elicotteri russi che prestano soccorso ai piloti colpiti dai turchi.

– I curdi combattono contro l’Isis e sono amici degli americani proprio come i turchi. Ma sono anche amici degli israeliani, che hanno litigato con i turchi per il loro sostegno ad Hamas. Eppure i turchi sono nella Nato, che difende Israele.

– Hamas, che è sunnita, vicino alla fratellanza musulmana, è alleato degli sciiti contro Israele. Ma i sunniti e gli sciiti sono nel pieno di una guerra di religione. I vertici di Hamas hanno sempre trovato rifugio nei paesi sunniti del golfo, che però sono al fianco di Israele contro l’Iran.

I Paesi del Golfo sono anche alleati degli americani; gli stessi paesi, però, finanziano l’Isis in guerra con l’Occidente e hanno foraggiato i qaedisti che hanno buttato giù le Torri Gemelle.

– I curdi sono anche nemici degli sciiti filoiraniani che, però, come loro, stanno stanno facendo la guerra contro l’Isis. Iraniani che sarebbero anche nemici giurati degli americani, con cui però combattono fianco a fianco contro l’Isis.

– I francesi sono nemici giurati di Assad e lo vogliono destituire. Sono dunque contro Mosca che è il maggiore amico di Assad. Ma assieme ai russi bombardano l’Isis che vuole cacciare Assad. Isis, i cui jihadisti sono stati addestrati e armati proprio dai francesi, assieme agli americani, quando erano in al Nusra.

Per mettere fine a questo caos, tra gli americani si rifà strada la teoria neocons (la destra) di costituire uno stato confessionale sunnita, un “Sunnistan” a cavallo di Iraq e Siria, che compensi gli iracheni rimasti orfani di Saddam Hussein dall’aver dovuto lasciare l’Iraq a un governo sciita.

Operazione, questa, che avrebbe il vantaggio di mettere in un angolino anche l’alawita Assad. E con lui l’alleato russo.

A ben vedere, però, un Sunnistan wahabita sul mercato esiste già: si chiama Arabia Saudita. E poi l’idea di creare dalla frammentazione di paesi multi-religiosi, come erano Siria e Iraq, uno stato e su base etnico-confessionale, attorniato da enclave per le minoranze, ricorda tanto quello che è accaduto nell’ex Jugoslavia. Dove la frammentazione della federazione in staterelli si è tradotta in una definitiva perdita di influenza della Russia in quelle aree.

Questo spiega, forse, perché Putin è così interventista: sapendo che la Siria verrà spartita, vuol sedere al tavolo della pace in posizione di forza. Presumibilmente, dunque, dalla guerra all’Isis se ne uscirà con un accordo a quattro: ci sarà un’area sotto egemonia turca a nord ovest, un rafforzamento dell’autonomia kurda a nord, la nascita di un Sunnistan filo americano sui bacini petroliferi a cavallo di Siria e Iraq e la conservazione della fascia costiera mediterranea per Assad e le navi russe nel Mediterraneo. Alla fine, il conto lo avrà pagato ancora una volta la Russia.

Ennio Flaiano disse: “In Italia la via più breve tra due punti è l’arabesco”. Chissà cosa avrebbe pensato degli attuali indirizzi di politica estera delle grandi potenze occidentali.


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