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Eni, ecco come il terminal di Mellitah in Libia è stato attaccato

Un gruppo di ignoti uomini armati ha attaccato il Mellitah Oil and Gas Complex nell’ovest della Libia, terminal energetico che l’italiana Eni condivide con la società nazionale del petrolio (Noc): una fonte che ha scelto l’anonimato, ha raccontato che intorno alle tre della notte tra lunedì e martedì, c’è stata una sparatoria nei pressi del principale cancello d’ingresso del compound. Alcuni colpi sembra siano stati sparati da una mitragliatrice montata su un pick up.

La calma, secondo la fonte, sarebbe tornata abbastanza velocemente, grazie all’intervento delle guardie del complesso e all’arrivo di uomini di rinforzo alla sicurezza dell’impianto, che sembrerebbero giunti da Sabratha (pochi chilometri a est) con il compito innanzitutto di mettere in salvo il personale straniero dell’impianto.

Probabilmente, ma siamo nel campo delle speculazioni, si tratta di italiani, sia nel caso dei tecnici che nel caso dei soldati: la ditta italiana di idrocarburi considera Mellitah l’hub libico, ed è noto che militari delle forze speciali sono stati inviati da Roma proprio nella zona di Sabratha, prossima al complesso di Mellitah e vicina a quelli che l’Italia ha reputato essere elementi di interesse nazionale. Il compito di queste unità di corpi scelti presenti in Libia, è proprio quello di fornire sicurezza ai lavoratori italiani e rappresentare un intervento rapido in caso di emergenza. Le stesse erano presenti all’aeroporto di Misurata durante la procedura di imbarco di 15 feriti libici su un velivolo dell’esercito italiano: uomini colpiti durante l’attentato di giovedì passato a Zliten (una caserma colpita da un camion-bomba), che l’italia si è offerta di curare a Roma.

Non è chiaro chi fossero gli assalitori di Mellitah: sembra che quattro giorni fa lo Stato islamico avesse già diffuso l’annuncio di un attacco al terminal, ma per il momento non sono note informazioni ulteriori. Nell’area è nota la presenza dei baghdadisti, ma la zona è anche infestata da milizie combattenti locali e dalla criminalità; quella che, per esempio, nel luglio scorso ha rapito quattro tecnici italiani della ditta Bonatti nelle vicinanze.

Mellitah è una delle poche strutture petrolifere rimaste attive anche durante la guerra civile tra Tripoli e Tobruk: proprio martedì il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo sugli intenti della Noc di ricominciare ad utilizzare i porti orientali per caricare il petrolio da esportare. Quelle orientali sono le aree attaccate dallo Stato islamico nei giorni passati, nell’ambito dell’offensiva intitolata al defunto leader locale, Abu Mugharia al-Qahtani. Se l’attacco a Mellitah dovesse essere opera dell’Isis, circostanza al momento non confermabile (si ripete), significherebbe che i baghdadisti hanno spostato anche ad ovest gli obiettivi dell’operazione “al Qahtani”, e dimostrerebbe grande capacità di coordinamento lungo l’intero asse costiero libico: la roccaforte libica dell’IS, Sirte, dista oltre 500 chilometri da Mellitah.

IN ITALIA VERTICE DI GOVERNO 

Una nota della presidenza del Consiglio dei ministri diffusa nel pomeriggio di martedì, dice che si è tenuta stamattina una riunione «sul tema della Libia» alla presenza dei ministri di Interno, Esteri e Difesa e del sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi segreti Marco Minniti. Presenti anche il direttore del Dis (Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza), il capo di stato maggiore della Difesa e il capo della Polizia, «per un giro di orizzonte sui temi della sicurezza e della situazione libica». Nella nota non si fa menzione dei fatti che sarebbero avvenuti nella notte a Mellitah.

VOLI FRANCESI

Alcuni utenti di Fligthradar24 (il sito internet più attendibile in materia di aviazione internazionale, che sfrutta i segnali i migliaia di ripetitori sparsi per il mondo) hanno segnalato nella giornata di martedì la presenza di un velivolo interessante sui cieli libici. Si tratta di un Boeing C-135 Stratotanker individuato anche grazie alla sigla internazionale FAF 470, che indica proprio questo genere di aerei-cisterna, che normalmente sono utilizzati per il rifornimento in volo di caccia da combattimento. Il C135 decolla nelle prime ore della mattina di martedì dalla base militare francese di Irles, a sud della cittadina provenzale di Arles: è dunque un velivolo militare della Francia. “Che cosa sta facendo quella cisterna dei cieli in volo tra Sicilia e costa libica?” è la domanda degli esperti. La rotta tracciata, indica che il velivolo ha attraversato i cieli italiani, quindi deve aver avuto il via libera anche da Roma. Arrivato al largo della Libia, compie otto rotazioni in costante rallentamento della velocità: una manovra tipica che lo Stratotanker esegue nelle fasi di rifornimento dei jet. E dunque, c’erano caccia francesi sulla Libia? Tre giorni fa, un convoglio dello Stato islamico è stato colpito tra Sirte e Bin Jawad, la città al confine con l’area petrolifera, entrata per ultima sotto il controllo del Califfato. In molti tra gli osservatori hanno pensato che il raid potesse essere stato portato a termine dai francesi, poi, dopo qualche ora, l’aviazione di Misurata ha diffuso un comunicato su Facebook, molto ambiguo, in cui sosteneva di aver compiuto un airstrike contro l’Isis per vendicarsi delle vittime alla caserma di Zliten.

Parigi smentisce di aver compiuto attacchi aerei in Libia: è possibile che quell’aerocisterna si trovasse lì per rifornire i caccia che stanno compiendo sorvoli e mappature delle aree costiere libiche; attività questa, invece annunciata dai francesi (e anche da americani e inglesi, più o meno direttamente) in vista di un possibile intervento armato contro lo Stato islamico nelle prossime settimane, una volta concluse le complicate pratiche per la creazione del governo di concordia nazionale in Libia.

 


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