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Cosa farà la Bei per l’Italia nel 2016

Numeri, operazioni realizzate, progetti in cantiere e scenari. Li ha snocciolati ieri Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei (Banca europea per gli investimenti), nel fare il punto sull’attività della Bei in Italia nel 2015.

PER L’ITALIA RECORD DI FINANZIAMENTI NEL 2015

Secondo i dati forniti da Scannapieco, lo scorso anno l’Italia si è aggiudicata prestiti per 11,7 miliardi di euro, sugli oltre 84 sbloccati in Europa. In sostanza “oltre un euro su sei è andato all’Italia“, ha precisato il numero due della banca. Un 2015 che è un po’ l’anno dei record per l’Italia che, dal 2008, mai aveva ottenuto tale disponibilità di fondi (10,9 nel 2014, 10,4 nel 2013 e 6,8 nel 2012). Non solo. Dall’anno della sua costituzione (1958), l’Italia è storicamente il maggior beneficiario dei fondi: 190 miliardi di euro in oltre 60 anni. Tornando ai prestiti sbloccati nel 2015, dalle tabelle Bei emerge come il grosso sia andato alle pmi (38%), mentre un’altra buona fetta (15%) ai trasporti e all’energia. Solo un 5% dei fondi Bei è andato invece al comparto tlc.

SORPRESA, L’ITALIA PARTE IN QUARTA SUL PIANO JUNCKER

E il Piano Juncker? Al momento il 35% delle operazioni approvate del nuovo piano Juncker riguardano l’Italia, ma questo perché siamo stati solo più veloci di altri.  Ad oggi, hanno poi spiegato dalla Banca, le operazioni Bei in Italia con la garanzia dell’Efsi del piano Juncker raggiungono 1,33 miliardi di euro, che con l’effetto moltiplicatore previsto implicano oltre 7 miliardi di euro di investimenti attivati. Tuttavia Scannapieco ha voluto fare una precisazione, raffreddando gli animi di chi ha riposto, forse, troppe attese ne piano da 300 miliardi. “Gli investimenti sono stati fatti prima del piano Juncker e saranno fatti anche dopo. Non c’è una equazione fra investimenti e piano Juncker. E’ uno strumento in più  e noi lo utilizzeremo nel miglior modo possibile”.

A CHI SONO ANDATI I PRESTITI BEI

Ma chi ha beneficiato in particolare dei prestiti Bei erogati nel 2015? Per esempio, le Ferrovie dello Stato, cui la Bei ha concesso un prestito da 950 milioni per l’ammodernamento delle reti ferroviarie nazionali e locali, soprattutto nel Mezzogiorno. Altri 300 milioni, garantiti dal Piano Juncker, sono stati poi sbloccati per Trenitalia per consentire l’acquisto di 49 nuove motrici e 250 carrozze. Finanziamenti sono stati concessi anche all’Anas, che lo scorso anno ha ottenuto una prima tranche da 133 milioni di un prestito complessivo da 300 milioni per l’ammodernamento della rete e la ristrutturazione delle gallerie. Ancora, la Bei ha sottoscritto con la Cdp e la controllata Sace, garanzie per lo sblocco di 1 miliardo di prestiti alle piccole e medie imprese. Sempre nel 2015, hanno spiegato dalla Bei, “è continuata l’attività di finanziamento ad aziende per progetti di R&S, clima, ammodernamento delle infrastrutture e sviluppo della banda larga. Tra queste, Terna, Snam, Piaggio, Mapei, Hera, Acea, Edison e Telecom Italia. Quest’ultima in particolare, nel 2015, ha beneficiato di un finanziamento di 500 milioni, garantito dal Efsi (European Found strategic investments, il braccio operativo del piano Juncker), per lo sviluppo della banda larga. A poter contare sui finanziamenti della Bei garantiti dal Efsi sono anche altre importanti aziende, come riportato già da Formiche.net a dicembre. Ovvero Eni, per quanto riguarda la raffineria di Milazzo (30 milioni) e la Pedemontana veneta e lombarda. Nella lista però vanno incluse anche Novamont, attiva nella chimica verde (15 milioni) e il produttore di acciaio Arvedi (100 milioni).

LA BAD BANK? CI INTERESSA

Fin qui il bilancio di un anno. E la bad bank? La Bei avrà un ruolo? Il veicolo nazionale per le sofferenze bancarie su cui Ue e Italia stanno portando avanti da mesi una trattativa serrata non è ancora stato costituito. “Guardiamo con interesse a questa eventualità” ma “mi sembra prematuro parlarne. Vedremo più avanti” se entrare o meno in questo terreno, ha detto Scannapieco. Eppure la questione di confinare i crediti incagliati dentro un unico veicolo per poi tentare di cederli a terzi, dando vita a un vero e proprio mercato internazionale dei crediti poco performanti (npl) è, almeno secondo la Bei, un fattore determinante per uscire dalla crisi. “Di certo quello dei non performing loans è un settore che in Italia è fondamentale ed è cruciale risolvere questo problema per rilanciare l’economia”.

AIUTARE LE BANCHE, MA COME?

Scannapieco ha infatti rivelato la volontà di lavorare nel corso del 2016 a strumenti con cui assorbire parte del rischio che le banche hanno in bilancio per favorire nuova erogazione di credito. Di che si tratta? In altri termini, alla Bei starebbero studiando un meccanismo con cui “assorbire i rischi che le banche hanno in pancia per liberare credito”. In pratica la Bei potrebbe decidere di accollarsi i rischi sui crediti in bonis da riscuotere per eliminare così in parte “i disincentivi delle banche a prestare”.

BANDA LARGA, OVVERO QUANDO CONTA GIOCARE

Diverso il discorso per quanto riguarda la banda larga, di cui c’è un gran parlare in questi giorni, dopo le ultime decisioni del governo. I finanziamenti della Bei potrebbero far comodo nell’ottica di portare l’internet veloce in quasi tutti i comuni italiani. E, in effetti, il tema solletica non poco l’istituzione europea. C’è “un dialogo costante con Palazzo Chigi sulla banda larga”, ha spiegato Scannapieco, aggiungendo come “è chiaro che vogliamo essere della partita” in attesa del varo di un progetto definitivo. Un chiaro segnale al governo, in attesa che il progetto per la cablatura nazionale prenda definitivamente corpo.

LA RIPRESA C’E’ (A PATTO CHE…)

Ma che dire delle prospettive economiche dell’Italia? Volendo dare uno sguardo un po’ più generale, abbandonando la discussione sulle partite che interessano o meno la Bei, Scannapieco ha mostrato un certo ottimismo. “Vediamo chiari segnali di ripresa, sono basati su un miglioramento delle aspettative delle prospettive di crescita, che fanno aumentare gli investimenti”. Con il diminuire dei costi delle materie prime e dei tassi di interesse “aumenta il reddito disponibile delle famiglie e m ci sono quindi anche dei segnali positivi anche per quanto riguarda un’eventuale ripartenza dei consumi”. Ma, c’è un ma. Ovvero, la gestione delle risorse che l’Italia riceve dall’Ue sarebbe meglio deciderla in pochi palazzo piuttosto che affidarla a 20 regioni. “In Italia serve maggior coordinamento dal centro la programmazione regionale non funziona, è il caso del Mezzogiorno, meglio quella centralizzata”.

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