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Aqim (Al Qaeda) attacca in Burkina Faso e minaccia l’Italia sulla Libia

Nella serata di venerdì, almeno 23 persone di diciotto nazionalità diverse sono state uccise durante un attacco allo Splendid Hotel di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso (in Africa Occidentale): l’hotel è noto per essere frequentato soprattutto da occidentali. Le operazioni condotte dalla polizia burkinabé e dalle forze speciali francesi, che si trovano nell’area nell’ottica di una missione di lungo termine nell’Africa centro-settentrionale, sono state dichiarate concluse allo Splendid. L’hotel, che è stato colpito anche da un paio di autobombe all’inizio dell’attacco, fa spesso da base anche ai funzionari Onu presenti in zona: con un blitz nell’edificio le forze di sicurezza sono riuscite a liberare 126 ostaggi catturati, tra loro c’era anche Clément Sawadogo, ministro del Lavoro del Burkina Faso.

Nello stesso momento in cui stavano terminando le operazioni allo Splendid, il ministro degli Interni del Burkina Faso annunciava che un secondo albergo poco lontano, lo Yibi, era sotto attacco. Non è chiaro se i responsabili dell’azione siano collegati al primo attacco. Quattro attentatori, tra cui due donne, sono stati uccisi, uno di loro all’interno del secondo albergo, lo Yibi hotel. Dopo l’uccisione del quarto attentatore allo Yibi, le operazioni di polizia sono state dichiarate concluse.

C’è una rivendicazione del gruppo combattente al Murabitoun, guidato dal qaedista contrabbandiere algerino Moktar Belmokhtar. Il New York Times invece ha scritto che la rivendicazione dell’attacco è arrivata da Aqim (dal francese al Qaïda islamique au Maghreb): le modalità di azione sono molto simili a quelle viste nell’assalto all’hotel Radisson di Bamoko, in Mali, avvenuto a novembre 2015 e rivendicato dall’azione congiunta delle due realtà. Al Murabitoun in questo momento può essere definito a tutti gli effetti un gruppo interno ad Aqim: indicato da UE e USA come “organizzazione terroristica”, Aqim è entrato in attività nella causa antigovernativa algerina, ma inserisce tra i propri obiettivi anche l’Occidente (ha minacciato più volte di colpire in Francia e Spagna). Come molti gruppi islamisti locali, ha interessi anche nel mondo del contrabbando e della criminalità: rapimenti, riscatti e traffici illeciti, sono le principali fonti di entrate. Dal gennaio 2007 ha sostituito il Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat (GSPC), trasformato dopo la dichiarazione di fedeltà ad al Qaeda sotto un’ottica più regionale come la filiale maghrebina dell’organizzazione creata da Osama Bin Laden.

LE MINACCE ALL’ITALIA

L’Aqim è lo stesso gruppo terroristico di cui ha parlato venerdì l’agenzia giornalistica mauritana Alakhbar, che avrebbe ricevuto un messaggio audio registrato da un leader di al Qaeda, in cui lo stesso minacciava direttamente l’Italia per il ruolo giocato nella mediazione per l’accordo di pace siglato in Libia dai due pseudo-esecutivi di Tripoli e Tobruk sotto egida Onu.

L’autenticità dell’audio è difficile da verificare, tuttavia rappresenta un fattore che complica ancora di più il quadrante, soprattutto in vista di un intervento militare anche italiano sul suolo libico diretto contro il Califfato; circostanza che più passano i giorni e più sembra imminente, ma che comunque andrà subordinata (almeno secondo le linee ufficializzate finora) alla messa in operatività del governo di concordia nazionale sponsorizzato dalle Nazioni Unite. Se i soldati occidentali si dovessero trovare sul campo, anche solo per addestrare i militari del nuovo governo libico, si troverebbe davanti una serie di nemici, di cui lo Stato islamico è soltanto una componente. L’attacco all’hotel di Ouagadougou ne è ulteriore conferma.

AL ANABI E AQIM

L’uomo che parla nell’audio contro l’Italia rappresenta di per sé elemento di attenzione, visto che si tratterebbe (il condizionale è d’obbligo, visto che non ci sono ulteriori verifiche) di Abu Ubaydah Yusuf al Anabi, senior leader di al Qaeda nel Maghreb e considerato il numero due della filiale nordafricana dell’organizzazione, dopo il capo Abdelmadek Droukdel (conosciuto con il nome de guerre di Abu Musab Abdel Wadoud). Secondo il Figaro se dovesse morire Droukdel (continuamente cercato dai droni francesi in Africa), al Anabi ne dovrebbe prendere il posto. Il rapporto tra i due, però, è spesso segnalato come conflittuale: dal 2010 pare che siano entrati in conflitto aperto, dopo che il capo ha cercato di isolare al Anabi, reo di aver invitato con un video-sermone i giovani del Sahara e del Sahel ad unirsi al jihad; discorso che Droukdel ha interpretato come un tentativo di rafforzamento del rivale per poi esautorarlo dal potere. La litigiosità è una delle caratteristiche comuni a tutti i gruppi islamisti e jihadisti del nord dell’Africa.

