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Ecco come gli anti Renzi elogiano Mattarella

Per quanto negate o minimizzate a Palazzo Chigi e dintorni per comprensibili ragioni di opportunità istituzionale e convenienza politica, le distanze da Matteo Renzi nel messaggio televisivo di Capodanno, non certo improvvisato, hanno procurato al presidente della Repubblica significativi apprezzamenti di partiti, gruppi parlamentari e giornali di dichiarata e ostinata opposizione al governo. E, più in particolare, al presidente del Consiglio, specie dopo la decisione annunciata, e in qualche modo ufficializzata nella sua conferenza stampa di fine anno, di trasformare in un sostanziale plebiscito su di lui la verifica referendaria della riforma istituzionale, ormai in dirittura d’arrivo in Parlamento.

Non a torto Massimo Bordin, lo storico conduttore della rassegna stampa di Radio Radicale, ha scritto sul Foglio di “annessione del discorso di Mattarella da parte dell’opposizione”, al netto dei soliti insulti di Beppe Grillo, che vede fantasmi dappertutto chiamandoli “ologrammi”, e delle proteste di Marco Pannella contro l’assenza dei problemi della giustizia fra le difficoltà elencate e trattate dal capo dello Stato, dandogli per questo grillinamente del “nulla”.

Marco Travaglio sul Fatto ha attribuito a Mattarella il merito di “stare ripristinando la Repubblica dopo la monarchia assoluta” di Giorgio Napolitano. E gli ha raccomandato di proseguire sulla strada “del dito nell’occhio al premier e alla sua narrazione ottimista, facilona e populista” del Paese.  Dovrebbe farlo sino a contestare esplicitamente a Renzi, e non solo allusivamente, la personalizzazione del referendum d’autunno sulla riforma istituzionale. Un referendum di fronte al quale il governo dovrebbe invece assumere una posizione addirittura “igienica” di neutralità.

Sempre sul Fatto, di solito tollerante verso le grillate, Antonio Padellaro ha tirato le orecchie a Grillo, che non si sarebbe accorto dell’attenzione meritoriamente riservata da Mattarella a temi cari al movimento delle 5 stelle come la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale o la difesa dell’ambiente.

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Sulla Repubblica, quella di carta, in attesa dell’omelia di Eugenio Scalfari, il notista Stefano Folli ha apprezzato la rinuncia di Mattarella a “blandire il governo e citarlo”. In un “racconto” entusiastico di Sebastiano Messina il presidente è stato addirittura paragonato, per la scelta dell’ambiente e delle riprese, al mitico Sandro Pertini, senza pipa, ed elogiato per non avere mai pronunciato “le parole sacre di Parlamento e Governo”.

 

Preceduto da questi segnali, Scalfari ha trovato Mattarella “eccellente nella sostanza e nella forma”. Sostanza e forma di una democrazia che anche il fondatore di Repubblica vede invece minacciate dall’uso personale e plebiscitario che Renzi vuol fare del referendum – peraltro senza quorum di partecipazione, ha scoperto pure lui – sulla riforma istituzionale. Per cui l’Italia sarebbe destinata a “oscillare soltanto tra la tirannide e l’anarchia”. Tirannide se Renzi vincesse, anarchia se perdesse.

Giuseppe Caldarola, Peppino per gli amici, già direttore dell’Unità e parlamentare della sinistra post-comunista, ha avvertito, col naso affinato da tanta esperienza professionale e politica, un’aria persino di “dispetti” fra Quirinale e Palazzo Chigi, o viceversa.

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A destra, il segretario leghista Matteo Salvini si è potuto riconoscere nel passaggio del discorso del presidente della Repubblica sugli obblighi, e non solo sui diritti degli immigrati, e sul dovere di allontanarli dall’Italia all’occorrenza.

Giorgia Meloni, la biondissima e spesso feroce sorella dei Fratelli d’Italia, irriducibile nel contrasto al governo e a chi lo guida, ha trovato “l’opposto di Renzi” quel Mattarella entrato in punta di piedi per venti minuti nelle case degli italiani la sera di San Silvestro, non mandando loro di traverso la cena.

Diversamente dal solito, incontentabile Renato Brunetta, il capogruppo di Forza Italia al Senato Paolo Romani e il collega di partito Maurizio Gasparri hanno apprezzato il messaggio del capo dello Stato proprio per la diversità dallo stile di Renzi, e della sua rappresentazione troppo ottimistica della situazione economica, finanziaria e sociale del Paese. E così essi hanno anche messo una pezza alla decisione di Silvio Berlusconi di disertare, come Salvini, per quanto invitati entrambi, l’incontro di fine anno del presidente della Repubblica con le autorità dello Stato, o “rappresentanti delle istituzioni”, come ha preferito chiamarli Mattarella al Quirinale prima di Natale, e ribadire nel messaggio televisivo di fine anno accennando al discorso da lui pronunciato proprio in quell’occasione.

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