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Ecco perché Mario Greco ha mollato le Assicurazioni Generali

L’avventura di Mario Greco alle Assicurazioni Generali si chiude in corso di mandato, prima del tempo. E per questo motivo resta in qualche modo incompleta. La notizia dell’uscita dell’amministratore delegato di origini napoletane, approdato alla compagnia triestina nell’estate del 2012 per sostituire Giovanni Perissinotto, è giunta il 26 gennaio del 2016 nel pomeriggio. Greco, è stato annunciato, lascia il gruppo del Leone per assumere dal primo maggio il vertice della svizzera Zurich, dove in passato ha già lavorato. La notizia non è giunta troppo inattesa: dalla fine del 2015, in ambienti finanziari, circolavano con insistenza indiscrezioni di una possibile uscita del manager che però erano state sempre smentite dalla società (sia pure non attraverso comunicati formali).

I PROSSIMI PASSI A TRIESTE

Ora che succederà alle Generali? Come evidenzia l’agenzia Ansa, “lo statuto della compagnia prevede in caso di dimissioni un interim al presidente, e nei giorni scorsi alcune fonti avevano ipotizzato appunto una guida a tempo di Galateri (Gabriele Galateri, presidente delle Generali, ndr), con un ampliamento delle deleghe del direttore finanziario Alberto Minali“. In ogni caso, va segnalato che Greco ha manifestato la disponibilità a continuare “nella pienezza delle sue funzioni e nell’interesse delle Generali”, fino al termine del suo mandato, nel mese di aprile.

L’ANDAMENTO DEL TITOLO E I CONTI

Molto spesso, i fautori dell’era Greco alle Generali hanno indicato l’andamento del titolo nel suo periodo di “regno” a Trieste come prova intangibile del suo buon operato. Scrive l’Ansa: “Durante la sua guida, Generali ha guadagnato il 40% in Borsa: valeva 10,2 euro a inizio agosto 2012 e con la sbandata del 26 gennaio sull’atteso addio del manager ha chiuso a 14,15 euro (-3,1%)”. Ma nello stesso periodo, ossia dall’agosto del 2012 a oggi, l’indice di riferimento di Borsa Ftse Mib è salito del 37%, praticamente dello stesso ammontare. Questo vuol dire che almeno parte del balzo delle Generali può essere spiegato dall’andamento di Piazza Affari; non soltanto dalla gestione Greco. Inoltre, non va dimenticato che nell’estate del 2012 il numero uno della Bce, Mario Draghi, pronunciò le parole magiche “Whatever it takes…”, intendendo che avrebbe fatto tutto il necessario per evitare una crisi, contribuendo al rialzo dei mercati azionari e al rientro degli allarmi sullo spread tra Italia e Germania. E le Generali, anche per l’elevato livello di titoli di Stato in portafoglio, sono sempre state considerate un’approssimazione dell’andamento dell’Italia. Ecco come il Sole 24 Ore sintetizza la situazione delle Generali dopo la gestione di Greco: “Non solo profitti. In questi 4 anni Generali ha rafforzato il patrimonio e ratio di solvibilità, cambiato il perimetro di gruppo – con circa 4 miliardi di dismissioni e l’acquisizione del 100% della joint venture Generali Ppf – ma soprattuto ha rivisto la governance della compagnia”. Inoltre, secondo Alberto Grassani del Sole, “ha ripulito i bilanci del passato e completato il piano di acquisizioni di quote di minoranza – in Asia, Germania ed Est Europa – uscendo da business no core come Bsi in cui si concentravano rischi e culture gestionali non compatibili con le Generali”

LE TENSIONI CON GLI AZIONISTI

Ecco perché gli azionisti delle Generali, che quando avevano cacciato Perissinotto avevano addotto tra le motivazioni l’andamento poco soddisfacente del titolo in Borsa, in realtà poi non sono stati così entusiasti dell’era Greco. E spesso le tensioni con i soci sono state palpabili. Per esempio, quando Greco si è scagliato sui precedenti manager delle Generali, cioè Perissinotto e il suo ex braccio destro Raffaele Agrusti, verso i quali ha promosso delle cause in tribunale che non hanno avuto alcun successo.

