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Napolitano rimbrotta un po’ Renzi su Merkel e referendum

Anche il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto festeggiare la Befana, a suo modo naturalmente. Lasciandoci una calza di moniti e consigli con una intervista all’affidabile quirinalista del Corriere della Sera, Marzio Breda, che lo ha seguito con apprezzato scrupolo nei nove anni – 7 ordinari più 2 di quasi proroga – trascorsi sul colle più alto di Roma, dal 2006 al 2015, sapendo coglierne spesso non solo le parole, ma anche gli umori, persino i sospiri.

Diversamente dal presidente in carica, e dal suo messaggio televisivo di fine anno, “Re Giorgio” ha voluto dire la sua sul referendum istituzionale d’autunno, al quale il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nella conferenza stampa televisiva di fine anno, pure lui, ha annunciato di legare il destino della propria esperienza politica, compresa – si deve presumere – quella di governo.

Ebbene, Giorgio Napolitano non ha gradito. Ha dato a Renzi un po’ di carbone sostenendo che quella prova referendaria va affrontata da tutti, quindi anche da lui, attenendosi al “merito” della riforma arrivata ora ai suoi ultimi passaggi parlamentari. Una riforma ch’egli ha confermato di condividere, definendola “ineludibile”, ma senza per questo volere accettare quello “scontro politico personalizzato” cercato chiaramente da Renzi. Ed anche dai suoi avversari più sprovveduti, disposti a pagare qualsiasi prezzo per vedere il presidente del Consiglio sconfitto, e perciò costretto ad aprire una crisi di governo da capogiro per chi al Quirinale dovrà gestirla. Ma anche per chi dovrà subirne gli effetti nel Paese ad ogni livello: politico, economico, finanziario e sociale.

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Non è piaciuto a “Re Giorgio” neppure lo stile con il quale il presidente del Consiglio ha affrontato negli ultimi tempi il tema delle relazioni con la cancelliera tedesca Angela Merkel, al di là dello “splendido rapporto personale” che vanta pubblicamente di avere con lei, e più in generale con l’Unione Europea. Dove si ha spesso l’impressione che l’Italia, nonostante il percorso delle riforme in cui è impegnata, continui ad essere vista con sospetto, diffidenza, cautela, come se fossimo – ha osservato il quirinalista – dei “sorvegliati speciali”. Per cui Renzi potrebbe sembrare dalla parte della ragione a moltissimi italiani, anche a quelli che magari non vogliono votarlo, quando dice di non voler andare a Bruxelles e altrove “con il cappello in mano”.

Ecco, questa immagine del “cappello in mano” ha infastidito Napolitano, che le ha contrapposto la lunga “autorevole, dignitosa, e senza il cappello in mano”, appunto, esperienza vissuta dal diplomatico Nelli Feroci come rappresentante italiano presso l’Unione Europea, prima di cessare dal servizio e di diventare presidente dell’Istituto Affari Internazionali.

Nelli Feroci avrà probabilmente già ringraziato il presidente emerito. Non so, francamente, Renzi. Che starà già twittando per puntualizzare umori e malumori con i soliti cancelletti.

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Visto che si trovava, sempre in missione epifanica, Napolitano ha voluto tirare un po’ le orecchie anche a quanti al di là e al qua dell’Atlantico si lasciano tentare dalla nostalgia dei rapporti necessariamente o prevalentemente conflittuali fra gli Stati Uniti e la Russia, anche ora che questa non è più sovietica ed ha parecchi interessi convergenti con la stessa America, per esempio nell’azione di contrasto allo Stato Islamico, o come altro preferiscono chiamarlo i diplomatici, anche a costo di farlo scambiare dagli sprovveduti per la sottomarca di qualche detersivo. Ma questo, naturalmente, “Re Giorgio” non lo ha detto. Non sarebbe stato e non sarebbe nel suo stile.

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Niente carbone, infine, nella calza di Napolitano per l’indaffaratissimo ministro dell’Interno Angelino Alfano, incoraggiato a resistere alla tentazione, cui invece hanno ceduto e cedono altri in Europa, di chiudere le frontiere o addirittura di rialzare muri di fronte alle dimensioni e alla qualità dell’immigrazione.

Ma Alfano e il suo partito hanno anche altre gatte da pelare in questi giorni, dovendo salvare ruolo, faccia e anche altro dall’accelerazione voluta, o condivisa, da Renzi sulla disciplina delle cosiddette unioni civili. Gatte da pelare le quali Alfano non può puntare sull’aiuto del presidente emerito, che forse condivide l’accelerazione.



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