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Dichiarazioni programmatiche sulla Libia

Racconta Guido Olimpio, corrispondente da Washington del Corriere della Sera, che la riunione tra il presidente americano Barack Obama e il Consiglio di Sicurezza Nazionale tenutasi alla Casa Bianca giovedì ha avuto un unico, centrale, focus: la Libia. «Obama ─ scrive Olimpio ─ ha discusso la strategia per “degradare” e “distruggere” il movimento islamista» con i suo consiglieri. Molto interessante una risposta diretta del portavoce della Casa Bianca Josh Earnest su una «domanda specifica» durante la conferenza stampa sul vertice, scrive il corrispondente del Corsera: «Paesi come l’Italia hanno esperienza in quella parte di mondo e noi attingeremo alle loro capacità per portare avanti i nostri obiettivi». Ossia, una risposta sulla linea di quanto rivelato da fonti vicine a Palazzo Chigi a Repubblica qualche giorno fa.

Washington sta accelerando? Oggi, venerdì, sempre al 1600 di Pennsylvania Ave sarà il turno del segretario alla Difesa Ash Carter, che incontrerà il presidente, ed è probabile che il tema sia sempre lo stesso, in una fase in cui dal Pentagono garantiscono che l’impegno contro il Califfato sarà notevolmente aumentato nel corso del 2016 (Mosul e Raqqa, le due roccaforte in Siria e in Iraq, sono state messe dagli americani al centro del mirino) ─ un impegno criticato dagli osservatori, che ritengono che in realtà contro lo Stato islamico non si sta facendo “abbastanza”. (Il Pentagono avrebbe chiesto all’Amministrazione la possibilità di schierare più truppe di terra, advisor e Sof, e di fare pressione politica sugli alleati affinché aumentino anche il loro coinvolgimento).

Il vertice sulla Libia di giovedì arriva il giorno successivo delle dichiarazioni del portavoce del Pentagono Peter Cook, il quale ha detto che gli Stati Uniti stanno valutando le possibilità di un intervento militare in Libia e ha parlato di «metastasi» dello Stato islamico al di fuori di Iraq e Siria che sta colpendo il Nordafrica e va frenata. Lo stesso giorno il ministro della Difesa italiano Roberta Pinotti intervistata da Paolo Valentino del Corriere della Sera ha detto: «Non possiamo immaginarci di far passare la primavera con una situazione libica ancora in stallo. Nell’ultimo mese abbiamo lavorato più assiduamente con americani, inglesi e francesi. Non parlerei di accelerazioni, tanto meno unilaterali: siamo tutti d’accordo che occorre evitare azioni non coordinate, che in passato non hanno prodotto buoni risultati. Ma c’è un lavoro più concreto di raccolta di informazioni e stesura di piani possibili di intervento sulla base dei rischi prevedibili».

Accelerazioni e frenate. Il direttore del Dis Giampiero Massolo (il capo dell’intelligence italiana) ha esposto la questione secondo un altro punto di vista, passato un po’ in secondo piano perché aveva minor peso politico delle dichiarazioni contrarie alla nomina del super consulente di Palazzo Chigi per la cyber security. Intervenendo in audizione al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha riferito che l’opzione militare risulta all’ordine del giorno, ma è vista, almeno nella fase attuale, come strumento utile di pressione per spingere verso una soluzione politica tra i due pseudo esecutivi di Tripoli e Tobruk.

In summa, sembra che non ci siano ancora i presupposti per l’intervento, e che l’azione siano usata con lo scopo di deterrenza secondo l’intelligence italiana: parole che vanno contro a quanto detto dal capo delle Forze armate americane Joseph Dunford pochi giorni fa, che ha parlato della possibilità dell’azione in Libia nel giro di qualche settimana. Chi è sul campo, come il reporter Cristiano Tinazzi che ha parlato con Formiche.net, conferma che al momento le parole di Massolo sono più vicine alla realtà e che un eventuale presenza militare occidentale sarebbe ostacolata da gran parte dei libici.



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