Il 9 settembre del 2015, il dipartimento di Stato ha emanato la designazione ufficiale di al Anabi come “terrorista” secondo l’executive order 13224 (quello che si rivolge ai terroristi o a coloro che sostengono il terrorismo o azioni terroristiche: blocca tutti i beni e rende perseguibili tutti coloro che intrattengono relazioni con lui). È considerato dal dipartimento di Stato un uomo che «ha commesso» o è in grado di commettere «atti terroristici contro gli Stati Uniti, nonché una minaccia per la sicurezza nazionale e per l’economia» americana.

Al Anabi è un algerino, presumibilmente di età compresa tra i quaranta e i cinquanta anni.

LE MINACCE ALLA FRANCIA NEL 2013 

Il mondo ha fatto la conoscenza diretta di al Anabi nell’aprile del 2013, quando si presentò in un video in cui invitava i fedeli musulmani di tutte le parti del mondo, a prendere le armi contro i francesi. A quei tempi al Qaeda occupava ancora un ruolo unico nel jihad globale, per questo l’appello aveva la presunzione del “carattere internazionale”: lo Stato islamico era una realtà forte ma minore e più regionalizzata, con già chiaro comunque un progetto preciso, ma che ancora combatteva soltanto nell’ovest iracheno e iniziava a muovere i suoi interessi in Siria. L’appello all’azione contro la Francia di al Anabi era legato alla decisione di Parigi di imbarcarsi nell’operazione “Serval”, lanciata pochi mesi prima per riportare stabilità in Mali, dove gruppi armati salafiti cercavano di creare uno stato islamico (Aqim ha un buon bacino di reclutamento e attività in Mali). L’operazione francese avrebbe avuto successo, e sarebbe diventata l’attuale “Barkhane”, con cui ancora oggi la Francia schiera circa tremila soldati in Maghreb e Sahel come forza di risposta e lotta continua contro l’estremismo islamico nordafricano. In quell’occasione, secondo un report della Jametown Foundation, il leader qaedista dichiarò che i ribelli maliani non avrebbero avuto paura di combattere la Francia, il cui esercito era pieno di omosessuali.

L’INVETTIVA CONTRO L’ITALIA “COLONIALE”

Le invettive del video contro la Francia erano molto simili a quelle contro l’Italia: il tema centrale era il colonialismo, gli occidentali “invasori” e “occupanti”. Argomento nuovo, nel caso specifico delle minacce all’Italia è la Libia: secondo lui sarebbe un “complotto” quello organizzato dall’Onu per pacificare il paese, ordito con il solo beneficio degli interessi economici italiani (ed occidentali), dato che di fatto Tripoli è già comandata da un militare italiano; si tratta di un possibile riferimento al generale dei Carabinieri Paolo Serra, consigliere militare del Segretario della Nazioni Unite e dell’inviato speciale per la Libia Martin Kobler (del suo ruolo riguardo alla futura messa in sicurezza della Libia e della capitale Tripoli dopo l’avvio delle funzionalità operative del nuovo governo, si era parlato nelle ultime settimane). “Roma si pentirà di aver interferito nell’accordo di pace”, questo il senso delle parole del leader qaedista.

LA STORIA DI AL ANABI

Conosciuto anche come “Yazid Mebrak”, il suo nome è quasi sempre preceduto dalla parola “Sheikh” che ne attesta la leadership. Yusuf al Anabi è un teologo, noto per le predicazioni più che per la forza in combattimento: secondo le non molte informazioni pubbliche su di lui, all’interno di Aqim ricopre il ruolo di capo del Consiglio Dignitari e Consiglio degli Anziani. Si tratta di posizioni ricoperte anche precedente nel GSPC. Il Wall Street Journal l’ha definito anche come il capo del braccio mediatico di Aqim.

Nel novembre del 2009 fu quasi ucciso in un blitz dell’esercito algerino, che lo aveva pedinato e sorpreso in un’abitazione a Bouzeguene, nel nord del paese, ma i suoi compagni riuscirono a portarlo in salvo. Non si sa quanto questa storia sia vera o sia una leggende narrata per aumentare il valore del leader: nel Nordafrica è abbastanza comune che i leader muoiano, vengano feriti gravemente, oppure dichiarati uccisi dai governi, per poi miracolosamente riapparire più in forma e agguerriti di prima; un esempio su tutti, Belmokhtar “il Guercio”, dichiarato morto qualche mese fa addirittura dagli Stati Uniti, per poi riapparire come il mandante dell’assalto all’hotel della capitale del Mali.

Sostenitore del jihad locale quanto di quello internazionale, al Anabi ha affermato che il jihadismo è stato progenitore spirituale delle recenti rivolte arabe: per questo qualche anno fa ha chiesto ai giovani tunisini, paese dove le primavere arabe hanno fiorito, di stabilire nel loro paese uno stato islamico.

 



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