Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Pierluigi Magnaschi uscito sul quotidiano Italia Oggi
Il test elettorale amministrativo della prossima primavera a Milano assume un significato importantissimo a livello nazionale perché riguarda non solo la città economicamente e tecnologicamente più importante d’Italia ma anche perché, questa città, nella storia del secolo passato, ha sempre anticipato, nel bene o nel male, gli snodi storici che poi hanno investito l’intero Paese. Anche se di questi trend i grandi media nazionali, intenti a descrivere anche gli starnuti che avvengono nell’area dei due chilometri quadrati centrali di Roma, non se ne sono mai accorti.
A Milano infatti sono nati il futurismo, l’interventismo nella prima guerra mondiale, il fascismo, la resistenza, il miracolo economico, il design, il centrosinistra, il terrorismo, il leghismo e così via. Milano è un laboratorio di novità. Milano è una città che non ha bisogno della politica per decollare ma teme la politica (una certa politica) che potrebbe imbrigliarla, soffocarla com’è successo in passato. Teme la politica della crescita zero, che odia lo sviluppo (anche se poi finge di dolersi della disoccupazione).
Un esempio di questa politica viene dalla bocciatura del mega piano per l’acquisizione degli scali ferroviari, frutto di quattro anni di dibattiti e di trattative, e che, pur essendo stato approvato dalla giunta Pisapia, con la firma anche del sindaco, è stato poi bocciato dalla maggioranza che non ha potuto contare sul voto di Giuliano Pisapia e della sua candidata alle primarie, Francesca Balzani, che si sono eclissati pochi minuti prima di questa importantissima votazione.
Questa decisione potrebbe essere un campanello d’allarme per le scelte della prossima amministrazione. Pisapia, infatti, anziché svolgere il ruolo super partes, ha candidato a futuro sindaco Francesca Balzani e si è messo a farle una forsennata campagna elettorale a qualsiasi livello. Balzani è un buon assessore al bilancio, con un rilevante passato di fiscalista internazionale e di relatore al bilancio del Parlamento europeo. Una tecnica, quindi, e non un politico, come ama descriversi. È infatti abituata a compulsare i bilanci più che a raccogliere consensi nell’opinione pubblica e a pilotare irrequieti assessori e consiglieri verso gli obiettivi da lei scelti come prioritari. Ecco perché nel raccogliere le firme per la sua candidatura alle primarie meneghine, è subito caduta nella trappola mediatica che le ha teso l’architetto Stefano Boeri che non solo l’ha accolta a braccia aperte in un gazebo ma si è anche fatto fotografare mentre abbraccia entusiasticamente la candidata proposta da Pisapia.
Queste foto (ampiamente diffuse dalla stampa e fatte arrivare nelle redazioni da chi?) sono state lette da tutti come una incauta e sprovveduta resa al nemico da parte della Balzani. Esse inoltre hanno fatto saltare sulla sedia il sindaco Pisapia che, com’è noto, a Milano, ha un solo avversario dichiarato, Stefano Boeri. Contro di lui infatti Pisapia si battè durante le precedenti primarie, nelle quali sconfisse sonoramente Boeri che si presentava sotto le insegne del Pd. Pisapia poi cercò di cucire la ferita, imbarcando Boeri come assessore nella sua giunta ma, di fronte alle continue ed esagitate richieste dell’architetto (che cercava di imporre persino il diritto di vedersi assicurare la guida dell’Expo), Pisapia fu costretto a licenziarlo in malo modo.
Contro questa resa al nemico (e, quindi, inevitabilmente anche se esplicitamente a sostegno di Giuseppe Sala) si sono espressi, non uno, ma ben sette assessori della giunta Pisapia, con grande disappunto del sindaco che non pensava di essere spiazzato in questo modo. Uno degli assessori anti-Balzani (e filo Sala) è Franco D’Alfonso, Pd, potentissimo assessore al commercio e alle attività produttive. È lui che ha perfettamente descritto, in un’intervista al Corriere della Sera, come Boeri viene visto, non solo dai pd renziani ma anche da gran parte degli altri pd milanesi.
«Boeri», ha detto D’Alfonso, «fa parte di una sinistra che distribuisce patenti di bravura, autonominandosi migliore degli altri». Boeri infatti è l’esponente della sinistra radical chic milanese, quella che conosce più i centri sociali che le fabbriche. La sinistra dei piani alti, che vive nelle zone esclusive del centro, che ha l’erre moscia e il dito permanentemente puntato sugli altri e che, spesso, è anche altezzosamente masochista.
Cioè, precisa D’Alfonso, «una sinistra che è teorica della «sconfitta in sconfitta» per arrivare alla vittoria». Questa sinistra infatti, aggiunge sempre D’Alfonso, «prima deve sconfiggere i nemici interni. Solo poi, per essa, la vittoria arriverà». A questo punto, D’Alfonso mette sul tavolo il suo carico decisivo dicendo che la «sinistra di Boeri è molto più centrata sull’io che sul noi». Cioè, per concludere, non è una vera sinistra ma un gruppo di potere autonominatosi elitario e perciò anche che viene sonoramente battuta in ogni competizione elettorale, visto che l’elettore non apprezza chi lo disprezza.