Qualcosa si muove. La lotta al terrorismo non si fa solo con le indagini e con la prevenzione, ma anche partendo dalle scuole, dal web, dalle carceri. Sono quei concetti di deradicalizzazione e di contronarrativa ai quali gli addetti ai lavori, a cominciare dagli investigatori dell’antiterrorismo, danno grande importanza e che ora assumono la veste di una proposta di legge dei deputati Stefano Dambruoso (Scelta civica, questore della Camera e magistrato esperto di terrorismo) e Andrea Manciulli (Pd, vicepresidente della commissione Esteri di Montecitorio e presidente della delegazione italiana presso la Nato).
LA PROPOSTA DI LEGGE
Sette articoli dedicati alle «misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista» che prevedono una formazione specialistica per le forze di polizia, per cogliere segnali di estremismo; la creazione di un Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura, incentivando la formazione dei docenti; la creazione presso il ministero dell’Interno di un sistema informativo sui fenomeni del radicalismo jihadista nel quale dovranno convergere tutte le informazioni sui soggetti e le situazioni da monitorare; l’inserimento dei soggetti a rischio, individuati da questo sistema, nel mondo del lavoro con percorsi specifici e accesso a cooperative sociali; un portale informativo per diffondere una «narrativa alternativa» a quella jihadista, che proprio sul web attira i giovani, e il principio dell’«uguaglianza di genere» sancito dalla Costituzione. Infine, considerando che i detenuti possono essere più vulnerabili rispetto all’estremismo, la proposta di legge prevede che il ministro della Giustizia adotti un piano nazionale per garantire un trattamento penitenziario teso alla rieducazione e deradicalizzazione.
LA SPIEGAZIONE DI DAMBRUOSO
«Questa proposta affianca le norme antiterrorismo introdotte nel 2015 – ha spiegato Dambruoso nella conferenza stampa tenuta oggi alla Camera – affianca cioè la repressione lavorando su quegli spazi che mancano nella cultura italiana. Non si tratta di buonismo, bensì di evitare che quegli spazi si riempino di radicalizzazione». Il salto mentale da compiere, ha aggiunto Dambruoso, è quello stesso compiuto dai terroristi che non si addestrano più in Afghanistan come negli anni scorsi, bensì sul web «e non basta chiudere un sito, ma occorre lavorare sui valori».
LE PAROLE DI MANCIULLI
Manciulli, che ha definito «fondamentale e non accessorio» ciò a cui punta la proposta di legge, ha fornito alcuni dati chiarissimi: in 10 anni i foreign fighters legati all’Afghanistan sono stati 10 mila, mentre in tre anni quelli del nuovo terrorismo sono già 30 mila, anche se la situazione italiana è molto migliore rispetto ad altri paesi europei. «Quelli afghani – ha aggiunto il deputato del Pd – avevano in media 30 anni ed erano molto colti in materia di Islam, oggi siamo di fronte a giovani tra i 17 e i 25 anni dalla cultura frammentata e che risentono di un fenomeno che, tra virgolette, potremmo definire di “moda”. Il nostro, naturalmente, è un testo aperto al contributo di tutto il Parlamento, anche al di fuori della maggioranza».
IL RUOLO DELL’ISTRUZIONE
L’Italia è uno dei pochi Paesi europei a non aver finora attuato un programma del genere e sarà ancora più delicato il ruolo degli insegnanti, soprattutto nelle aree maggiormente a rischio. L’idea è che con il ministero dell’Istruzione vengano stilati programmi mirati per quelle aree anche se è evidente che tutto il corpo docente, ha detto Dambruoso, «deve avere un bagaglio minimo indispensabile per individuare il seme della radicalizzazione». Certo non dovrà essere coinvolta solo la scuola, ma tutti i settori della società e delle istituzioni. Proprio per questo, nella speranza che la proposta di legge sia rapidamente messa all’ordine del giorno, andrebbero evitati scontri ideologici in Parlamento: quello da compiere dovrebbe essere un passo assolutamente bipartisan.