A Roma si usa l’espressione “non saper tenere un cecio in bocca” per indicare persone incapaci di misurare le parole, arte che sembra ormai scomparsa anche ai livelli di vertice.
Sembrano lontanissimi i tempi di Enrico Cuccia, silente padrone di Mediobanca al quale si attribuiva un potere immenso anche in virtù del suo mutismo. Oggi corre per la Casa Bianca un candidato come Donald Trump, che i sondaggi danno in aumento di popolarità proprio grazie alle gaffe, probabilmente sparate per evitare di indicare proposte politiche precise. Un po’ la tattica che potrebbe aver usato Roberto Mancini il quale, anziché ridurre l’infelicissima uscita verbale di Maurizio Sarri a uno scambio d’insulti a bordo campo, come si è sempre fatto (proprio questa è stata la tesi difensiva dell’allenatore del Napoli), ha replicato con una dichiarazione grazie a cui le non brillanti performance della sua Inter sono state dimenticate, almeno per qualche giorno, forse, visto il pareggio odierno con il Carpi.
Il calcio, peraltro, è un settore in cui il florilegio delle fesserie è particolarmente ricco: si pensi alle esternazioni del presidente della Figc, Carlo Tavecchio, sulle “quattro lesbiche”, le giocatrici di calcio femminile, e sugli ebrei, per i quali aveva citato come fonte Umberto Eco, che sull’Espresso ha speso una intera “bustina” per rispondere. Ma non c’è settore della vita pubblica esente, nemmeno quelli in cui la riservatezza dovrebbe essere una caratteristica professionale, come la magistratura. Lo dimostra Alberto Munno, il giudice oberato di lavoro che così ha motivato il rinvio di una decisione al 2019: “La convenzione dei diritti dell’uomo vieta schiavitù e lavoro forzato”. Nulla, per carità, rispetto alla collega del Tribunale di Milano Silvana Saguto, accusata di corruzione e abuso d’ufficio che nelle intercettazioni tra l’altro lamenta la prodigalità dei famigliari, “siamo indebitati persi”, e definisce i figli di Paolo Borsellino “uno squilibrato” e “una cretina precisa”. La giudice Anna Scognamiglio, anch’essa intercettata e indagata, si sfoga invece con un “E che palle” quando il governatore campano Vincenzo de Luca presenta un nuovo ricorso contro la Legge Severino.
In certi casi la spinta a non osservare la minima cautela è probabilmente la presunzione di onnipotenza, mentre è sicuramente l’ingenuità a far usare a Papa Francesco l’espressione di “lobby gay” vaticana in un incontro, non smentita né confermata dalla Sala stampa della Santa Sede ma ripresa dal cardinale Oscar Maradiaga: “Sì, c’è […] anche il Santo Padre lo ha detto”. Assai meno giustificabile con il candore il cardinale Tarcisio Bertone, che durante una conversazione telefonica riportata su Repubblica annuisce a una cinica battuta sui finanziamenti agli ospedali: “Bambin Gesù batte Gaslini 80 milioni a 5”.
La politica, poi, è un’arena in cui le sciocchezze possono correre a ruota libera. Vedasi per esempio il consigliere Pd che su Facebook, commentando la vicenda di un’anziana uccisa in casa dai ladri romeni, propone di impiccare i ladri “sulla piazza”, a confermare come anche i progressisti, quando c’è da solleticare la pancia dell’opinione pubblica, non siano secondi né alla destra né ai 5 Stelle. Questi ultimi del politicamente scorretto hanno fatto un proprio connotato, tanto da dire con una loro delegata, sempre su Fb, che una donna ammazzata dal compagno tunisino “se l’è cercata”; è vero che i social inducono ad allentare i freni inibitori, ma la grillina Rosanna Lau, intervistata dal Corriere, non ha affatto abbassato il tiro: “Ho scritto quello che in molti pensano”. Tornando alla sinistra, non è solo l’immigrazione a ispirare frasi equivoche, si pensi alle battute ritenute sessiste di Corradino Mineo e a quelle del già citato de Luca su Rosy Bindi, “impresentabile […] da tutti i punti di vista”, che rivaleggia con i precedenti di Vittorio Sgarbi e Silvio Berlusconi. Intanto a destra si afferma come gaffeur il sindaco veneziano Luigi Brugnaro, che ai “mangiatori di banane” di Tavecchio ha fatto eco su Televenezia, ammonendo concittadini e turisti affinché rispettino le regole civiche e di distinguano dalla “gente che vive sugli alberi delle banane”.