Va ricordato che Mediobanca figura come prima azionista delle Generali con il 13,3%, poi ci sono la famiglia di Leonardo Del Vecchio (3,18%), il gruppo Caltagirone (2,23%), la People Bank of China (2,16%) e il gruppo De Agostini (1,716%). Su Repubblica, il 27 gennaio, Giovanni Pons parla di una lettera inviata da Greco al consiglio di amministrazione da cui emergono chiaramente i contrasti con alcuni soci. Nella missiva si legge: “Non c’era una visione condivisa del mio ruolo in azienda, dovuta a contrasti con alcuni azionisti. Ringrazio Caltagirone e Del Vecchio che mi hanno scelto per primi e mi hanno sempre sostenuto“. Secondo Pons, “avendo ringraziato solo due azionisti importanti su quattro se ne deduce che con gli altri due, cioè Mediobanca e De Agostini, la sintonia aveva lasciato il posto alle frizioni, poi rivelatesi determinanti per l’esito finale della vicenda”. E ancora, prosegue il giornalista di Repubblica, “a sentire l’entourage di Greco il punto centrale è la fiducia: il manager non si sentiva più ben accetto in quella posizione, aveva la sensazione che Lorenzo Pellicioli e Alberto Nagel avrebbero preferito qualcun altro al posto suo”. Peraltro, non va dimenticato che fu Pellicioli a insistere perché Greco approdasse a Trieste nel 2012, dopo la tumultuosa uscita di Perissinotto.
LE TENSIONI BANCO-ASSICURATIVE
C’è pure chi sostiene che tra i due fronti ci fossero divergenze di fondo: da un lato il top manager (spalleggiato da Del Vecchio e Caltagirone) che puntava a un’acquisizione di peso per rendere sempre più di peso e internazionale il gruppo con base a Trieste; dall’altro alcuni soci (in particolare Mediobanca e Bollorè) che condividevano l’idea (che comportava un potenziale esborso anche sotto forma di aumento di capitale, se necessario) preferendo magari un’acquisizione in campo bancario, avversata invece dall’ad. E’ questa ad esempio la ricostruzione accreditata dal sito Dagospia. Ma a molti osservatori appare strano, e inverosimile, che Nagel spingesse Generali ad acquisizioni bancarie.

IL NUOVO STIPENDIO

Secondo quanto scrive Marcello Zacchè in un commento sul Giornale, “non risulta nessuna mossa di Mediobanca, primo socio del Leone, per mandare via Greco. Anzi: in Piazzetta Cuccia lodano il suo lavoro di risanamento. E l’ad, Alberto Nagel, ha ripetuto a tutti quelli che glielo chiedevano che non aveva mai pensato di licenziare Greco. Il 56enne manager napoletano se ne va dunque sulle sue gambe. E lascia il lavoro a metà, pochi mesi dopo la presentazione di un piano triennale. Greco andrà a Zurigo, dove riceverà uno stipendio molto più alto (quando quello delle Generali era già di 4 milioni l’anno). Però ci pare che, per un top manager italiano, lasciare la più grande società finanziaria nazionale in un momento così delicato per il Paese, per andare in Svizzera a guadagnare di più pagando meno tasse, suoni stonato”. L’offerta economica del gruppo elvetico – si vocifera di oltre 8 milioni l’anno – non era superabile dal colosso triestino, si dice in ambienti finanziari.

E’ probabile che la verità stia nel mezzo, cioè tra chi motiva l’uscita con le tensioni con gli azionisti e chi invece semplicemente sottolinea che Greco ha optato per l’offerta economicamente migliore: è possibile che il manager da tempo stesse cercando un’alternativa e, una volta apertasi l’opportunità Zurich, abbia fin da subito scelto di coglierla al volo.

Scrive infatti il Sole 24 Ore: “I retroscena che si raccolgono nell’entourage dei due fronti sulle tappe che hanno portato l’ad del Leone a optare per un’alternativa internazionale divergono sulle interpretazioni”. C’è chi ricorda alcune “incomprensioni”, scrive Antonella Olivieri del Sole 24 Ore, innescate da una iniziativa dello scorso maggio di Pellicioli, che avrebbe assicurato a Greco il rinnovo per un altro mandato, non oltre i tre anni previsti dalla legge. L’offerta comprendeva anche l’impegno da parte del ceo di lavorare prima della scadenza del mandato a preparare la sua successione. “Condizione in linea con la prassi di corporate governance ma che potrebbe essere stata interpretata come un dimissionamento a termine”, scrive il Sole. Inoltre, l’offerta di trasferirsi a Telecom che più recentemente risulta gli sia stata fatta da Vincent Bollorè, in proprio come secondo azionista di Mediobanca e attraverso Vivendi come primo socio del gruppo telefonico, “avrebbe contribuito ad aumentare le incomprensioni”.


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