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Tutti i dubbi costituzionali sulla riforma delle Bcc per decreto

Che la riforma del credito cooperativo, pare giunta finalmente all’ultimo miglio, non sia stata una passeggiata è cosa ben nota. Tanti mal di pancia e tante spaccature dentro un universo frastagliato. Eppure, in tutti questi mesi i malumori delle Bcc dentro e fuori la Federcasse erano più che altro borbottii, mai veramente decifrabili. Adesso però, come è in grado di raccontare Formiche.net, qualcuno ha deciso di rompere il muro del silenzio. Spiegando, per esempio, perché era meglio fare una riforma con più capogruppo, al contrario di quanto sembra aver deciso il governo. Oppure smontando la teoria del “grande è bello”, che a certe Bcc non piace proprio.

QUELLA LETTERA A RENZI E VISCO

Può una missiva convincere governo e Banca d’Italia che mettere sotto un unico cappello oltre 360 banche è una pessima idea? Stando alle decisioni di Palazzo Chigi, sembra di no. Eppure la Banca di Civitanova e Montecorsaro, nelle Marche, pochi giorni prima di Natale, per mano del vicepresidente della banca e delegato ai rapporti col credito cooperativo Marco Bindelli, ha inviato una missiva a Matteo Renzi e Ignazio Visco. Per affermare essenzialmente due concetti. Primo, non è vero che le banche piccole stanno peggio di quelle grandi. Secondo, prima di appoggiare o meno la linea della capogruppo unica sarebbe meglio capire chi sarà il soggetto aggregatore. In questo senso “abbiamo sempre perseguito l’ipotesi di costituzione di più gruppi per scegliere quello che meglio esprime serietà, trasparenza e competenza” si legge nella missiva indirizzata alle autorità politiche e bancarie. In pratica, è il pensiero trasversale tra le piccole banche, più soggetti uguale maggiore scelta sul gruppo cui aderire. Una tesi condivisa anche dal capo della vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, che lo scorso ottobre in un seminario presso le commissioni Finanze di Camera e Senato non aveva disdegnato la costituzione di più gruppi cooperativi e paritetici.

SE LE (PICCOLE) BANCHE STANNO MEGLIO DELLE GRANDI

C’è qualcosa che proprio non va giù alla Bcc maceratese, così come ad altre piccole banche cooperative. E cioè, spiega Bindelli nella lettera, il concetto che “grande è bello”, quindi meglio. Il dirigente critica apertamente i teorici delle grandi dimensioni uguale buono stato di salute. Tra questi il dg di Bankitalia, Salvatore Rossi, che in un’intervista su Rai 3 ha sottolineato come le piccole banche non resisteranno a lungo agli effetti della globalizzazione, finendo per soccombere. Ma il manager Bcc non la pensa così e nella missiva a Renzi sottolinea come “la maggior parte delle Bcc che vanno male non sono le piccole o le piccolissime Bcc, anzi, quelle che hanno problemi sono più che altro quelle medie o medio-grandi che il più delle volte hanno anche problemi di governance”. Quindi? Sbagliato usare la riforma per assimilare gli istituti minori a quelli più grossi, con il rischio di “contaminare” gestioni sane quelle più discutibili, è il messaggio di fondo della Bcc marchigiana.

POCA TRASPARENZA, TANTI DUBBI

E veniamo al secondo punto, quello della capogruppo unica. Bindelli a Formiche.net aggiunge: “Come si fa ad essere favorevoli al gruppo unico obbligatorio se non si conoscono i meccanismi che regoleranno la governance della holding, specie se tutti gli indizi inducono a far ritenere che, probabilmente, a gestirla, e quindi a dirigere e coordinare tutte le Bcc italiane, saranno chiamate le stesse persone, che hanno governato sino ad oggi le strutture nazionali del credito cooperativo e che (magari) hanno anche mal gestito le loro banche?”. La domanda è maliziosa, della serie, come facciamo a dare per buona una proposta se non conosciamo le regole del gioco, né tanto meno gli attori in campo? Un problema di scarsa trasparenza, verrebbe da dire, che stronca sul nascere la fiducia delle Bcc nella capogruppo unica. Sembra proprio di sì, a sentire la Bcc marchigiana. “Qualora vi fossero garanzie in merito a competenza, serietà e trasparenza di coloro che saranno chiamati a coordinare e dirigere le Bcc italiane, anche la nostra banca potrebbe valutare positivamente l’ipotesi del gruppo unico obbligatorio; ma questo non ci è dato sapere”.

UN PROBLEMA DI COSTITUZIONE?

Come si è visto, le critiche delle piccole banche al progetto del governo non mancano. Se poi salta fuori anche un ostacolo di carattere costituzionale, allora tutto diventa ancora più opaco. E’ lo stesso manager a porre l’accento su una questione. “L’art 45 afferma che la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”. In buona sostanza il principio sancisce come le Bcc non hanno fini speculativi e i soci non percepiscono dividendi sul capitale sottoscritto. Aderire a una holding potrebbe cambiare le regole del gioco? Si chiede la Bcc maceratese, “se la norma si applica anche alla cooperazione di credito, l’obbligo, di diritto o di fatto, di partecipare ad una holding unica per poter continuare ad esercitare il credito come Bcc configurerebbe una violazione della Costituzione”.

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