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Perché la visita di Papa Francesco in Sinagoga è diversa da quelle dei predecessori

Domenica 17 gennaio, alle 16, Papa Francesco entrerà nella Sinagoga di Roma, sul Lungotevere. Sarà il terzo Pontefice a farlo, dopo Giovanni Paolo II nel 1986 e Benedetto XVI nel 2010. Tuttavia, sarà una visita diversa, meno istituzionale, come aveva confermato all’inizio dell’anno il rabbino capo della Comunità di Roma, Riccardo Di Segni: “Capiamo bene la richiesta di ritagliare l’evento sulla sua personalità. Bergoglio vorrà salutare direttamente il numero più alto di persone. E molti ebrei avranno piacere di stringergli la mano, sarà un’ulteriore tappa nella Storia”.

LA DIFFERENZA RISPETTO ALLE VISITE PRECEDENTI

Sempre Di Segni chiariva in che modo la visita di Francesco si differenzia rispetto a quelle dei suoi predecessori: quella di Wojtyla, trent’anni fa, “fu la rivoluzione, lo spartiacque. La seconda è stata fatta da un papa, Ratzinger, che aveva un particolare rapporto con l’ebraismo e che ha voluto sottolineare la continuità. Il suo stile era dottrinale, teologico, sapienziale, anche formale. Adesso credo che gli elementi principali siano la continuità, il particolare momento storico, ma anche il rapporto diverso, pastorale, che Francesco ha con il pubblico”.

“NON E’ UN ATTO DOVUTO E CORTESE”

Dalle colonne del Corriere della Sera, lo storico Andrea Riccardi ha osservato che “Papa Francesco non fa questa visita come un atto dovuto e cortese. Viene da Buenos Aires, dove ha una consuetudine familiare con gli ebrei, specie con il rabbino Abraham Skorka”. “Vivere insieme tra ebrei e cristiani deve diventare sempre più un fatto di popolo: è l’amicizia che Bergoglio (il Papa della Chiesa di popolo) va a rinnovare nel tempio”, ha scritto ancora Riccardi: “La visita di Francesco mostra come l’incontro a Roma tra ebrei e cattolici sia ormai un passaggio decisivo. Con Papa Bergoglio, tutto questo acquista il pathos di un’amicizia imprescindibile e diretta”.

IL CARDINALE BERGOGLIO E GLI EBREI DI BUENOS AIRES

Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio citava il rabbino Abraham Skorka, autore anche di un libro di conversazioni tenute con l’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. E proprio Skorka è stato intervistato da Andrea Tornielli per Vatican Insider alla vigilia della visita del Pontefice nel Tempio ebraico. “Francesco – ha detto Skorka – ha continuato da una parte il percorso del dialogo ebraico-cattolico iniziato da Giovanni XXIII e approfondito significativamente da Giovanni Paolo II. Ma, dall’altra, ha fornito la propria impronta allo sviluppo di questo dialogo”.

L’APPELLO AD APPROFONDIRE IL DIALOGO

In particolare, “il contributo di Francesco è l’appello ad approfondire il dialogo tramite l’approfondimento esegetico e teologico, e allo stesso tempo rafforzare gli sforzi per il lavoro comune a beneficio di un mondo più giusto ed equo. Ci siamo trovati all’inizio di un percorso in questo senso, che richiede molta riflessione e molto approfondimento nell’ambito intellettuale e spirituale, e anche un compromesso di fronte ai grandi drammi che colpiscono l’umanità nel presente”.

DUE REALTA’ “ASIMMETRICHE”

Guido Vitale, direttore di Pagine Ebraiche, ha sottolineato come “la terza visita di un Pontefice alla sinagoga di Roma rappresenta certo qualcosa di molto diverso e di assai più significativo del caloroso rinnovo di una bella consuetudine. Molti segnali lasciano intendere che il ripetersi di questo evento non comporti il rischio di sbiadire nella ripetizione formale, ma al contrario segni il tempo di un lungo e difficile percorso che continua a compiersi sulla strada del dialogo”. Il dialogo, ha aggiunto Vitale, “si è svolto necessariamente fra realtà asimmetriche. E non solo per la ridotta dimensione numerica della popolazione ebraica nel mondo. La maggiore differenza fra gli interlocutori è che il mondo ebraico ha la vocazione di rappresentare una possibilità alternativa di leggere la vita e il mondo. Non un’idea contrapposta, quanto piuttosto un linguaggio, una metodologia del pensiero, un punto di osservazione del tutto differente”.

I PROBLEMI CON LO STATO D’ISRAELE

Se con la Comunità ebraica di Roma i rapporti sono cordiali, qualche problema in più riguarda le relazioni con lo Stato d’Israele, soprattutto dopo la firma e l’entrata in vigore degli Accordi con lo Stato di Palestina, riconosciuto dalla Santa Sede. Più volte il governo di Gerusalemme aveva biasimato le trattative (durate anni) tra il Vaticano e l’Anp, fino alla “delusione” espressa pubblicamente la scorsa estate.


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