L’ennesimo ko del petrolio, che ieri è sceso sotto 30 dollari al barile, ha condizionato le borse europee, che hanno chiuso in positivo, ma hanno sensibilmente ridotto i guadagni rispetto ai massimi di giornata. Il greggio ha virato decisamente al ribasso dopo l’apertura di Wall Street, con il Wti scivolato fino a 29,96 dollari, per poi riportarsi a quota 30,47 dollari (-2,99%) e il Brent a ridosso di 30 dollari (-2,89%), i minimi degli ultimi 12 anni.
I NUMERI
A Londra l’indice Ftse 100 ha concluso la seduta in crescita dello 0,98% a 5.929 punti, ma meglio è andata per il Dax di Francoforte (+1,63%), per il Cac 40 di Parigi (+1,53%) e per il Ftse Mib che a Piazza Affari è salito dell’1,08%, fino a quota a 19.970. Il rafforzamento del dollaro e l’eccesso di offerta di oro nero, destinata a crescere con l’avvio delle esportazioni da parte dell’Iran, previsto da alcuni già a febbraio, unito alle crescenti preoccupazioni sul rallentamento economico della Cina, hanno dunque limitato il rimbalzo dei listini azionari, penalizzati dai cali dei titoli dell’energia, oltre che dai bancari.
OPEC DISCUTE
La flessione del greggio ha richiamato l’attenzione dell’Opec. Sul tema ieri si sono espressi il ministro del petrolio della Nigeria, Emmanuel Ibe Kachikwu, e quello degli Emirati Arabi Uniti, Suhail Mohamed Al Mazrouei. In particolare il primo ha messo in guardia sul fatto che «se le quotazioni del greggio continueranno a scendere, alcuni Paesi potrebbero chiedere una riunione di emergenza dell’Opec già nel primo trimestre». Il ministro del petrolio degli Emirati Arabi Uniti ha al contrario affermato che la strategia adottata dal cartello sta funzionando e che, sebbene non si aspetti un significativo aumento dei prezzi, «non c’è bisogno di mosse artificiose».
COSA PENSA IL FMI
La tesi al ribasso è stata rafforzata da Christine Lagarde, la direttrice del Fondo monetario internazionale (Fmi), che intervenendo a un simposio a Parigi, ha dichiarato che i fondamentali di domanda e offerta «suggeriscono che i prezzi di petrolio e gas resteranno bassi per un periodo prolungato». Le quotazioni del greggio hanno perso circa i due terzi del livello cui si attestavano all’ultimo picco, che «risale ad appena 18 mesi fa».
I REPORT DELLE BANCHE D’AFFARI
Lo scenario negativo è condiviso dagli analisti di molte investment bank, che si stanno allineando alla proiezione («improbabile ma non impossibile») formulata all’inizio di dicembre da Goldman Sachs, che aveva indicato un target di breve termine a quota 20 dollari al barile. Per esempio gli esperti di Morgan Stanley, in una prospettiva di ulteriore apprezzamento del dollaro, vedono l’oro nero in un range compreso fra i 20 e 25 dollari. Più ottimisti gli specialisti di Barclays, stimano il Brent a 30 dollari nel primo trimestre 2016, in graduale recupero in quelli successivi, fino a 36 dollari nel secondo, 40 dollari nel terzo e 43 dollari nell’ultimo. Per il Wti le indicazioni sono nello stesso periodo, rispettivamente di 30, 36, 40 e 43 dollari. Sull’intero 2016 la quotazione del greggio è in media 37 dollari, sia per il Brent che per il Wit, contro valori del 2015 di 54 e 49 dollari.
EFFETTI SULLE COMPAGNIE
Fra le compagnie petrolifere, la brasiliana Petrobras ha tagliato le previsioni sui prezzi del greggio. In particolare ha corretto la stima media per il 2016 del Brent da 55 dollari al barile a 45 dollari. Il taglio è conseguente a una nuova stima del cambio del real brasiliano contro il dollaro, che fa parte di una più ampia revisione del business plan nel periodo 2015-2019, che ha incluso una riduzione del 24% delle spese in conto capitale.
LE PENE RUSSE
Il crollo dell’oro nero è destinato ad amplificare i problemi della Russia, come già dimostrato dall’andamento del rublo nelle ultime settimane. A Mosca il bilancio per il 2016 era stato elaborato sulla base di un barile a 50 dollari e, secondo il giornale economico russo Vedomosti, l’esecutivo si prepara a un taglio del 10% della spesa pubblica per far fronte al calo delle entrate petrolifere. Nel frattempo Sberbank, la maggiore banca statale russa, nella sua pianificazione per il 2016 prevede stress test in uno scenario di 25 dollari. Lo ha reso noto alla stampa il numero uno dell’istituto German Gref: «Si trattava di uno scenario pessimista, ma all’inizio dell’anno è diventato realistico». Gref ha confermato la revisione dei business plan già fissati. «Naturalmente abbiamo iniziato a testare i 25 dollari» ha detto il banchiere, sottolineando che per Sberbank l’attuale svalutazione del rublo per ora non è grave.
(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano MF/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)